14. Aurora boreale

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Lunedì sera

"Perché le tue amiche pensano che abbiamo una serata tra fratelli? Oh.."
Eyvar si bloccò all'entrata della stanza e un sorriso malizioso si dipinse sul suo volto quando si accorse che stavo scegliendo i vestiti da mettermi.
"Perché hai un appuntamento galante! E hai mentito alle tue amiche. Che stronza! Ora mi racconti dove vai."
"Non vuoi sapere con chi?"
"Con Finn. Non sono stupido."
Sorrisi.
"Sì. Diciamo che mi ha obbligata.
"Ah, immagino. Basta jeans. Mettiti questo vestito in lana così carino. Con gli anfibi starebbe da Dio."
Presi in mano il vestito color panna lungo ed aderente e scossi la testa.
"Sembra che voglio quell'appuntamento così."
"Uno deve sempre dare la miglior immagine di sè. Metti questo. Fidati! Allora. Ti ha minacciato con che arma?
"Fucile da caccia."
"Allora capisco."
Eyvar si lasciò cadere sul mio letto mentre io provavo il vestito.
Lo guardai dallo specchio.
"Perfetto."
Mi disse con un sorriso.
"Zitta zitta, sei riuscita a conquistare il ragazzo irraggiungibile."
Girai gli occhi al cielo.
"Tu vivi tra le pagine di un romanzo. Questa sera usciremo, userà le sue frasi tipiche da rimorchio, non ci finirò a letto e da domani sarà tutto finito."
Si morse un'unghia.
"A questo punto vacci almeno a letto. Sai che ti perdi? Ma lo hai visto?"
Scoppiai a ridere.
"Non ne ho assolutamente intenzione cara la mia zitella. Piuttosto, raccontami di questo giocatore di hockey tanto riservato. Perché non viene qui?"
Eyvar fece finta di tirare una cerniera sulle labbra così da farmi capire che non avrebbe parlato.
"Questa storia non mi piace."
Sbuffò.
"Non devi continuare a pensare di dovermi proteggere. Posso farcela da solo. Pensa al tuo appuntamento. Che per altro.."
Alzò il mio telefono di fronte a sè.
"È qui."

Corsi giù per le scale, afferrai la giacca e uscii all'aria gelida dirigendomi verso la sua macchina.
Mi sorrise quando entrai.
"Ciao." Dissi soltanto io sentendo l'agitazione stringermi la pancia.
"Pensavo saresti fuggita pur di non venire questa sera."
Mi sorrise.
Provai a non guardarlo ma i miei occhi si posarono su di lui trovando quello sguardo ormai famigliare.
Aveva un pullover nero a collo alto che faceva risaltare i suoi colori.
Era dannatamente bello con quel pullover ma questo, non era importante.
"Ci ho pensato ma i voli aerei costavano troppo. Quindi eccoci qui."
"Oppure ti ha costretto tuo fratello?" Mi chiese girando lo specchietto dalla mia parte. Era puntato sulla finestra di casa mia dove Eyvar stava monitorando la situazione.
Sorrisi imbarazzata.
"È un poco stravagante. Comunque l'unico ad avermi costretto a fare qualcosa sei tu."
Fu il suo turno di sorridere.
"Già. Dato che non ho mai obbligato una donna a fare nulla, ti ringrazio per essere qui e te lo chiedo. Vuoi che metta in moto la macchina e parta o vuoi scendere ora? Non sei costretta a venire con me. Volevo solo parlare dell'altra sera. Volevo chiarire ma se tu non vuoi venire, ti dirò tutto qui e poi potrai tornare a casa."
Ci pensai un attimo.
"Facciamo che prima parli e poi decido?"
Si passò le mani sui jeans scuri.
"Okay. Allora volevo dirti che non provo nessuna felicità nel trattarti male. Non sono un narcisista. Non voglio che tu cada ai miei piedi. La festa è stata un casino. Ina.."
Si voltò verso di me scuotendo la testa.
"Non avevo idea che Lorik ti avrebbe detto quelle cose e non avevo idea che Milo si sarebbe presentato alla festa."
Si passò la mano sugli occhi.
"Quanto è pericolosa questa persona?"
Sembrò pensarci su.
"Non devi incontrarlo mai. Devi stargli alla larga. Questo me lo devi promettere."
"Per te quanto è pericolosa?"
Alzò le spalle.
"Non molto."
"Perché è amico di tuo fratello?"
Sembrò sorpreso.
"Gils parla sempre un sacco. Sì, è un suo amico ma è anche un delinquente. La situazione è fragile. L'unico motivo per cui Gils è ancora tutto intero probabilmente è solo perché è mio amico. Ma so che un domani potrebbe mettersi male anche per me. Milo non è una persona affidabile. Non voglio che ti abbia nulla a che fare con questa storia."
Aprii la bocca per ribadire ma lui mi fermo all'istante.
"Non sto scherzando. Se tu dovessi incontrarlo, cambierai strada. Se ti dovesse fermare chiamerai la polizia e non ti farai mai vedere insieme a me con lui. Stai fuori da questa storia. La stiamo risolvendo noi e nessun altro deve farsi male. Okay?"
"Okay."
Acconsentii dopo un istante e mi legai la cintura.
Finn mi guardò sorpreso e io gli feci una smorfia.
"Parti prima che cambio idea."
Finalmente sorrise come era solito fare e mise in moto la macchina con un ruggito.
"Dove andiamo?" Chiesi allora curiosa.
"È una sorpresa."
Sbuffai.
"Volevo solo capire quanto sarai originale nell'unico appuntamento che ti verrà concesso insieme a me."
Sghignazzò.
"Sono sicuro che nessuno ti ha mai portata in un posto del genere."
Lo osservai con aria di scherno.
"Ho vissuto in una moltitudine di luoghi diversi, visitato gran parte del mondo e sono uscita con molti ragazzi.."
"Oh, bene. Allora vedo che non siamo molto diversi."
Spalancai la bocca rendendomi conto che mi aveva fregata di nuovo.
"Hai fatto bene. Non ti sto giudicando. Quanti anni hai? Venti? Dovevi pur divertirti prima di conoscere me e io ho fatto altrettanto."
Risi.
"Perché ora non mi divertirò mai più?"
"Solo con me."
Mi guardò serio.
"Non sono uno da coppia aperta."
"Nemmeno io."
Ribadii convinta.
"Quindi rinuncerai alla tua schiera di donne per me soltanto?"
Sorrise.
"Forse. Ancora devo capirti fino in fondo e tu sai che non faccio promesse a vuoto. Però, da quando sei arrivata, non ho frequentato nessuna, non ho sentito nessuna, non ho fatto lo scemo con nessuna. E quindi, la nostra è una frequentazione esclusiva, cosa che non ho mai avuto prima."
Rimasi in silenzio totalmente spiazzata da quell'affermazione.
"Sono serio Ina. Io non scherzo su queste cose."
Mi voltai per guardare fuori dal finestrino. Avevo bisogno di tornare sul pianeta terra e togliermi di dosso la sbornia post parole di Finn.
"Stiamo uscendo dalla città."
Notai.
"Andiamo a caccia di orsi?"
Sorrise.
"Pensavo più renne ma posso essere d'accordo."
Mi piaceva come stava agli scherzi. Era bello chiacchierare con lui.
"Quindi abiti con i tuoi fratelli? I tuoi genitori?"
Si irrigidì alla mia domanda.
"Abito solo."
Tagliò corto lui.
Mi accorsi di aver toccato un nervo scoperto.
"Scusa. Anche io e Eyvar siamo soli. So che non sempre sono argomenti facili."
Lasciò andare l'aria ma poi sorrise.
"No. Ho una famiglia incasinata."
"Anche io."
"Bene. Un'altra cosa in comune."
Iniziò a risalire una collina e dopo circa cinque minuti posteggio la macchina in un posteggio pubblico.
"Dobbiamo camminare un poco." Mi rivelò con un sorriso.
Prese una torcia e si mise uno zaino sulle spalle.
"Camminiamo al buio?" Chiesi titubante.
"Hai paura?" mi domandò serio
Scossi la testa seguendolo.
"No, avevo proprio voglia di spaccarmi una caviglia questa sera. Grazie Finn, ottima idea."

"D'inverno quando nevica è impossibile salire quassù. Sei fortunata ad aver accettato di uscire con me, ti saresti persa uno spettacolo bellissimo che non avresti potuto recuperare più in là."
Lo seguii a fatica non conoscendo la strada e impaurita di poter scivolare. Ogni tanto controllava se ero ancora dietro di lui e sorrideva vedendomi in difficoltà.
"Vuoi una mano?" mi domandò.
"No, grazie." Risposi per non offendere il mio orgoglio sensibile.
Quando arrivammo in cima mi resi conto che era valsa la pena fare un po'di fatica.
La vista era incredibile. Trattenni il fiato incapace di spiegare l'emozione che mi suscitava quello scenario.
Da un lato scorgevamo la città con le sue luci mentre dall'altra parte, quella che puntava verso il mare e che quindi era più buia, le luci dell'aurora boreale danzavano nel cielo donandoci lo spettacolo migliore della mia vita.
"Non è ancora molto forte. Le luci si intensificano quando è inverno. È solo da un paio di giorni che è ricomparsa e quando l'ho saputo ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto fartela vedere. Ti piace?"
Non udendo alcuna risposta si voltò a guardarmi e rimase stupito di trovarmi con le lacrime agli occhi.
Non disse nulla e non rise della mia reazione, si sistemò semplicemente più vicino a me e restammo in silenzio per molto tempo a guardare quello spettacolo che la natura ci stava offrendo.
"Duna aveva ragione." Dissi all'improvviso cercando un fazzoletto nella borsetta.
"Le energie che sprigiona l'aurora boreale ti impediscono di essere triste."
Finn sorrise a quelle parole.
"Per fortuna. Credevo di averti vista piangere."
Aprì lo zaino ed estrasse una coperta posandomela sulle spalle.
"Dalla città non si vede nulla."
"Ci sono troppe luci. Ora è davvero fioca. Vedrai quest'inverno come sarà più forte. Se sarai fortunata la vedrai anche da casa. Quanti anni avevi quando sei partita da qui?"
"Cinque."
Gli confidai stringendomi addosso la coperta.
"Non l'avevi mai vista?"
Scossi la testa.
"No. Mio padre era un alcolizzato e mia madre non poteva uscire di casa. Era molto geloso. Da piccoli non facevamo granché. Era una situazione.. Complessa."
Fece un cenno con la testa.
"Mi dispiace."
Sorrisi.
"Non dovresti."
"Mia madre è morta in un incidente stradale."
Sputò fuori allora lui. Lo disse velocemente come se non volesse ascoltare le sue stesse parole.
"Mia sorella è più piccola di me di tre anni. Abita a Londra con mio padre e studia. Mio fratello invece lavora per la banca nazionale, è spesso all'estero. Io vivo solo."
Lo guardai e mi accorsi che il suo sorriso non era così sincero in quel momento.
"Con mio padre ho un pessimo rapporto. Lui è difficile. Odia ogni cosa che faccio. Odia che studio medicina, che respiro.."
Ridacchiò ma lo sentii sospirare subito dopo.
Mi avvicinai di un passo a lui e le nostre braccia si sfiorarono.
"Per fortuna bastiamo a noi stessi."
Sussurrai.
Fu il suo turno di osservarmi.
"Siamo davvero fortunati."

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