22. Dove sei finito?

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Mercoledì

"Non sto bene per nulla. Peggio di ieri. Ho la peste, la pellagra, lo scorbuto... Non lo so. Sto male. Non ce la faccio a venire a scuola oggi."
Piagnucolai per la centesima volta quel mercoledì mattina.
Eyvar si mise le mani sui fianchi e poi andò a prendere un termometro misurandomi la febbre che da due giorni ormai non mi dava tregua.
Me lo infilò sotto ad un'ascella e si sedette di fianco a me, sul letto, con uno sguardo misto tra preoccupazione e paraculaggine stampato in volto.
Lunedì sera mi ero addormentata sulla spalla di Finn e mi ero svegliata ore dopo, sdraiata sul divano da sola con i brividi dovuti dal freddo che volevano dire solo una cosa; mi ero ammalata!
Da quel momento, la febbre mi aveva accompagnata costantemente facendomi dormire e sudare, rabbrividire e vomitare.
Duna era venuta da me il giorno precedente e aveva passato la giornata con me a letto non curante del rischio di ammalarsi a sua volta.
Sua madre aveva avuto una crisi forte e non si alzava dal letto da qualche giorno, per tanto, preferiva ascoltare i miei racconti che stare a casa a guardare la donne soffrire o peggio, andare a scuola per pensare tutto il tempo a sua madre.

"Ina hai 39 di febbre! Santo cielo! Questo è il quinto giorno di fila! Ma che vi siete spogliati su un ghiacciaio?"
"Non abbiamo fatto sesso!" Ripetei per l'ennesima volta ricominciando a tossire.
"Ed è solo il secondo giorno di febbre. Sei drammatico!"
Eyvar sbuffò. Si alzò in piedi di scatto e fece due giri della stanza come se stesse pensando a chissà cosa.
"Ce la farai a stare a casa da sola? Oppure salto anche io e ce ne rimaniamo a letto a guardare film tutto il giorno?"
"No, tranquillo. Penso che dormirò tutto il tempo. Mi sento uno straccio."
"Duna non può passare?"
Scossi la testa.
"Sto bene. Davvero."
Eyvar tornò a sedersi sul mio letto.
"Devo fare una cosa oggi e quindi poi non potrò tornare. Voglio essere sicuro che stai bene."
Sentii l'ansia salirmi nel petto.
"Che devi fare?"
"Progetti."
Trattenni un conato di vomito quando i suoi occhi luccicarono. Conoscevo quei occhi.
"Che c'è?"
Mi chiese nervoso scuotendomi una mano davanti agli occhi.
"Nulla. Stai bene?"
Ridacchiò alzandosi di nuovo in piedi.
"Smettila di preoccuparti per me. Sono un uomo, so badare a me stesso."
Girai gli occhi al soffitto.
"Lo so che non sei un bambino.."
"Allora smettila di trattarmi così. Smettila di pensare che non possa cavarmela o che sono perennemente sull'orlo del baratro. Basta. È estenuante.."
Alzai entrambe le mani per calmarlo.
"Scusa. È che ci sono stati molti cambiamenti e volevo solo assicurarmi che.."
"Non sto perdendo la testa?"
Sussultai a quelle parole.
La sua rabbia, il suo muoversi nervoso, i suoi lineamenti, mi urlavano che eravamo vicini a qualcosa di brutto.
Ignorai quelle sensazioni.
"Volevo solo sapere se era tutto okay. Scusa."
Eyvar si voltò verso il muro e si fece passare le mani tra i capelli.
"Scusami tu. Vorrei solo che mi lasciassi respirare. Preoccupati di più per te e meno per me. Forse continui a puntare il dito verso gli altri perdendo pezzi della tua storia."
"Che intendi?"
Chiesi alzando il piumone per fare uscire i piedi. Quella conversazione mi metteva caldo.
"Dove è finito Finn in questi giorni?"
Lo guardai sbalordita mentre mi sbatteva in faccia, fiero, il dubbio.
Lo avevo sentito. Mi aveva scritto alcuni messaggi fugaci, brevi e con meno intensità.
Non ci avevo fatto caso.
Avevamo bisogno entrambi di spazio, di chiarire le idee e di elaborare il nostro avvicinamento.
Sapeva che stavo male, mi aveva scritto più volte per sapere se andava meglio.
"Cosa dovrei sapere?"
Finalmente la cattiveria lasciò spazio al senso di colpa sul viso di quel ragazzo che tanto amavo e che talvolta mi sembrava un perfetto sconosciuto.
"Ho sentito dire che aveva un appuntamento ieri."
Alzai le spalle.
"Forse il dentista."
Eyvar sbuffò e riprese a muoversi.
"Se, il ginecologo."
"Duna non ha detto nulla."
Ribattei innervosita.
"Forse Duna non sa!"
"Gills non tiene i segreti."
"Ma Finn sì."
Boccheggiai. Insinuava che Finn avesse visto un'altra senza dirlo al suo amico per non farmelo sapere.
Perché?
"Non stiamo insieme. Se ha capito che non è quello che vuole può dirmelo e basta. Non abbiamo obblighi l'uno con l'altro. Non ha senso."
"Magari vuole la botte piena e.."
"Vai a scuola."
Tuonai alzandomi in piedi per andare al bagno e troncare quella conversazione.
Non volevo sentire.
Non volevo rovinare quel briciolo di fiducia che avevo sentito irrorare il mio petto e non volevo più ragionare per stereotipi e preconcetti.
Era cattivo da parte di mio fratello dire certe cose.
Uscii dal bagno e lo trovai in piedi, a testa bassa.
"Sai qualcosa di concreto?"
Scosse la testa.
"Allora stai zitto. Non mettermi addosso questi pesi. È ingiusto. Io ti ho sempre protetto!"
"Anche io. Voglio solo proteggerti. Ieri quando l'ho sentito dire che aveva un appuntamento importante volevo spaccargli la faccia."
Cospirazioni, violenza, difficoltà nel gestire la rabbia.. Tutti segnali che non volevo vedere. Che non avevo la forza di vedere in quel momento.
"Non farti film mentali, okay?"
"Tu non fare l'ingenua. È Finn."
Mi diede un bacio sulla testa lasciandomi stordita.
Fino al giorno prima, sembrava adorare Finn.
Fino al giorno prima non mi avrebbe mai fatto un discorso del genere.
Sentii le lacrime pungermi gli occhi.
Avrei voluto chiamare mamma ma se ne sarebbe lavata le mani. Da quanto tempo non la sentivamo? Non riuscivo a pensarci in quel momento.
"Non fare questa faccia. Mi fai sentire una merda così."
Provai a sorridere.
"Non preoccuparti, sono solo ammalata e non mi sento bene. Vattene e lasciami sola con il mio malessere."
Eyvar sbuffò. Aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse.
Lo spinsi leggermente ma lui restò fermo.
"Ho esagerato vero?"
Non risposi ma lo spinsi di nuovo.
"Vai. Me la caverò e ti prometto che non mi farò prendere in giro. Ora impacchetta il tuo senso di colpa e sparisci."
Finalmente fece alcuni passi verso la porta e dopo un attimo di rimorso se ne andò velocemente.

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