If I could ||

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Aurora

La gran parte delle mura esterne ed interne della cascina erano crollate, i mattoni erano ben visibili sotto l'intonaco quasi del tutto assente. 

Io e John entrammo senza farci problemi, non c'erano porte o catene ad ostacolare le nostre intenzioni, le finestre erano senza vetri e avevano le imposte in legno del tutto fatiscenti, decadenti. 

L'interno della struttura era completamente spoglio, dopotutto era già un miracolo che continuasse a reggersi in piedi. 

Jonathan incespicò su una bottiglia di birra, chissà da quanto tempo abbandonata in questo posto, l'aiutai a non finire faccia a terra trattenendolo per un braccio e poi lo lasciai andare. 

Mi sentivo a pezzi!

Così misi le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, lui si appoggiò di schiena ad una parete ed iniziò a scivolare verso terra.

Mio marito trovò rifugio fra la polvere e le macerie, sopraffatto dalla stanchezza. Lo sentii tirare un sospiro di sollievo mentre si passava la mano libera tra i capelli in disordine, l'altra continuava a stringere la pistola per precauzione. Tremava visibilmente. 

Lo raggiunsi e mi accoccolai contro il suo fianco destro per infondere coraggio ad entrambi. 

E lui mi accolse e mi cinse le spalle con un braccio depositando un leggero bacio fra i miei capelli, che apprezzai moltissimo. 

I nostri cuori battevano forte e all'unisono, ora. Eravamo ancora parecchio scossi per quanto era accaduto. Ogni vena del nostro corpo era attraversata da così tante e violente emozioni, sensazioni, che non avevamo voglia di aprir bocca. 

Almeno non ancora. Non era necessario. Bastavano i nostri respiri.

Poggiai il capo contro una spalla di John e alzai lo sguardo verso l'alto. Grazie ad un ampio squarcio nel tetto potevamo ammirare il cielo stellato di quella notte, che ci regalava anche una straordinaria porzione di luce lunare a nostra completa disposizione. 

Era bellissimo ritrovarsi ad ammirare il bagliore delle stelle in silenzio, lontani dal caos della città, seduti l'uno accanto all'altra. Al sicuro. 

Non avevamo bisogno d'altro in quel momento per riprenderci dagli ultimi eventi, per allontanare la paura, per non pensare a quel che avevamo fatto...

Forse, Jonathan aveva ucciso quei ragazzi! E ancora non sapevo come avrebbe reagito!

Aveva fatto tutto quel che si era trovato a fare per legittima difesa, ovvio, ma spezzare vite era sempre un  orribile faccenda. Non poteva lasciarti indifferente, era qualcosa che aveva il potere di cambiarti da dentro. Per sempre.

E la Giulietta era saltata in aria... 

Troppe cose erano accadute, tutte troppo in fretta. Non c'era stata data la possibilità di assimilarle, cambiarle, mutarle, evitarle.

Con sguardo stanco diedi anche un'occhiata in giro soffermandomi su una scala senza corrimano dai gradini in pietra, completamente in rovina. Era stata costruita appena fuori quel che un tempo sarebbe dovuto essere l'ingresso, avrebbe dovuto condurre al primo piano e al tetto, che ormai non esistevano più.

Dell'edera si arrampicava e si attorcigliava su se stessa intorno ad alcune pareti, negli angoli, alle finestre. Donava un'aria di mistero, un'atmosfera horror, come se questa cascina potesse essere stregata.

Rabbrividii.

Ora che avevamo smesso di correre, non faceva più così caldo. Era il primo di Luglio, ma la notte era fresca. Un leggero venticello, che scuoteva il boschetto tutt'intorno a noi, faceva venir la pelle d'oca sulle braccia. 

Sei la mia luce - Trilogy of forgiveness Vol. 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora