1. Islanda femminista

158 8 0
                                    

"L'Islanda può essere definita il paese più femminista del mondo." 
Continuai imperterrita a raccontare a mio fratello mentre faceva finta di russare.
"Nel 2010 sono stati vietati gli strip club poiché ledono la dignità del corpo delle donne "
"Dio Ina, e quindi che lavoro farai ora?"
Scoppiai a ridere dando una gomitata nel costato di Eyvar che mi spintonò verso il finestrino dell'aereo.
"Un po' di pace, voi due!"

Una signora di mezza età si sporse verso di noi minacciandoci con il dito e guardandoci male. Era da quando eravamo decollati da Londra che ci rimproverava per il baccano che facevamo e mio fratello ovviamente, da persona discreta quale era, stava facendo il massimo per rendere quel volo aereo impossibile a tutti.
"Ma sono anche gay friendly?" Domandò strappandomi di mano l'opuscolo ed iniziando a cercare una pagina che parlasse di questa tematica.
"Certo che lo sono!"
"Più che in Arabia Saudita di sicuro."
Eyvar si fece improvvisamente serio e sapevo bene che questo significava solo una cosa, si era rattristato.

Nostra madre lavorava per l'ambasciata islandese. Dopo aver trascorso i prima anni della nostra vita a Reykjavik, aveva accettato un incarico importante fuggendo da quella terra e soprattutto da nostro padre.
L'ultimo anno lo avevamo passato a Siviglia tra la sangria e le tapas quando una sera di poche settimane prima ci aveva dato la buona notizia.

"Mi hanno dato un incarico in Arabia Saudita!" Aveva esclamato alzando le mani al cielo e facendo un balletto.
io ed Eyvar ci eravamo semplicemente guardati negli occhi silenziosamente aspettando che smettesse di saltellare da una parte all'altra della casa.
"Mamma, stai esagerando con gli aperitivi. Credimi, siamo i tuoi figli e ti amiamo al di sopra di ogni cosa. Io e Ina siamo ben contenti che hai ripreso a vivere, ma ti prego, non puoi bere così tanto da pensare che il tuo figlio gay si possa trasferire in un paese dove quelli come me li attaccano per le palle."
Scoppiò a ridere della sua battuta guardandomi in cerca di supporto, ma conoscevo bene mamma e avevo capito da un pezzo che non stava scherzando.
"Io!" aveva iniziato ad urlare tremando "Io ho rinunciato a tutto per voi. ho avuto una gravidanza infernale e non avete idea di cosa sia un parto gemellare. Ho sopportato vostro padre e le sue minacce, l'alcool, la solitudine.. Ho rinunciato al mio lavoro e vi ho dato tutto.. E ora voi mi negate la felicità?"

In seguito era scoppiata in lacrime uscendo di casa e tornandoci solamente due giorni dopo con un grande sorriso stampato in volto e un biglietto aereo per Dubai, dove avrebbe trascorso una settimana di vacanza prima di recarsi verso l'ambasciata.

Eyvar aveva ragione, non poteva passare dalle Gay Pride di Madrid a un paese così rigido e certamente nemmeno io ne avevo una grande voglia.
L'unica soluzione era tornare dove eravamo nati e dove una casa di nostra proprietà ci aspettava senza dover versare nessun affitto.
Mamma guadagnava molto bene e compensava il suo scarso affetto fisico e la sua scarsa presenza emotiva con generosi assegni mensili.

"Siete grandi bambini miei." ci aveva detto mentre ci accompagnava all'aeroporto e sorrideva a quei due figli ormai ventenni.
"Prendete il volo e fate della vostra vita un capolavoro"
E così ci eravamo ritrovati su due voli completamente diversi che si dirigevano in due angoli del mondo completamente diversi. D'altronde, erano quindici anni che la seguivamo in ogni suo spostamento adattandoci alle situazioni più assurde, perdendo continuamente amici e conoscenti. Forse era giunto il momento in cui io e mio fratello ci costruivamo una vita e una stabilità, anche se questo ci faceva paura da morire.

"Hey, se lo dici ad alta voce fa meno male.." Sussurrai all'orecchio di mio fratello prendendogli la mano e baciandogli il palmo.
Mi scostò una ciocca di capelli color miele sorridendo a quelle parole che ci eravamo ripetuti spesso nella vita.
"Se non ci fossi tu, sarebbe stato tutto quanto un inferno. Non so se ce l'avrei fatta."
"Ma io ci sono. Sempre.."
"E per sempre." Finì lui la frase spingendomi di nuovo verso il finestrino. "Troppe effusioni. Non vorrei far ingelosire il mio fans club maschile presente sull'aereo."
La signora accanto a noi ci lanciò un'altra occhiata accigliata beccandosi una linguaccia in risposta.
Ridacchiai sentendo un gran tuffo al cuore. Fra i gemelli il legame era molto intenso,  a tratti ci sembrava di essere una persona sola. La sua sofferenza era anche la mia così come la sua gioia.
Fra i due, mio fratello era senza ombra di dubbio il più fragile e il più sensibile e il fatto che mamma avesse scelto di partire in ogni caso, che si fosse liberata di nuovo di noi come se fossimo scarpe vecchie, lo faceva stare peggio di ciò che lasciava trapelare.
Eravamo sempre stati un peso per lei. Significavamo rinuncia, rappresentavamo il momento più buio della sua vita, quello passato accanto a papà e per lei il fatto di poter ricominciare a vivere senza questa zavorra era liberatorio anche se odiava ammetterlo. Lei ci amava follemente ma nel modo in cui era capace a fare.
Aveva conosciuto papà che era una ragazzina e si erano sposati diciottenni. Aveva passato anni infernali con lui che non le permetteva di fare nulla a causa della sua gelosia feroce.
Per fortuna, le aveva concesso di continuare a studiare perché una moglie stupida non la voleva e quella era stata la sua salvezza, così come la nostra.
Mia madre aveva iniziato a vivere che aveva ormai trent'anni e ora non riusciva più a rinunciare a nulla.
Potevamo fargliene una colpa? Forse no. Potevamo essere arrabbiati con lei però per tutte le ripercussioni che ci aveva fatto vivere.
Non era stato facile crescere con Marilene. Non erano stati facili i suoi sbalzi emotivo, i suoi ritardi per gli auguri di compleanno, i Natali da soli e lo scarso supporto emotivo.

"Allacciatevi le cinture, siamo pronti ad atterrare."
Una Hostess ci passò accanto risvegliandomi dai miei pensieri ed Eyvar la chiamò.
"Eva.." iniziò leggendo il suo nome sul cartellino legato al petto. "Io e mia sorella stiamo per tornare a casa dopo una lunga assenza. Saremo soli questa volta e siamo piuttosto spaventati. Lei mi sembra una donna molto dolce oltre che bella e quindi la prego, un favore."
La donna sorrise studiando incuriosita mio fratello e i suoi modi di fare.
"Ci dica cosa ama dell'Islanda."
Scoppiò in una fragorosa risata osservando prima uno e poi l'altro.
"Ci sono solo belle cose in Islanda, solo belle vibrazioni."
Trattenni la risata a stento guardando le nuvole al di fuori del finestrino, consapevole che ciò che Eva aveva appena detto, avrebbe avuto ben altra interpretazione da parte di Eyvar.
"Oh mio Dio Ina, hai sentito? Le vibrazioni!" 
Alzò le mani in alto facendole vibrare e scoppiando in una fragorosa risata.
"Smettila subito, non voglio sapere nulla di ciò che sta passando in quella testa. Non dire una parola!"

"Ci sono ben 8 gradi a terra in questo momento. È una giornata soleggiata di fine agosto e fra una settimana incominceremo l'università. Esprimi un desiderio sorellina!"
Pensai attentamente a quelle parole. Ci eravamo trasferiti così tante volte nella nostra vita.
New York, Parigi, Marocco, Budapest, Pechino.. Così tante volte da non poter instaurare mai un legame duraturo, da non poterci mai sentire a casa da nessuna parte..
"Vorrei che questa volta fosse diverso." conclusi mentre l'aereo iniziava a scendere provocandomi il solito mal di pancia.
"Io vorrei tante vibrazioni come non le ho mai sentite in vita mia!" 

Just breatheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora