17. la partita

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Giovedì sera

"Ma che stronza!"
Continuava a ripetere Eyvar mentre gli raccontavo quanto avvenuto quel giorno in bagno.
Duna era da Gils e quindi non ci aveva potuto dare un passaggio in macchina.
Eyvar si era lamentato come solo lui sa fare ma eravamo stati costretti a prendere il bus per andare verso la nostra università.
Il campo sportivo era l'edificio proprio adiacente alla nostra struttura ed era lì dove si sarebbe svolta la partita.
Entrambe le squadre erano Islandesi.
"Dicono che Finn giochi molto bene. Ho sentito che ha già un ingaggio per la nazionale e che sta cercando di rallentare un poco le cose per finire gli studi ma probabilmente farà il giocatore professionista in futuro."
Rimasi sorpresa per quella affermazione.
In qualche modo, il mio cervello non riusciva più a pensare a nessun lavoro che non fosse il medico o quello di una figura sanitaria.
Sarebbe stato un peccato se Finn non fosse riuscito a finire i suoi studi ma d'altronde se era più soddisfatto nell'impiegare le sue energie nello sport, significava che quella era la sua strada.
Era difficile trovare qualcosa in cui si era davvero bravi e coltivarla fino a diventare professionisti, era una cosa che rispettavo.
"Cos è questa faccia? Stai già facendo piani per il futuro?"
Mi prese in giro il maledetto cogliendomi sul fatto.
"Sì. Volevo stare con un chirurgo estetico per potermi fare qualche restauro. Il naso ad esempio e un po'di filler per armonizzare il tutto."
"Direi anche le tette. Quelle due albicocche non sono di certo la cosa più invitante che ho visto. Ringrazia che ti ammazzo di squat da quando hai dodici anni."
Gli sferrai un pugno sul braccio.
Eyvar era terribile e quello che pensava diceva senza paura di offendere nessuno.
"Anche il tuo ragazzo giocherà questa sera?"
Mio fratello fece un segno di assenso.
"Bene. Così dovrò solo capire quale sarà fra i quindici ragazzi che giocano. Anzi, toglierei Gils e Finn dalla lista. Almeno spero."
"I giocatori in campo sono sei, piccola capretta."
Scoppiai a ridere per la faccia schifata di mio fratello.
"Non ho mai visto una partita di Hockey in vita mia!"

"Ina, siamo qui!"
Duna si alzò in piedi facendomi segno con una mano di avvicinarmi.
C'era molta gente alla pista di hockey tanto da fatica a passare per salire sugli spalti.
Presi posto accanto a lei che mi abbracciò subito iniziando ad agitarsi sulla sedia.
Aisha mi fece un sorriso e mi passò la sua thermos di the.
Rifiutai gentilmente.
"Ciao stronzette!"
Urlò Eyvar spingendomi con i fianchi per farmi andare più in là.
"Guarda quanto è bello Gils con la tenuta sportiva? Ma quanto lo amo, tu non puoi immaginarlo."
Risi anche io notando subito Finn che pattinava intorno alla porta.
Alzò gli occhi su di me e mi guardò per un istante prima di mettersi il casco e e avvicinarsi a Gils.

"Oggi è venuto a cercarmi. Qualcuno gli ha spifferato la storia di Hala."
Aisha si mise a ridere mentre Duna faceva la faccia innocente.
"Io l'ho solo detto a Gils. Non si tiene mezzo segreto!"
"Per questo ti ho chiesto di non dirlo a Gils."
La ragazza sembrò molto perplessa alle mie parole.
Mi chiesi se quei due avessero il minimo segreto o se si raccontassero ogni singola cosa.
Eyvar tirò fuori la scatola di pop corn passandocela.
Io e Aisha ne prendemmo una manciata mentre Duna scosse la testa.
"Duna prendine un po'!" La supplicò Aisha facendomi subito allertare.
Sapevo che il suo rapporto con il cibo era difficile e sapevo che queste problematiche erano uno schifo totale.
"Ho mangiato molto a casa." Rispose senza guardarci.
"E poi sono diventata così grassa!"
Eyvar spalancò la bocca scioccato dalle sue parole ma gli tirai una gomitata nelle costole per metterlo a tacere.

"Smettila di dire cazzate e smettila di dare così importanza ai canoni estetici odierni! Non sei grassa e vorrei davvero sapere chi ti ha chiamata in questo modo! Devi farmi conoscere il tuo vecchio gruppo di finte amiche così gli sputo in un occhio."
Sputai di fretta quelle parole velenose.
"Una la conosci già, è Hala."
Quasi mi strozzai a quelle parole guardando la mia amica con occhi sgranati.
"Come scusa?"
"Si. Giravo con lei e il suo gruppo prima."
"E davvero hai dato retta alle parole di quella stronza?"
Scoppiò a ridere.
"Hai ragione, è una stronza ma ci siamo frequentate per tutto il periodo delle medie e fino alla seconda liceo quando io non sono stata promossa. Tanti anni e sentirmi ripetere le stesse cose. Forse non avrei dovuto ascoltarla ma ormai le ho stampate in testa!"
"Allora ti prego, questo è il giorno in cui devi smetterla di pensare a queste stronzate. Ci hai dato troppo peso e per troppi anni!"
"Sono cose infondate. Il cibo è vita devi solo accostarlo al movimento."
Mi diede manforte mio fratello.
Duna sorrise ma sapevo bene che era una questione difficile e non si risolveva di certo con due parole di conforto.

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