6- Bad day

352 21 6
                                    

Il giorno dopo mi svegliai e Andrew non era più nel letto insieme a me. Un senso di vuoto mi invase il corpo e, anche se ero abituata a quella sensazione, quella mattina era insopportabile.

Non rimasi molto tempo a pensarci dato che ero in ritardo assoluto. Da lì dieci minuti sarebbe passato il bus ed io ero ancora in pigiama sul letto. Mi precipitai in bagno a truccarmi. Trucco velocissimo e meno marcato del solito. Mi pettinai velocemente i capelli e corsi in camera. Solito outfit. Maglia dei my chimica romance, felpa nera e blu, skinny jeans strappati sulle cosce e sulle ginocchia e solite converse nere.

Indossai la giacca in pelle e presi lo zaino dal pavimento. Mi catapultai fuori dalla porta per poi correre alla fermata. Quella mattina non ero sola, c'era Alissia, una ragazza della mia età, penso. È bionda con gli occhi scuri, adoro certe contrapposizioni. Mi saluta e io la saluto con la mano. Non sono molto socievole, in particolare la mattina.

Il bus arrivò e presi il mio solito posto in fondo. Alissia generalmente si siede nei posti avanti, ma quella mattina si sedette vicino a me. Appena l'autista partì nuovamente la sentii richiamare la mia attenzione. Tolsi le mie cuffiette e mi girai verso di lei.

"Ehm.. scusa se ti disturbo" Era una ragazza molto timida. Caratteristica in comune tra noi due.
"No no, figurati. Dimmi" Accennai un sorriso, anche se non molto sincero.
"So che forse te l'avranno chiesto in molti ed io non dovrei infierire, ma volevo chiederti cosa era successo al tuo amico, quel Thomas" guardava verso il basso e giocava con le mani.

Nessuno mi aveva ancora chiesto nulla riguardo il mio amico. Lei era la prima.

"Tu cosa sai di lui?" le domandai per scrupolo.
"Girano voci che nel bosco sia stato mangiato da un lupo, oppure che sia caduto ma che poi il corpo non sia più stato ritrovato". Le tremava la voce e mentre parlava si toccava in continuazione i capelli.
"Uhm.. si può dire che queste siano tutte false. Thomas è scomparso nel bosco e non sappiamo più che fine abbia fatto" stavo cercando di non far vedere emozioni.
"Ahn, va bene, grazie." Giocava con le manica della sua giacca.
"Niente figurati." Risposi tranquillamente.
"Ora me ne vado, scusami il disturbo" si stava alzando.
"Beh, se vuoi rimanere qui, resta. Non ci sono problemi." La vidi risedersi accanto a me.

Per quanto mi piacesse la solitudine non potevo mandarla via. Tutto sommato ho un cuore anche io.

Il bus arrivò davanti scuola. Io ed Alissia ci salutammo e andammo verso le nostre corrispettive classi.

La prima ora avevo letteratura e non riuscivo minimamente a stare attenta. La mia felpa aveva lo stesso profumo di Andrew. In quei secondi mi venne in mente quello che successe il giorno prima. Il mio taglio sul polso, la sua mano sulla mia lametta, i suoi baci sui tagli, il suo petto caldo e comodo quella quale ho dormito.

"Signorina Dowson, le dispiacerebbe leggere la strofa successiva?" il professore richiamò la mia attenzione. Mi guardai intorno nella speranza che qualcuno potesse dirmi dove dovevo leggere, ma nessuno lo fece. Mi guardavano ridacchiando.
"Scusi professore, non ero a segno" dissi giocando con le maniche della mia felpa.
"Lasci stare, chiamo qualcun altro e intanto le lascio in richiamo sul registro".
"Ma come professore?" Chiesi spazientita.
"Signorina Dowson, non mi contraddica, sono io l'insegnante" disse il professore aprendo il registro.

Sentivo tutti gli occhi addosso a me, era una sensazione orribile. Se ci fosse Andrew a guardarmi non avrei questa brutta sensazione, mi piace quando mi guarda. Amo i suoi occhi su di me.

Ma a cosa cavolo sto pensando?! Scuoto la testa quando mi rendo conto di quello che i miei pensieri hanno appena formulato. A me non piace Andrew, è solo bello e pieno di mistero, forse troppo.

L'ora di letteratura finalmente finisce e mi dirigo verso l'armadietto per prendere il libro di storia. Arrivo in classe e trovo la solita massa di ragazzi sui banchi e la professoressa che gli sbraita di scendere.

La lezione ha inizio e, insieme, anche la mia noia. Inizio a guardare fuori dalla finestra. Da quell'aula si vedeva l'immenso giardino della mia scuola. Mi ero incantata a fissare un albero, fino a che non vidi un'ombra vicino ad esso con la gamba destra piegata sul tronco e le mani in tasca. Chiusi un istante gli occhi e riguardai in quel punto. Era Andrew. Sentii improvvisamente il cuore perdere un battito ed iniziai a tremare. Mai avevo provato emozioni così forti. Mi incantai a guardarlo, era così bello. Riuscivo a vedere i suoi occhi azzurri sotto il suo ciuffo ribelle.

Lo guardavo probabilmente con un sorriso da ebete stampato in faccia fino a che non lo vidi spostarsi da quella posizione ed iniziare a dirmi qualcosa indicando la parte della professoressa.

Aggrottai le sopracciglia. Non capivo cosa volesse dirmi, fino a che non sentii un grido "Signorina Dowson! Si può sapere cosa le prende oggi? Questa è la terza volta che la chiamo e lei continua a guardare la finestra" la professoressa si porta la mani ai fianchi nervosa.
"S.. scusi professoressa"dico abbassando la testa.
"Niente scuse. Fosse per me le metterei un richiamo, ma vedo che ci ha già pensato il professore di letteratura" fece un piccolo ghigno.
"Ora veda di seguire" mi voltò le spalle tornando alla cattedra. Mi limitai ad annuire.

Per mia gioia arrivò l'ora di pranzo. Presi un panino e me ne andai nel mio solito posto, il retro della scuola. Iniziai a fissare un albero. Uno in particolare. Ho pensato di chiamarlo l'albero di Andrew dato che la prima volta lo vidi esattamente appoggiato ad esso.

Speravo di rivederlo nonostante questo fosse successo anche l'ora precedente. Ma niente, nessuna traccia. Ripensavo alla nottata trascorsa e mi riguardai il braccio. Un solo taglio. Andrew me ne ha risparmiati non so quanti. 

I miei capelli ricadevano sulla mia spalla e venni travolta da un'ondata di profumo, il suo. Aprii di scatto gli occhi pensando fosse lì in piedi o seduto accanto a me, ma niente.

Ormai non mi domando più se sto impazzendo o meno perché tanto la risposta sarebbe affermativa, nonostante le parole di quel biglietto dicessero il contrario. A risvegliarmi da quei pensieri fu la campanella che dava inizio alle lezioni pomeridiane.

Mi avviai svogliata verso l'armadietto e presi il quaderno di matematica. Una volta aperto, al suo interno ci trovai un biglietto con una firma familiare. A. Solo che questa volta c'era anche una B accanto e sotto queste un piccolo cuore.

It isn't just a game  - Andy Biersack -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora