LXXVII. Posso portarti in un posto?

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«alle 9 dobbiamo stare al locale quindi hai quasi due ore per prepararti, ce la fai?» chiede Alex aprendo un pacco di patatine.

«si, io sono una brava ragazza e quindi sarò puntuale» gli dico rubandogli un paio di patatine per poi mangiarle.

«mi sa che queste sono le ultime parole famose» sospira sconsolato e io ridacchio.

Entro in bagno portandomi dietro il telefono, sta al 91% ma devo comunque comprare un caricabatterie e delle cuffiette.

Mi preparo perdendo anche un po' di tempo vicino all'iPhone. La voglia di comporre il numero di mia madre e chiamarla è tanta ma...non posso.

Decido di chiamare un solo numero, quello di Char. È la mia migliore amica e sento che a lei posso dire tutto.

Successivamente finisco di asciugarmi i capelli e spruzzo un po' di profumo per poi ritornare in soggiorno.

«forza andiamo piccola sennò facciamo tardi» dice il biondo poggiando una mano sul mio fianco.

«come se a te interessasse qualcosa di fare tardi» scuoto leggermente la testa e lui si finge offeso.

«stasera non ti proteggerò dai ragazzi che vogliono stuprarti» mi fa il medio allontanandosi da me.

«aw il piccolo si è offeso» gli salto addosso e lui mi fa stare con le gambe avvolto intorno al suo bacino e le braccia intorno al suo collo.

*

Sono le 2 e sto percorrendo il corridoio per raggiungere il camerino. Devo sciacquarmi un po' il viso.

Una volta rinfrescata, mi rifaccio il trucco che si è precedentemente sciolto per poi fare dietro front.

La porta del camerino però si chiude e la figura di James appoggiata con indifferenza al muro mi provoca quasi un infarto.

«vaffanculo stronzo!» lo maledico portandomi una mano al petto.

Il suo sguardo sembra fare una radiografia al mio corpo piuttosto esposto, data la divisa.

Cerco di abbassarmi il top e i pantaloncini di jeans.

«e così fai la cameriera in una discoteca?» mi chiede allontanandosi dal muro.

«non sono cazzi tuoi» rispondo incrociando le braccia al petto.

«posso sapere perché cazzo te ne sai andata improvvisamente?» chiede indurendo la mascella.

«tu hai dimenticato quello che mi hai fatto?» chiedo e sento le lacrime offuscarmi la vista.

Appena mi rendo conto di star per piangere tiro su col naso e chiudo velocemente gli occhi per opprimere le lacrime che contengono.

«senti piccola...ero ubriaco quindi non ricordo bene ma da quel che ricordo...so di aver fatto una cazzata» sospira abbassando lo sguardo verso le sue scarpe.

«una cazzata? Io ti chiedevo di fermarti, ho detto che ti saresti pentito ma tu non te ne sei fottuto proprio!» dico cercando di non alzare troppo la voce.

«lo so piccola ma non ero in me, era l'alcol a controllarmi» dice come se questo potesse giustificare la sua azione.

«vattene» mormoro girandomi di spalle indurendo la mascella.

Innamorata del mio Inferno 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora