15. Se cambiassi idea?

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Avanzò di alcuni passi estraendo il telefono e scattò alcune foto.
Sembrava quasi voler interrompere tutta l'intimità che si era creata fra di noi.
Forse era semplicemente troppo e voleva ripristinare un poco le cose.
"Vedi, i colori sono più vividi nelle immagini. Dal vivo sono talmente forti che il nostro occhio non riesce a scorgerli tutti."
Osservai la foto continuando a meravigliarmi per l'immensità e la forza di quel fenomeno naturale.
"A Siviglia non ho mai visto nulla di simile. Da nessuna parte in realtà."
"L'Islanda è magica. Nessun posto al mondo è come qui. Qui siamo in tutt'uno con la natura."
Feci un cenno con la testa.
"Porti qua le ragazze al primo appuntamento? Mi sembra una buona tattica. È senz'altro un uscita memorabile. Calcolando che l'ultimo ragazzo con il quale sono uscita aveva intenzione di portarmi in un angolo appartato per potermi palpeggiare, direi che sei andato piuttosto bene."
Ridacchiò delle mie parole e poi si voltò a guardarmi serio.
"Non ho mai portato nessuno qui. Nemmeno gli amici. Vengo qui per pensare e per stare in pace. Sto condividendo con te qualcosa che per me è davvero speciale. Nessuna tattica ma spero che non ci porterai altre persone."
Mi voltai ad osservarlo e mi sentii in colpa per ciò che avevo detto.
"Grazie per averlo condiviso con me allora. Lo apprezzo davvero."
"Tua madre tornerà in Islanda?"
Ridacchiai a quella domanda.
"Dubito fortemente. Credo che lei stia meglio senza i suoi figli."
Lo vidi trasalire alle mie parole.
"Scusami, forse non ti interessa."
"Mi interessa."
Mise a tacere subito i miei dubbi.

"Sai, lei ha avuto una vita complessa e un marito complesso. Non ha potuto godersi la gioventù e fare le cose che voleva.
Poi ha avuto due gemelli che sicuramente l'hanno sfiancata e quando finalmente è riuscita a fuggire da mio padre, ha deciso di iniziare a vivere per sè stessa."
Arricciai il naso.
"Non è mai stata molto presente. Noi eravamo un intralcio nella sua vita e nella sua carriera, lavora in ambasciata."
Mi scostai i capelli dal viso e mi accorsi che Finn mi ascoltava totalmente assorbito.
"Ci siamo trasferiti spesso, lei non era mai a casa, noi siamo cresciuti con una serie di tate diverse e quando siamo diventati grandi abbastanza, ci occupavamo l'uno dell'altra. Ora è negli Emirati Arabi, Eyvar è omosessuale e non vedeva il senso di scegliere deliberatamente di andare a vivere lì. Abbiamo deciso di provare a farci la nostra vita e ora vediamo come andrà."
Finn scosse la testa.
"Non capirò mai cosa spinge la gente a fare figli se poi non riesce a occuparsi di loro e a supportarli."
Mi fissai le mani per un istante pensando che forse gli stavo rivelando un po' troppo della mia vita, ma lui si era fidato di me e mi aveva fatta sentire abbastanza sicura per parlargli delle mie cose.
"Credo che noi le facciamo tornare in mente brutti ricordi della vita che vuole dimenticare. Non è una persona cattiva. È solo un'eterna bambina che non ha potuto crescere e ora sta passando una sorta di adolescenza."
"Non riesco ad immaginare come tu possa far venire alla mente brutti ricordi."
Mi disse tornando a fissarmi.
Abbassai lo sguardo troppo imbarazzata per rispondere. Le sue parole erano sempre così intense da arrivarmi diritte al cuore e mi faceva sentire come se fossi scoperta, vulnerabile e debole. Come se potesse inserire le mani nel mio petto e giocare con il mio cuore. Era pericoloso, molto pericoloso, ma non riuscivo a smettere.
"E tuo padre?"
"Mio padre non esiste." Gli risposi con forza tranciando subito l'argomento.
Non insistette per saperne di più capendo che non ero pronta per affrontare il discorso.
Ritornammo a guardare le luci accanto a noi e l'imbarazzo cominciò a lasciare spazio a qualcosa d'altro. Mi sentivo al sicuro con lui. Talmente tanto a mio agio da non accorgermi che avevo iniziato a canticchiare una canzone sotto voce.

Solo dopo alcuni istanti mi ricordai che non era sola e mi girai per guardarlo smettendo di cantare all'istante.
Lo scoprii intento ad osservarmi e nascosi il viso con le mani ridendo e sentendomi un poco stupida per essermi messa a cantare tranquillamente davanti a lui. Eyvar ne era abituato, ma Finn era un estraneo e non conosceva le mie stranezze.
"Mi piace quando canti. Hai una bella voce e sembri totalmente rilassata quando lo fai."
Risi per l'immensa figura che avevo appena fatto.
"Scusa, penserai che sono pazza. Io ed Eyvar cantiamo spesso. Abbiamo preso lezioni di canto e di musica e quando ho bisogno di mettere in pausa il cervello inizio a cantare."
Finn scosse la testa.
"Non sentirti in imbarazzo. Era una bella colonna sonora per questo spettacolo."
Mi resi conto che quell'appuntamento stava andando meglio del previsto e non andava affatto bene.
Cominciavo a chiedermi se non potessi cogliere l'occasione e provare a conoscere meglio Finn quando mi ero imposta di non cascarci. Non cercavo una relazione e men che meno un nuovo casino.
Non dovevo lasciarmi abbindolare.
"Forse è meglio andare, sto congelando." Gli chiesi ormai impaurita dalle emozioni che quella serata era riuscita a suscitarmi. Non potevo più rimanere in quel luogo perché mi sentivo troppo vicina a lui.

"Riesci a scendere senza cadere?" Mi chiese mentre ci incamminavamo verso la macchina.
Gli dissi di sì ma in realtà ad ogni passo avevo paura di finire con la faccia a terra.
"Dammi la mano, forza. Non voglio portarti al pronto soccorso più tardi. Sei troppo testarda."
Dopo un attimo di esitazione appoggiai il mio palmo sul suo sentendo subito quel formicolio ormai consueto attraversarmi il corpo e scaldarmi.
Finn si muoveva in maniera cauta e continuava ad illuminarmi la strada.
La sua presa era sicura ed ero certa che non mi avrebbe fatta cadere per terra.
Si riusciva a capire che conosceva molto bene quella strada e questi erano i motivi che mi avevano portata a fidarmi di lui.
Quando raggiungemmo la macchina mi bloccai all'improvviso.
"Che c'è."
Scossi la testa.
"Non sono mai uscita con nessuno la prima volta senza comunicare a mio fratello la mia posizione. Di sicuro, non ho mai seguito nessun uomo su per una strada buia."
E non ci avevo pensato fino a quel momento.
La cosa era piuttosto sconcertante.
"Grazie per averlo definito appuntamento. Con me sei al sicuro. Non farei mai nulla per ferirti."
Appoggiai le mani sui fianchi e lo guardai con aria di sfida.
"Tranne fare scommesse da coglione in uno spogliatoio e pentirmene a vita. Okay?"
"Okay."
Risposi compiaciuta salendo in macchina.

Durante il ritorno non scambiammo molte parole, probabilmente entrambi frastornati dalla serata.
Ognuno era immerso nei suoi pensieri e rifletteva su come i propri piani erano andati più o meno come previsto.
Sicuramente per me era stata una rivelazione e questo rendeva il tutto un poco più complesso.
Ero piuttosto spaventata da come sarebbe andata avanti questa situazione.
Da una parte, credevo fosse meglio che finisse tutto lì, in quel preciso istante.
Dall'altra, ero totalmente consapevole che se l'indomani Finn mi avesse ignorata o lo avessi incontrato con un'altra, una parte di me ne avrebbe sofferto.
Erano passati otto giorni dal nostro primo incontro e mi chiedevo quali super poteri avesse quell'uomo per sconvolgere così la gente al suo passaggio.
"Sei stata bene?"
Mi chiese una volta fermata la macchina di fronte a casa mia.
"Molto."
Decisi di essere onesta e di non fare battute stupide per una volta.
Forse poteva sotterrare un poco l'ascia di guerra.
"Anche io sono stato bene Ina. È stato.."
Lasciò cadere la frase non finendola ma sorrise.
"Ora che hai avuto il tuo appuntamento sei soddisfatto?"
Fece un cenno con la testa.
"Sì. Me lo farò andare bene fino al prossimo."
Appoggiò la mano sul mio schienale e avvicinò il viso al mio.
Sorrisi.
Potevo vedere tramite i suoi occhi gli ingranaggi del cervello che provavano a capire se fosse una buona idea azzardare un bacio o se questo lo avrebbe fatto finire in fondo al mare.
"Buona notte Finn."
Sussurrai aprendo la portiera e lanciandomi in strada.
Dopo alcuni passi mi voltai per salutarlo con la mano e lui sorrise.

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