12. Ma di che patologia soffre?

36 5 0
                                    

Gli tenni la mano per qualche istante davvero stordita di fronte a quel contatto fisico piacevole.
Camminavo dietro di lui e osservavo le sue spalle larghe, la sua schiena diritta chiedendomi perché mi scatenava quell'effetto.
Lasciai andare la sua mano poco prima di rientrare e mi schiarii la voce per provare a ricompormi.
Notai diversi sguardi voltarsi verso di noi e mi sentii di nuovo in imbarazzo.
"Vado a cercare Duna "
Gli dissi ad un orecchio alzandomi sulle punte per farmi sentire.
"Vengo anche io."
Lo vidi mimare con la bocca.
Mi seguì lungo il salotto fino a che non intravidi la chioma della mia amica in un angolo della casa.
Partii a passo spedito avvicinandomi a lei che subito mi gettò le braccia al collo, ubriaca come avevo presagito ad inizio serata.
"Ma che cazzo è successo prima?"
Mi chiese dando le spalle alle ragazze con le quali stava parlando.
"Finn e le sue scenate."
Duna scosse la testa.
"Io non l'ho mai visto fare una cosa del genere."
"Forse perché non lo hai mai visto scommettere su un essere vivente e oggettificare una persona come ha fatto con me?"
La ragazza rimase in silenzio per un attimo, poi alzò l'indice puntandomelo addosso.
"Non ho capito nulla."
Sorrisi e notai che Finn aveva raggiunto Gils e qualche altro componente della squadra.
Se ne stavano in un angolo e parlavano tra di loro.
"Te lo avevo detto che avrebbe bussato alla tua porta e tu avresti aperto.. Il tuo cuore."
Aggiunse quando notò che la guardavo di traverso.
"Finn è così. Ti fa perdere il senso dell'orientamento."
Mi morsi il labbro rendendomi conto che in qualche modo, faceva davvero quell'effetto.
"Niente di tutto questo. Doveva solo sistemare il casino che aveva fatto."
Girai di nuovo la testa nella sua direzione e mi accorsi che mi stava guardando con un sorriso.
Alzai gli occhi al cielo.
"Certo."
Rispose Duna trascinandomi più in là per ballare.
La seguii e chiusi gli occhi ondeggiando al ritmo della musica.
Volevo smettere di pensare e fare come se fossi ancora in Spagna. Ballare liberamente fregandomene di tutto.
Ogni volta che il mio sguardo ricadeva su quell'angolo, trovavo Finn intento a guardarmi.
Qualche volta ballava pure lui o parlava con qualcuno, ma il suo sguardo direzionava verso di me.

Andammo avanti all'infinito quando una mano mi toccò il fianco e io mi voltai di scatto spaventata.
Ritrovai davanti a me proprio Finn che mi porgeva un bicchiere di qualcosa che agguantai felicemente.
"Che cos'è?" Chiesi allora guardando il liquido colorato.
"Qualcosa con la gradazione alcolica inferiore alla temperatura Islandese."
Ne diedi un sorso e finsi un conato di vomito.
"No, che schifo. Questo sa di ananas."
Glielo ripassai orripilata mentre lui rideva di gusto.
"Ci sono tipo sei gradi in questo paese. Dubito che questo intruglio abbia qualche grado in meno."
Finn alzò le spalle.
"Tra poco io vado. Posso portarti a casa?"
Finsi di pensarci in attimo.
"No, grazie."
Scoppiò a ridere.
"E come torni?"
Feci segno verso la mia amica con la testa.
"Anche lei torna con me."
Il sorriso mi morì sulle labbra e proprio in quell'istante, il ragazzo di prima mi passò davanti ridacchiando quando mi vide parlare con Finn.
Finn si voltò nella sua direzione e poi guardò di nuovo verso di me.
"Okay. Allora torno in bus."
"Divertente."
Rispose soltanto voltandosi e andando via.
Ripresi a ballare con la mia amica e con altri compagni di corso finché iniziarono a farmi male le gambe.
"Che ore sono?"
Chiesi allora.
"Sono quasi le tre."
Feci una smorfia.
Ero abituata a tornare a casa alle sei di mattina ma solitamente non uscivo alle nove di sera.
Cominciavo ad essere piuttosto stanca.
"Dove è Finn?"
Chiesi a Gils allora accorgendomi che non lo vedevo da un po'.
Questo alzò le spalle.
"Non lo so ma vorrei davvero andare a casa."
Mi guardai intorno incuriosita dalla sua sparizione ma non ne vidi traccia.
"Vado a cercarlo."
Mi proposi io seguendo un paio di persone verso l'uscita.
Ormai era fine serata e la gente stava andando a casa oppure collassando.
Mi sporsi dalla porta e lo intravidi.
Era sotto ad un lampione, la posa era rigida, sembrava arrabbiato.
Sbraitava contro un'altra persona.
Mi avvicinai di alcuni passi e lo chiamai per nome.
Lui si voltò di scatto con le saette che gli attraversavano gli occhi.
"Che vuoi?"
Mi chiese scontroso facendomi arretrare di un passo.
"Gils ti cerca. Si chiedeva se tu volessi tornare a casa."
Finn si voltò verso il ragazzo e poi si girò di nuovo verso di me.
"Digli di chiamare un taxi. Digli che sono impegnato. Va con lui."
"Okay."
Risposi sotto voce.
Mi osservò per alcuni istanti e poi con la testa mi fece segno di andarmene.
Corrucciai la fronte davanti a tanta indifferenza ma mi voltai tornando verso la casa.
Finn non era nessuno.
Non era un cazzo di nessuno per trattarmi così.

Just breatheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora