"Finn?"
Chiesi sorpresa osservandolo dal divano sul quale ero mezza deceduta.
Mi si mozzò il respiro in gola e per un istante provai un mix di sentimenti sconosciuti.
Non me lo aspettavo proprio di vederlo lì e non capivo se fossi imbarazzata, incazzata o felice.
"Finn."
Disse Eyvar voltandosi verso di me con un'espressione strana sul volto.
Finn alzò la mano per salutare, sembrava totalmente a suo agio nonostante c'era dell'evidente tensione nella stanza.
"Posso entrare?"
Chiese facendo un passo avanti ma mio fratello gli sbarrò la strada.
"Può entrare?"
Si rivolse poi a me.
"Certo che può entrare Eyvar."
Alzai gli occhi al cielo. Mio fratello viveva in un film alle volte.
Finn si fece avanti, tolse le scarpe da ginnastica all'entrata e poi si avvicinò a me.
Era alto e occupava un buono spazio all'interno della stanza. Era imponente e sicuro di sè e trasmetteva qualcosa con i suoi movimenti, qualcosa di difficile da descrivere.
"Stai meglio?"
Mi chiese avvicinandosi e solo allora mi resi conto che dovevo essere in condizioni pietose.
Per fortuna, mi ero fatta la doccia e avevo persino lavato i capelli quel pomeriggio che ora se ne stavano raccolti in una treccia laterale bella profumata.
Gli sorrisi.
"Insomma."
Sorrise anche lui mentre si sedeva sulla poltrona di fianco a me.
I miei occhi si spostarono nervosi verso Eyvar che ci fissava dalla porta.
"Ciao, divertiti questa sera. Non bere troppo."
Lo invitai ad andarsene.
Era inquietante come ci osservava.
Eyvar rimase in silenzio qualche istante e poi..
"Mi stai buttando fuori?"
I gemelli. Dicevano che erano connessi da un filo invisibile e che potevano percepirsi l'uno con l'altro in ogni situazione.
Non era così nel nostro caso. Mio fratello aveva bisogno di un disegno scritto per interpretare i miei sentimenti.
"Sì, dai vai a divertirti e ci vediamo dopo."
Mi fece una smorfia e poi afferrò il suo cappotto deciso a seguire il mio consiglio.
"Me ne vado solo perché è ora e Duna mi sta aspettando, non perché me lo dite voi due. Sia chiaro."
Finn ridacchiò.
"Vi saluto belli!"
Tuonò prima di chiudersi la porta alle spalle.
"Tuo fratello è proprio bizzarro."
Sorrisi con poca convinzione.
Mio fratello stava iniziando a vacillare e sapevo a cosa potevamo andare incontro.
Ero terrorizzata da questo.
"Che succede? È un sorriso triste quello che vedo?"
Sospirai.
"Forse. Sono successe un po' di cose mentre.."
Mi fermai a riflettere.
"Tu dove eri?"
Finn sospirò forte ed iniziò a guardarsi le mani.
"Scusami, sono stato molto poco presente."
Non aggiunse altro e ciò mi irritò un poco così come mi irritò il constatare quanto la sua assenza fosse più rumorosa della sua presenza.
"Okay. Stai bene?"
Ci pensò un attimo.
"Sì, certo. Io sto sempre bene."
Mi fece un sorriso falso e il gelo cadde tra di noi, per la prima volta in imbarazzo entrambi da quando ci conoscevamo.
"Vuoi parlarne?"
Finn mi guardò con aria interrogativa.
"Della palla che mi hai appena rifilato intendo. Non stai bene e si vede."
Finalmente spuntò un sorriso sincero sulle sue labbra.
"Non lo so. Non ho una grande forza mentale per affrontare il tutto ora."
Feci un cenno con la testa.
"Puoi dirmi almeno se sei nei casini? Milo?"
Finn scosse forte la testa.
"No, niente di tutto questo. Cose famigliari."
I miei occhi si ancorarono ai suoi quando disse quelle parole.
Sapevo che la sua famiglia era incasinata quanto la mia e che c'era molta sofferenza dietro tutto questo.
"Okay. Mi dispiace. Lo capisco."
Non ero totalmente sincera. Non volevo mi raccontasse cose che non voleva affrontare ma per lo meno, pretendevo mi facesse sapere che stava bene anche se sarebbe stato assente per un po'.
Finn sorrise e poi cambiò posto, passò dalla poltrona al divano e si sistemò accanto a me.
Alzai le ginocchia e le portai alla vita abbracciandole, cercando di farmi da scudo da quel mix di emozioni che provavo.
Avrei voluto urlargli addosso che mi aveva fatta stare male anche se nemmeno io sapevo spiegarmi il motivo, che era praticamente sparito e non me lo meritavo.
Io non volevo provare quelle emozioni, non volevo essere sopraffatta da esse.
Lui non aveva il dritto di farmi stare così.
Eppure rimasi zitta.
Finn mi passò un braccio sopra alle spalle e allungò le sue gambe mettendo i piedi sul tavolino.
"Sei arrabbiata perché sono stato poco presente?"
Mi chiese allora.
Scossi forte la testa.
"No, certo che no. Avresti potuto dirmi che avevi delle cose da sbrigare però. Ero.."
Ridacchiai.
"Che c'è?"
Domandò allora lui.
"Eyvar insinuava che tu avessi un appuntamento con un'altra ragazza e che fossi sparito perché non.."
Ti interessavo più io.
Non proseguii la frase, non volevo pronunciare quelle parole.
"Insomma, non capivo cosa stesse succedendo perché fra di noi non c'è nulla e tu non hai obblighi quindi se tu volessi uscire con un'altra potresti dirmelo senza sparire. Credevo che tu mi stessi prendendo in giro."
Finn si grattò la testa pensieroso.
"A che pensi?"
Si era incupito in volto.
"Penso che ancora non ti fidi di me e ancora cerchi di spingermi via con frasi come queste. Non è vero che non c'è nulla tra di noi. Sono qui. Sono qui da settimane. Non voglio che tu sminuisca tutto questo."
Aprii la bocca per ribattere ma mi interruppe.
"E vorrei che tu non credessi ad ogni voce che senti. Vorrei che ti confrontassi con me."
Feci un cenno d'assenso.
"È difficile se sparisci."
Sorrise alle mie parole.
"Vero."
Strinse più forte la mia spalla costringendomi ad appoggiarmi su di lui.
Non che io opposi resistenza.
Era bello riavere quel contatto fisico nonostante in quel momento lo ritenessi sbagliato. Non volevo fargliela passare liscia, lasciarmi abbindolare senza nessuna spiegazione. Provai a spostarmi da lui ma lui strinse la presa per non farmi allontanare.
"Anche tu mi hai rifilato una palla. Sei arrabbiata, lo sento."
Sussurrò.
Sorrisi.
"Sbaglio ad esserlo? Lunedì siamo usciti, sei venuto qui a casa mia e poi non ti sei più fatto vedere, quasi nemmeno sentire. Mi sono passati in testa mille pensieri."
Confidai finalmente onesta facendolo sussultare.
"Scusa."
Scossi la testa.
Quel giorno non mi bastava. Non se la sarebbe cavata con delle semplici scuse. Mi stava tagliando fuori dalla sua vita e così io non avevo modo di capirlo.
Non potevo annientare personalità uno che continuava ad urlare nelle mie orecchie quanto fossi ingenua per credere che un custode ci avrebbe messo in prigione e che Finn non avrebbe giocato con me.
Prima che potessi dire ad alta voce quei pensieri lui prese parola.
"Mio padre è in città. È tornato senza nessun tipo di annuncio e me lo sono ritrovato qui. Quando mio padre è nei paraggi le cose vanno male. Non mi va di parlarne."
Lo sentii agitarsi anche se non potevo più vederlo e quindi cercai la sua mano stringendola forte, ancora una volta pronta a consolarlo senza fare troppe domande.
"Se ne è andato ora?"
Chiesi allora. Lo sentii scuotere la testa e il suo silenzio mi scheggiò il cuore.
Potevo percepire la sua tristezza e quanto questa situazione lo mettesse a disagio.
"Resta fino alla partita di sabato. Così può darmi il suo giudizio su quanto stia facendo male tutto."
Rimase in silenzio per molto tempo dopo questa frase.
"Okay. Non parliamone più. Puoi stare qui quando vuoi in ogni caso, così non sei costretto a vederlo."
Sussurrai.
Finn mi baciò i capelli.
"Grazie. Credi che Eyvar sia d'accordo? Mi sembra che inizi ad odiarmi."
Fu il mio turno di sospirare.
"Eyvar è bipolare."
Sganciai la bomba sentendo la terra tremarmi sotto i piedi.
Finn smise di muoversi, persino di respirare.
"Ha avuto molti più periodi in down rispetto che in up. All'inizio si pensava fosse depressione la sua, poi ha avuto il suo primo episodio maniacale. È stato terribile. Mamma se ne è lavata le mani e Eyvar faceva cose folli. Spendeva ogni centesimo, prendeva droghe, non si fermava un istante."
"Merda.."
"Ne è uscito con il farmaco e si è stabilizzato a lungo. Ora con tutti questi cambiamenti.. Non lo so. Sto rivedendo in lui la stessa follia di allora."
"Credi stia avendo un episodio maniacale?"
Trattenni il respiro qualche istante.
"Sì, credo che ci siamo vicini."
"Il farmaco?"
Sbuffai.
"Quando arrivano questi momenti inizia a smettere di assumere le pillole, soprattutto perché in mania si sta molto meglio che in depressione quindi sembra quasi logico lasciar andare le cose."
"Che può succedere di brutto? Hai appena detto che stava meglio o sbaglio?"
Ridacchiai spostandomi da Finn per guardarlo.
"È un illusione. In mania Eyvar distrugge tutto. Diventa violento, irascibile, fuori controllo. Può prendere un aereo e trovarsi in Messico ad aiutare un narcotrafficante o fare la gara in autostrada rincorrendo le macchine per vedere chi va più veloce. Quando passa, quando se ne va la mania e lui torna lucido rendendosi conto di cosa ha fatto.."
Scossi la testa sentendo il labbro tremare.
"È un disastro."
Misi le mani davanti agli occhi per non fargli vedere che stavano diventando lucidi.
Finn allungò la mano per spostarmele.
"Non vergognarti con me. Puoi farmi vedere qualsiasi versione di te stessa."
Scossi la testa e presi un respiro profondo.
"Ho bisogno di fermarmi. Di trovare casa, stabilità, concretezza. Questa è la nostra occasione, se dovessimo fuggire.."
Finn boccheggiò.
"Fuggire? Perché? Eyvar ha una patologia, non deve scappare né vergognarsene."
Alzai le spalle.
"Perché quando distruggi tutto ciò che hai intorno puoi solo andare via."
Appoggiai la testa sul cuscino del divano e Finn mi scostò una ciocca di capelli sfuggita alla treccia.
"Allora non permettiamogli di arrivare fino a lì."
Sorrisi di nuovo.
"Ho il contatto di uno psichiatra ma non sarà facile. Mio fratello non è per nulla collaborativo."
"Non sei sola."
Sentii il cuore spezzarsi a quelle parole.
Ero sempre stata sola.
Mamma non aveva mai avuto la forza di esserci in quei momenti e ogni responsabilità cadeva su di me.
Avevo sempre provato la sensazione di essere immersa nell'acqua fino al collo e di stare per annegare ma di non potermelo permettere perché tutto dipendeva da me.
Nessuno mi aveva mai lanciato un salvagente.
Finn me ne stava dando uno, anche solo a parole, era di conforto.
"Scusami. Avrei dovuto dirti perché ero impegnato e ti stavo trascurando. Ti sarà sembrato strano dopo lunedì sera."
Lo osservai intensamente.
"Puoi prenderti i tuoi spazi. Fallo solo in modo diverso. Mi sto fidando di te, ti sto dicendo cose che non dico a nessuno. Odio avere la sensazione di poter essere presa in giro. Non darmi modo di dubitare di te."
In quel momento Finn avvicinò il suo viso al mio e mi stampò un bacio sulla guancia.
"Darai un occhio a mio fratello alla festa?"
Sorrise.
"Io non vado alla festa."
"Perché?"
Domandai sorpresa.
"Resto qui con te a guardare un film."
Risi.
"Che palle. Io non posso offrirti molto. Continuo a dormire e sono poco socievole. Esci, ti divertirai di più."
Scosse la testa.
"È uscito un film di zombi."
"Adoro i film di zombi!"
Lo interruppi subito e lui si mise una mano sul cuore.
"Lo sapevo!"
Sembrava realmente entusiasta.
"Sei sicuro? Mi dispiace farti stare in casa. Ci saranno tutti i tuoi amici."
Si alzò per prendere il telecomando e io gli feci segno con la mano di andare verso la credenza. Tornò con un pacchetto di patatine.
"Qui ci sei tu e voglio stare con te. Ho trascurato abbastanza la mia splendida amica per questioni superficiali che non mi conducono da nessuna parte. Rilassiamoci."
Sorrisi appoggiandomi di nuovo al cuscino.
Finn si sistemò accanto a me e mise un cuscino sulle sue ginocchia battendoci sopra per farmi appoggiare a lui e io lo feci con tutta la naturalezza che non credevo di avere.
"Sei pronta?"
Mi domandò allora lui.
No, non ero pronta a tutto questo.

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Just breathe
ChickLitUn libro che parla semplicemente di rapporti umani e relazioni. In un paese avanzato come l'Islanda, quanti problemi possono avere dei giovani adolescenti? Tra amore e amicizia, sentimenti profondi, pianti, crescite e parole dette col cuore. Just Br...