2. Chi è il più eccentrico?

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Casa aveva un odore strano, un sapore amaro.
Potevo riconoscerla. Mi ricordavo il suo piccolo giardino un tempo fiorito quando le temperature erano miti e la mia camera accanto a quella di Eyvar. Potevo ricordare il mio ultimo Natale passato in quel luogo quando nostro padre infuriato aveva fatto cadere l'albero rompendone tutte le bocce nel grande salotto o quella volta che aveva rotto la bottiglia di Vodka sulle scale tagliandosi il piede.
Era esattamente come l'avevamo lasciata ma non sembrava più nostra.
"Mio Dio, quanto tempo è passato.."
Eyvar si guardò intorno spaesato andando a toccare i mobili e i pochi oggetti presenti all'interno di quel luogo.
"Ti ricordi quando nonna ti pettinava i capelli seduta su quella sedia?"
Mi chiese indicando la sedia a dondolo nell'angolo.
Sorrisi.
"Non sapevo ci fosse ancora."
Mamma aveva ingaggiato un'agente immobiliare per passare a controllare la casa e cambiare i mobili che erano troppo vecchi e ormai rovinati.
La casa era stata disabitata per quindici anni ma la sorella di mia madre era passata più volte a controllarla e ogni volta che ci aveva segnalato dei lavori di manutenzione, mamma aveva prontamente pagato per sistemare tutto.
"Il divano era questo già allora?"
Chiesi a mio fratello andando a sederci sopra."
Scosse la testa.
"Questo è frutto del lavoro dell'agente Mezde. Non lo ricordo così. Il nostro divano era pieno di macchie di vino. Lo ricordi?"
Schioccai la lingua.
Alcune cose le avevo completamente rimosse.
"Mi ricordo che nonna aveva passato un pomeriggio intero a pulirlo con la candeggina, quindi hai sicuramente ragione."
Nonna era morta qualche anno prima.
Durante la nostra assenza, ci era venuta a trovare più volte in svariate parti del mondo.
Nonna ci amava molto anche se nostra madre credeva non fosse così.
Ce l'aveva con lei perché le aveva permesso di sposare quell'essere che tutti quanti sapevano avrebbe portato solo guai.
D'altronde, ognuno di noi ha il diritto di scegliere per sé stesso e non me la sentivo di giudicarla per non essersi opposta con maggior forza.
Nonno invece era morto molti anni prima, quando noi non eravamo ancora nati.
Eravamo soli in Islanda se non per zia Patty, che però abitava a qualche ora di distanza e non ci era sembrato che morisse dalla voglia di rivederci.
"Ora che facciamo?"
Chiese Eyvar che, come sempre, iniziava ad annoiarsi.
Mio fratello non si fermava mai. Era costantemente in movimento, percepiva noia in continuazione e ogni situazione lo stufava velocemente.
Lo avevo più volte preso in giro a riguardo dicendogli che, tutti quei trasferimenti, in realtà a lui potevano solo fare piacere.
"Indovina?"
Risposi con un sorriso.

iniziammo a pulire e a sistemare. Avevo bisogno più che mai che quelle stanze prendessero un odore famigliare, avevo bisogno di sentire quel luogo mio per potermi finalmente calmare.
"Pensi che abbiamo fatto la scelta giusta?" Chiese mio fratello sistemando la mia coperta gialla sul divano.
"Certo. Cos'altro avremmo potuto fare?"
"Restare a Siviglia." Rispose serio interrompendo il mio lavoro.
"Andrà tutto bene. Lo abbiamo già affrontato migliaia di volte."
"Ma qui abbiamo dei ricordi. Ricordi brutti.."
"Ne costruiremo alcuni belli, lo prometto. Possiamo ricominciare. Ci siamo io e te e sai che significa questo? Che non saremo mai soli."
Sorrise a quelle parole e corse da me per abbracciarmi.
"Guarda che ho trovato prima.."
Disse malizioso estraendo una cornice e passandomela.
Due bambini dagli occhi azzurri e i capelli color miele sorridevano sdentati abbracciandosi.
Trattenni le lacrime a quella visione.
"Siamo sempre stati io e te contro il mondo." Sussurrò Eyvar dandomi un bacio sfiorato tra i capelli.
Poi, corse sù per le scale.
"Io prendo la camera più grande!" Lo sentii urlare e alzai lo sguardo al cielo.
"Fa come ti pare." Risposi stringendo al petto la fotografia.
Un nuovo inizio, dei nuovi ricordi.

Mercoledì

Erano passati già due giorni da quando eravamo arrivati e avevamo ormai finito di sistemare la casa.
Avevo pulito ogni angolo nonostante un'impresa di pulizie avesse già fatto quel lavoro e acceso candele profumate per ore.
Eravamo usciti una volta sola per fare la spesa e mio fratello si era lamentato tutto il tempo per le temperature gelide.
Nonostante i quindici gradi scarsi, gli indigeni del posto osavano indossare minigonne, pantaloncini e magliettine microscopiche ignari di ciò che significasse la parola bronchite.
"A Siviglia c'erano 40 gradi Ina, 40! E io ho fatto un anno di palestra per ottenere questi fantastici addominali per poi doverli nascondere sotto tutta questa stoffa."
Abbassò le spalle sbuffando e asciugandosi la fronte come se stesse sudando sette camice di disperazione.
"Puoi farcela. È dura lo so, ma vedrai, troverai il modo di esibire il tuo petto al mondo. Magari qualche spettacolo.."
"No Ina tu non capisci! Hanno anche chiuso gli strip club! Non posso esibire proprio nulla!"

"Ina?"
mi sentii chiamare e mi voltai sconvolta. Non potevo certo immaginare che qualcuno mi conoscesse in quella città.
Una ragazza sorridente ci fissava a pochi passi da noi e si tuffò nelle mie braccia stringendomi forte e baciandomi le guance.
Rimasi in silenzio per alcuni secondi mentre mio fratello si lanciava in avanti pretendendo la sua giusta dose di attenzione e abbracciando quella ragazza sconosciuta.
"Sono Duna. Abito nella casa di fronte alla vostra."
Studiai la sua pelle candida e il suo sorriso sincero. Aveva dei lunghi capelli biondo platino e un vestito che urlava "Polmonite io non ti temo".
"Duna.. Si io mi ricordo vagamente di te."
Le risposi scettica.
Effettivamente, sapevo di aver avuto una grande amica da piccola con quel nome ma non avevo grandissimi ricordi dei momenti passati insieme.
Fece alcuni salti felice strillando leggermente e facendomi dubitare per la prima volta che mio fratello fosse la persona più eccentrica al mondo.
"Ho una foto di noi due insieme. Avremmo avuto all'incirca cinque anni e avevamo vinto un premio per via della ginnastica artistica. Mia madre mi aveva avvisato che sareste tornati, voci di quartiere. Sono così felice di avere una nuova amica.."
Concluse abbracciandomi di nuovo.
Ovviamente Eyvar fece scivolare le sue lunghe braccia intorno ad entrambe non capendo bene perché al centro dell'attenzione non c'era lui questa volta.
"Vi siete ambientati?"
"Ci proviamo. Sai il freddo, le strade nuove, il cibo diverso.."
"Parlate molto bene in Islandese. La vostra pronuncia è formidabile." Mentì con un grande sorriso. Nostra madre ci sgridava in continuazione per il nostro pessimo accento.
"Verrete all'università anche voi vero? Mia madre mi ha detto qualcosa a riguardo.." Chiese speranzosa.
"Si. Io frequenterò la facoltà di medicina.."
"E io studierò legge." Concluse quell' egocentrico mettendosi in mostra e gonfiando i pettorali.
"Anche io studierò medicina! Dammi il cinque ragazza!" Urlò alzando la mano in alto e assestandomi un gran colpo quando alzai anche la mia.
"E anche Aisha sarà in classe con noi. Te la presenterò lunedì. Ti piacerà!"
"Ne sono sicura Duna. Non vedo l'ora di iniziare."
Le dissi poco convinta.
"Fai bene Ina, sarà divertente vedrai. Finalmente siete a casa."
Ci guardò aprendo la bocca in una finta smorfia stupita e poi ci abbracciò di nuovo salutandoci.
"Magari passo a salutarvi una sera di queste. Altrimenti a lunedì.."
Ci mandò un bacio voltante in lontananza, con tanto di soffio finale per farcelo arrivare.
Osservai il volto sconcertato di mio fratello prima di scoppiare a ridere.
"È colpa del freddo. Fa impazzire le persone, l'ho letto da qualche parte. Un paese che si mangia il grasso di balena putrefatto può generare solo psicopatici. Insomma, guarda noi.."
Si indicò il corpo con una mano attirandomi al suo fianco e baciandomi la testa.
"Ce la faremo. Siamo io e te ricordi?" Scimmiottò la mia voce prendendomi in giro.
"Non avevo ancora conosciuto Duna in quel momento.."
Lo osservai sorridendo e mi scostai i lunghi capelli dal viso. Il vento soffiava leggermente facendomeli finire negli occhi e incollandomeli al rossetto color vino.
"Siamo fottuti sorellina. Questa volta per davvero."

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