Venerdì mattina
"Non prendertela con me se non sai bere!"
Tuonai spalancando le persiane e beccandomi una marea di parolacce da parte di quel mostro a tre teste che era il mio gemello.
"Alza il culo, ti devo parlare!"
Eyvar si coprì la testa con il lenzuolo e piagnucolò maledicendomi in mille lingue.
"Smettila di infastidirmi! Vai a rompere i coglioni al tuo ragazzo!"
"Ti faccio il caffè e ti aspetto di sotto. Ora!"
Finn era andato via molto presto quella mattina.
Aveva fatto piano per non svegliarmi ma poi era inciampato nel tappeto svegliando probabilmente anche i vicini.
Io lo avevo maledetto proprio come Eyvar stava facendo con me in quel momento e gli avevo promesso che ci saremmo sentiti più tardi, o qualcosa del genere.
Non sapevo se lo avrei visto quella sera o se avesse impegni con suo padre, in ogni caso sapevo che la situazione era tesa e non volevo stressarlo ulteriormente.
"Dimmi cosa devi dirmi e lasciami morire nel mio letto!"
Tuonò Eyvar raggiungendomi al piano di sotto.
Un'occhiata fu sufficiente per capire che quel giorno non aveva nemmeno mezza intenzione di recarsi a scuola, al contrario mio che nel primo pomeriggio sarei andata all'università.
"Siediti."
Eyvar sbuffò, si sedette sullo sgabello e prese la tazza di caffè.
"Per cosa merito questa ramanzina? Perché ero ubriaco? Per la mia vita sessuale? Perché salto scuola?"
Alzai le mani sopra la testa.
"Nessuna ramanzina. Hai ragione, sei grande a sufficienza e io ti permetterò di vivere la tua vita come meglio credi."
Mi guardò sbigottito per poi grattarsi la testa non riuscendo a capire dove era il tranello.
Era abituato ad una sorella presente e protettiva che rimetteva insieme i cocci di vetro degli oggetti che lui lanciava in giro per il mondo.
Sicuramente gli avevo dato poco spazio per assaggiare la libertà e di questo me ne assumevo la colpa.
"Allora che vuoi?"
Chiese dopo un istante di esitazione.
Allungai la mano e gli passai il numero dello psichiatra.
Eyvar si allontanò da esso come se fosse una bomba.
"Che significa?"
Chiese in preda al panico.
Mi guardò colmo di rabbia e poi si mise a ridacchiare nervoso, come se avesse scoperto un gran segreto che gli tenevo nascosto.
"Significa che ti conosco, so che sei ad un passo dal tracollo. Sei su di giri, irascibile, forse non stai nemmeno piu prendendo le tue medicine e ti vedo già fra qualche settimana seduto sul nostro tappeto con qualche uomo nudo che ti gira intorno e qualche striscia di coca sul tavolino."
Eyvar mi guardò colmo disprezzo ma io non gli permisi di parlare.
"Io ti amo, sei mio fratello, so che non lo fai apposta e per te ci sarò sempre ma hai ragione; sei adulto ora. Devi iniziare ad occuparti di te stesso.
Puoi farcela, devo solo darti lo spazio necessario per provarci."
Lo guardai anche io ma colma di tristezza, con gli occhi che si riempivano di lacrime per le parole dure che gli stavo dicendo e che derivano più me che lui.
Era deluso, arrabbiato, forse mi odiava in quel momento ma lo stavo facendo per lui.
"Mi abbandoni pure tu?"
Domandò allora puntandomi l'indice contro.
Sussultai a quella accusa.
"No, stupido coglione. Ti sto solo dicendo che mi fido di te e voglio che tu impari ad ascoltarti, a prenderti cura del tuo cuore. Io sarò sempre qui. Verrò con te dallo psichiatra e correrò in giro per la città a cercarti quando starai male. Solo una cosa non sono più disposta a fare Eyvar, io non voglio trasferirmi più. Voglio stare qui."
"Per Finn?"
Domandò allora lui.
Scossi la testa.
"Per me. Ti prego, fai funzionare le cose. Resta qui con me anche tu. Non scappiamo più. Ho bisogno di crearmi una vita che non sia sempre con le valigie in mano. Ho bisogno di stare qui."
Provai ad avvicinarmi per abbracciarlo ma lui mise più distanza possibile fra di noi.
"È meglio se mi lasci solo ora."
Feci un cenno di assenso con la testa.
"Okay. Mi preparo e vado a scuola. Se hai bisogno..
"Sto bene."
Tagliò corto evitando di guardarmi.
Sentii il cuore andare in mille pezzi in quel momento ma anche un altro sentimento inaspettato si fece largo nel mio petto.
Ero sollevata; finalmente ero riuscita a dare il peso delle sue responsabilità a mio fratello e sgravarmi io di tale processo.
Ero riuscita a dire ad alta voce che anche lui doveva essere partecipe al suo processo di guarigione e di salvaguardia.
"Non mi dici nulla riguardo a Marco? Sono sicuro che il tuo ragazzo ha avuto qualcosa da dire. Glielo hai rivelato?"
Scossi la testa.
"Io e Finn parliamo di altro, non delle tue relazioni. E no, non ho nulla da dire. Ripeto che mi fido di te, sei grande e puoi fare le tue scelte."
Fece un cenno con la testa e si sistemò una ciocca bionda di capelli che ricadeva sulla sua fronte.
"Torno a dormire."
Sussurrò voltandosi e lasciandomi lì, da sola.
Rimasi immobile per quasi dieci minuti con il cervello che riviveva quei momenti in continuazione.
Potevo usare altre parole, essere più gentile, più docile..
Eppure avevo fatto la cosa giusta e ne ero sicura.
Ora dovevo solo lasciargli il tempo di digerire tutto.
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Just breathe
ChickLitUn libro che parla semplicemente di rapporti umani e relazioni. In un paese avanzato come l'Islanda, quanti problemi possono avere dei giovani adolescenti? Tra amore e amicizia, sentimenti profondi, pianti, crescite e parole dette col cuore. Just Br...