7. Ma l'Islanda non aveva una criminalità bassa?

53 9 1
                                    

Venerdì

Aisha e Duna stavano per arrivare mentre Eyvar era uscito da oltre un'ora con qualche suo amico che non conoscevo e del quale non aveva voluto raccontarmi nulla.
Si stava comportando in maniera misteriosa da quando eravamo arrivati e faticavo a capirne il motivo. Ci eravamo sempre raccontati tutto perché così era il nostro rapporto ma potevo capire che forse, a vent'anni, iniziava ad avere bisogno del suo spazio.
Non ero totalmente pronta per questo ma lo stavo accettando perché così era giusto.

Avevo comperato una bottiglia di vino nonostante io non bevessi ed ero pronta per la mia prima serata tra ragazze in Islanda.
Gli studenti solitamente si incontravano alla "Fabbrica" il fine settimana, una sorta di pub sociale, ma Aisha aveva alcuni problemi ad uscire a causa dei suoi genitori e temeva che suo fratello facesse la spia.
Avevamo dovuto ripiegare su un piano di fortuna per permetterle di uscire quella sera ma onestamente andava bene anche così. La settimana era stata pesante e non mi sentivo totalmente ambientata. Inoltre, non mi dispiaceva l'idea di non dover incontrare Finn.
Se fossi stata in Spagna non avrei avuto dubbi su cosa fare quella sera; il fine settimana significava party a casa di qualcuno o in un qualche locale.
Solitamente Eyvar veniva con me e finiva ogni volta a casa di qualcuno di diverso così da farmi preoccupare finché non rispuntava.
Mi mancavano i miei amici e le mie abitudini. Dovevo ricostruire tutto ora e questo significa un buon dispendio di energie.
Qualche volta mi chiedevo se non sarebbe stato tutto più facile se solo fossimo rimasti a Siviglia ma d'altronde avevamo compiuto la nostra scelta, come degli adulti, e ora non ci restava che provarci.

"Ciao Ina." Duna si mise a saltellare mentre entrava in casa.
Si tolse le scarpe lanciandole in un angolo e con un grosso "wow" si mise ad ispezionare la casa.
"Ciao." Aisha mi buttò le braccia al collo seguendoci in sala.
"Mi dispiace avervi impedito di uscire. Quello stronzo di Al andava sicuramente alla Fabbrica questa sera. Mio Dio che palle questa storia"
Stappai la bottiglia di vino e porsi due bicchieri alle mie amiche sedendomi su un cuscino indiano che mia madre mi aveva portato dal Kashmir.
"Com'è che lui può uscire e tu no?"
Chiesi allora io con tono acido. Quanto odiavo queste situazioni.
"Lui è un uomo e io una donna."
"Questo lo vediamo." scoppiò a ridere Duna allungando le gambe e stiracchiandosi.
"La nostra cultura talvolta è complessa. Mamma e papà sono molto rigidi. Temono che non troverò mai marito se non mi comporto in maniera impeccabile."
Il suo volto si rattristò per un momento e le toccai un braccio preoccupata.
"Non è così importante avere un marito. Noi donne bastiamo a noi stesse. Possiamo anche stare sole."
"Dillo a loro."
Rispose la mia amica.
"Io non riuscirei a stare sola."
Confidò Duna scuotendo la testa.
"Appena avrò finito di studiare sarà diverso. Non dovranno più mantenermi e potrò vivere come voglio."
"Sempre se non ti obbligano a sposarti un qualche buzzurro."
Duna intervenne di nuovo nella conversazione non curante del peso delle sue parole.
Aisha la guardò male dandole una spintarella e poi continuò seria.
"No, non sono così stupida. So di avere dei diritti in questo stato e non gli permetterei di farmi una cosa del genere. Quando avrò i miei soldi, andrò a vivere da sola a costo di perdere la mia famiglia. Voglio solo crearmi il mio futuro e la mia persona. Mi capite? Vorrei solo essere libera di fare le mie scelte e i miei sbagli."
"Sì, la libertà è giusta. Io invece se dovessi esprimere un desiderio, ma uno profondo che viene dal cuore, vorrei che le persone intorno a me fossero sempre felici. Così Aisha non dovrei più vederti così triste, perché non lo meriti proprio." Replicò Duna sorridendo pensierosa e toccandosi il mento con un dito.
"È un bel pensiero. Davvero, ma che cos'è la felicità per te? Non pensi che noi abbiamo una grande influenza su ciò che ci circonda e su chi ci circonda? Alla fine, il potere di decidere spetta a noi anche se questo può avere conseguenze molto forti. Ma lo dobbiamo a noi stesse. Abbiamo il diritto e l'obbligo di provare ad essere felici."
Ribattei alla mia amica cercando di analizzare le sue parole.
"Certo, ne sono sicura. Per esempio io e Gils ci influenziamo a vicenda. Lui è in grado di cambiare le mie giornate in positivo. Ma se la tristezza diventa malattia non puoi farci nulla e se chi hai accanto è ammalato non puoi che diventare triste anche tu."
Rimasi di sasso a quelle parole. Sapevo bene cosa intendesse, mamma aveva avuto parecchie crisi nell'arco degli anni e anche mio fratello entrava e usciva da picchi depressivi molto alti. Entrambi erano in cura da sempre per quanto riguardava la loro salute mentale ed effettivamente, era difficile provare ad essere felici quando il tuo cervello non funzionava in tal senso ma ti remava contro.
Sapevo quanto potesse essere doloroso convivere con qualcuno che stava male perennemente per qualsiasi cosa e che non riuscisse a vedere il bello di nulla. Ti toglieva qualsiasi energia.
"Mia madre soffre di depressione. È così da sempre, nonostante la vita sia stata generosa con lei. Nonostante abbia me e mio padre che la ama tanto.."
Spiegò Duna diventando triste e abbassando lo sguardo.
Si asciugò una lacrima con la mano e poi alzò lo sguardo sorridendo nuovamente come se nulla fosse.
Aprii la bocca per dirle qualcosa ma con un gesto della mano mi fece segno che non era nulla di grave.
"Scusate, ora mi riprendo. È che non stava molto bene quando sono uscita di casa. Cambiamo argomento vi prego."
"E tu cosa vorresti?" Domandò Aisha riempiendosi di nuovo il bicchiere e cercando di spostare l'attenzione su qualcos'altro.
Trassi un respiro profondo.
Cosa volevo?
Tranquillità.
Serenità.
Pace.
Volevo che mio fratello fosse felice, che mia madre ci amasse un po'di più e fosse più presente.
Anzi, volevo cancellare il passato e riscriverlo. Togliere mio padre da ogni immagine e disegnare una famiglia felice che non ha bisogno di fuggire da un paese all'altro perché non si sente bene da nessuna parte.
"Vorrei essere accettata per quello che sono." Conclusi alla fine rendendomi conto che era l'unica cosa che davvero mi mancava.
"Come siamo finite in questo cerchio di tristezza?" Domandai in fine scoppiando a ridere.
"Colpa dei miei genitori. È sempre colpa loro!"
Scoppiò a ridere Aisha alzando gli occhi al cielo.
"E anche tua!" urlò Duna tirando una cuscinata alla sua vicina.
Nel giro di pochi istanti ridevamo come pazze tirandoci addosso i cuscini.
"No Ina, abbiamo rovesciato il vino!"
Corsi in cucina afferrando la carta per asciugare il pavimento e Duna prontamente mi diede una mano per togliere la chiazza immensa di vino che si era formata per terra.
Fortunatamente non avevamo il parquet.

"Lascio mia sorella da sola per un'ora e guardate che combina. Macchie di vino ovunque."
Constatò Eyvar mentre faceva la sua entrata teatrale camminando come se fosse in passerella.
"Eyvar! Sono così felice tu sia qui."
Duna gli saltò praticamente in braccio e quel maledetto le diede un bacio a stampo prima di farle fare un piroetta.
"Ecco qui la mia bambolina preferita."
Restai a bocca aperta per alcuni istanti chiedendomi quando si erano frequentati quei due per aver creato quel genere di rapporto ma lasciai perdere. Mio fratello riusciva a connettersi con le persone meglio del nostro WiFi di casa.
"Puzzi di erba in maniera terrificante. Hai fumato?" Gli domandai girando gli occhi al cielo.
"Ma senti che bacchettona. Mi ricordo diverse volte a Siviglia in qui mi strappavi la canna di bocca per finirtela tu. Non fare quel tono con me." Mi minacciò alzando il dito e puntandomelo contro.
"Ne hai un po' per noi?" Chiese Duna speranzosa.
"Per te trovo tutto ciò che desideri."
"Eyvar! Smettila subito!"
Si allontanò da lei sedendosi su un cuscino a prendendo il mio bicchiere di rosso, l'unico uscito illeso dalla guerra.
"Ragazze, abbiamo un emergenza. Mia sorella non si diverte più. Si è trasferita e ha dimenticato la sua parte simpatica a Siviglia. Che facciamo?"
Urlò mettendosi inorridito le mani davanti alla bocca e facendo scoppiare a ridere le altre due.
"Rendetevi conto, addirittura un ragazzo pazzesco ci prova con lei e lei lo rifiuta."
Aisha scosse la testa.
"Tuo fratello potrebbe non avere tutti i torti. Finn è molto bello. Io valuterei l'idea di divertirmi un poco."
Mi fece notare tranquilla.
Mi risedetti accanto a loro ridendo.
"È vero. È proprio bello da fare schifo." Confermai facendo urlare i presenti di gioia.
"Ma è vuoto." affermai facendo ammosciare la festa.
"No, non lo è. Forse è colpa mia che ti ho messo subito in guardia da lui dandoti una brutta impressione. In realtà Finn è un buon amico, sempre presente, protettivo e leale. Io credo si senta un poco solo e poi la sua vita sentimentale è affar suo. Però è una bella persona."
Eyvar si accese la canna aspirando forte il fumo.
"La vicenda si fa interessante.."
Gliela strappai di mano tirando forte e sentendo subito il mio corpo rilassarsi.
"Forse, ma non mi fido di lui quindi no, non ci uscirò e continuerò a rifiutarlo."
"E chi si fiderebbe? Ho visto uscire Finn con ogni ragazza della scuola. Anzi, della fottuta Islanda ma d'altronde direi che fa bene."
Scoppiai a ridere di gusto alle parole di Aisha ormai in preda alle conseguenze dell'erba.
Duna fece un paio di tiri tossicchiando e me la passò di nuovo.
"Chi era la ragazza che era con lui al bar?"
Chiesi allora curiosa.
"Che ragazza?" Chiese mio fratello interessato.
"Marjia? Una sua grande amica."
"E bacia in bocca ogni amica che ha?"
Replicai a Duna.
Lei alzò le spalle.
"Io non ho mai avuto questo piacere.."
Alzai le spalle. Erano affari suoi d'altronde.

All'improvviso un coro di gattini miagolanti si levò all'interno del nostro salotto.
"Ma che cazzo.."
Ci guardammo intorno finché Duna non estrasse il telefono dalla tasca rivelandoci quale era il suono della sua suoneria.
Io guardai Aisha e poi Eyvar e tutti e tre scoppiammo a ridere come forsennati lasciandoci cadere sul pavimento, ormai sotto effetto pieno dell'erba.

"Ciao amore!" urlò Duna cercando di sovrastare le nostre risate poco discrete.
I suoi occhi si sgranarono e il buon umore svanì completamente nel giro di pochi istanti. Si tappò la bocca con la mano e i suoi occhi si riempirono di stupore e lacrime.
"Arrivo subito."

Just breatheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora