CAPITOLO 10.

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(Attenzione: leggere dal flashback fino alla fine del capitolo accompagnando la lettura con:
Christina Perri,  A Thousand Years. Buona lettura.)

Jace mi apre la portiera. Non ci posso credere, mi hanno messo un coso alla gamba, che non so neanche come si chiama, turote o qualcosa del genere..

Oh San Gilberto, TUTORE, si chiama tutore.
Ah giusto, giusto.

Il viaggio verso casa è stato fin troppo silenzioso, è come se Jace dopo il mio discorso si sia chiuso in un mondo tutto suo, una bolla. E io, non ho alcuna intenzione di scoppiarla, perchè si sa, che quando una bolla scoppia, fuoriesce il sapone e io preferirei lasciarla stare ancora un altro po'.
Arriviamo a casa e Jace mi prende le stampelle dai sedili posteriori. Eh già, mi hanno dato queste cose per camminare, come se, con una cosa che mi fa sembrare abnorme il piede, io non riesca a farlo.

Tu non sai camminare neanche senza, altrimenti non ti troveresti in questa situazione.
Ma non hai mai niente da fare te?
No.

Entriamo in casa, sempre con lo stesso silenzio tombale che, parla al posto nostro. "Ti fa male?" Mi aiuta a sedermi sul divano. "No." Mento. Tanto a lui non interessa, lo chiede solo perchè siamo costretti a vivere insieme. In effetti è proprio quello che volevano i miei genitori, ci hanno lasciato in eredità la casa e il resto.. a tutti e due. Perchè volevano che se, non saremmo riusciti a stare insieme tutti e cinque, dovevamo esserlo almeno noi tre. E quegli intelligenti hanno pensato bene che questo sarebbe stato un pretesto. Mamma lo diceva sempre e aveva ragione. "Cassie." Sospira, ma io lo interrompo. È stato tutto il tempo zitto e non può parlare proprio ora, non sono proprio in vena. "Vediamo un film?" Propongo, sperando in una risposta positiva che, arriva subito dopo un sospiro ormai arreso.
Così, si accomoda affianco a me.

Flashback:

Sono seduta sul divano a vedere la tv e mi sto annoiando veramente tanto. Così vado a vedere mamma in cucina. "Che cucini?" Mi affaccio alla porta e per poco non le viene un infarto. "Tesoro, non lo fare più" . "Scusa." Non volevo farla spaventare, volevo solo sapere che cosa sta cucinando..
"Allora me lo dici?"."Una buonissima torta, tutta per te e Jace." Sorride amorevolmente.
"Veramente mia." Rispondo con il broncio. La torta è mia punto. "Perchè tesoro? Non la vuoi condividere con Jace?" Mi guarda con la fronte  corruciata. "No, lui non sta mai a casa. Non capisco che gli importi della mia torta. Se ne stesse dov'è, non ci serve. Noi siamo una famiglia felice senza di lui." Ribatto arrabbiata.
"No tesoro, per favore." Leggo la disperazione nei suoi occhi. "Non dire queste cose.." si siede affianco a me al tavolo e mi prende la mano tra le sue. "..Non voglio dirtelo, ma lo devi sapere." Prende un respiro. "Un giorno, io e tuo padre non ci saremo più, e tu dovrai affidarti a Jace, lui è l'unica cosa importante che resterà. Promettimi una cosa, quando succederà quello che succederà.." prende un respiro con ormai le lacrime che le rigano le guance. Non mi piace vederla così, con quell'espressione sofferente dipinta sul viso. Così prima che possa continuare sciolgo le nostre mani, mi alzo e mi siedo sul suo grembo. "..Tu dovrai affidarti a lui, qualsiasi cosa succeda, io e tuo padre saremo sempre i vostri angeli custodi, t-tu.." China il capo e tira su con il naso. "T-tu promettimi questo piccolina mia, solo questo. Per favore, non sopporterei che voi due prendeste strade diverse, dovete essere sempre uniti." Ormai le lacrime scorrono liberamente sulle nostre guance e io non riesco a non godere delle sue carezze.
So quello che fanno loro, so che salvano vite.
"T-te lo prometto. Ma non piangere." Le alzo il viso asciugandole le lacrime facendole spuntare un sorriso. "Dovrei farlo io questo, tesoro. Dovrei dirtele io queste cose, io sono tua madre.." la interrompo. "E sempre lo sarai, non lo metto in dubbio. Solo, permettiti di essere debole mamma, perchè ognuno ne ha bisogno." Il suo sorriso si allarga. "Oh tesoro." Mi stringe di più a se. "Sono sicura sarai che una buona mamma." Sorrido."Si, ci sarai tu ad insegnarmi. Vero?" Nessuna risposta. Passano i secondi e niente. "No, no mamma, tu resterai sempre con me, non te ne andrai mai resterai sempre con me, vero?" Ancora silenzio. "Mamma!" Urlo. Alzo lo sguardo. Non siamo più sedute.
"Mi dispiace, tesoro. Ti voglio bene. Ricordati quello che ti ho detto." Si trova in piedi davanti a me. Ci troviamo sempre in cucina, ma questa volta siamo una difronte l'altra, lei avvolta da una luce bianca che la ricopre piano, piano e io che guardo senza fare niente. "Mamma.." sussurro. "Mamma, no." Urlo. "Mamma" inizio ad avvicinarmi. "Mi dispiace." Sussurra prima di scomparire. "Mamma." Urlo a squarciagola. "Ti prego no! Non mi lasciare, faccio tutto quello che vuoi ti lavo i vestiti, lavo i piatti. Dividerò la mia torta con Jace, lo faro. Ma ti prego ritorna. I-io.. mamma!" Mi accascio a terra dolorante. Eh si, perchè il dolore non è solo fisico, no il dolore è anche interno. E fa così male a volte, ti risucchia il cuore. "Ti prego." Sussurro ormai esausta. "No."

Mi sveglio di soprassalto. Mi guardo intorno e mi accorgo di essere in soggiorno, sul divano. Delle coperte bianche mi ricoprono fino alla vita e appena mi passo la mano nei capelli sento la mia fronte grondante di sudore. Era un sogno, solo un sogno. "Cassie, Dio mio." Jace si precipita velocemente giù per le scale. "Tutto okay?" Mi raggiunge con il fiatone.
Non riesco a rispondergli. Le immagini dei ricordi che sono riaffiorati nel mio sogno, mi infestano la mente, ripetendosi a rallentatore. Io che rido con mamma. Lei che piange. Io che la consolo e poi lei scompare. Io che urlo accasciata a terra seguita dal mio strascico di dolore che mai mi abbandona.
Lui non dice niente, si siede e inizia a cullarmi tra le sue braccia. Una piccola lacrima solitaria scende, ma non faccio in tempo a fermarla che una mano l'ha già portata via al posto mio. È quella, è quella la mano che ho stretto quando è successo quello che è successo. É quella la mano che mi ha tappato la bocca, ma purtroppo non gli occhi, per non urlare. È quella la mano che si protende sempre verso di me quando crollo e mi aiuta a rialzarmi, ed è quella la mano che ha catturato la mia lacrima portandola via da me. E io devo la vita a quella mano.

#spazioautrice.
Heii,
Che ve ne pare? Spero che capiate almeno in parte ciò che è successo. Se avete domande, riflessioni o volete chiarimenti, non esitate a commentare o contattarmi in privato. Buon weekend. A prestoo.💘

Kiss - .GV.

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