CAPITOLO 34.

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Ci sono dei momenti nella vita, in cui tutto si ferma. Tu sei solo, con le mani sudate, i movimenti impacciati e le gambe tremanti.
Il battito irregolare del tuo cuore ti giunge alle orecchie, convincendoti che prima o poi uscirà dalla gabbia toracica. Nessuno ti aiuta, poiché nessuno ti vede. È tutto nella tua testa, eppure c'è, sta succedendo e solo tu puoi salvarti, decidere di risalire in superficie e non lasciarti trasportare fino a toccare il fondo.

Convinta che sia la decisione giusta per non abbandonarmi, faccio pressione sulla maniglia, quando una voce roca giunge alle mie orecchie.

"Cassie?" Anche da qui riesco a scorgere i capelli ribelli di Jace che mi sta raggiungendo all'inizio del corridoio.

Si avvicina con il suo pigiama a mezze maniche blu. Di solito l'avrei sgridato, ma ora non mi sembra il momento.

"Che ci fai qui?" Mi raggiunge in fretta, anche se dai suoi occhi socchiusi deduco si sia svegliato ora.

"Stavo andando in bagno." Indico la porta alle mie spalle, sperando che non riconosca questo luogo.

Ma mi sbaglio, se l'ho riconosciuto io, perché non dovrebbe farlo lui?

"Quello non è il bagno." Riesco a scorgere la sua espressione confusa.

"Sai che al buio non vedo bene." Tossico lievemente.

"Ma cosa dici?" Le sue parole sono susseguite da uno sbadiglio.

"Lascia stare." Lo supero. "Vado a dormire." Cerco di non voltarmi, ma non ci riesco. Questo posto è come un richiamo per me. È come se fossi un marinaio incantato dal dolce suono della voce di una sirena ammaliatrice. Il mio sguardo si gira ancora una volta verso quel posto dannato. Ma il contatto visivo non dura molto, poiché il mio piede si incastra alla scatola che ho avvistato prima e sarei caduta, se le forti braccia di Jace non mi avessero afferrata in tempo.

"Possibile che devi essere sempre così impacciata?"

"Non sono impacciata. Mi manca il senso dell'orientamento." Chiarisco, facendo qualche passo indietro.

"Si, come vuoi. Vado a letto." Il ragazzo inizia a camminare, seguito da me.

Gli unici rumori udibili che risuonano nella stanza, sono i nostri piedi scalzi contro il parquet e l'orologio che produce un flebile scocco, molto fastidioso, ogni secondo.

"Buonanotte." Apre la porta della sua stanza.

"Notte Jace." Sussurro, quando entro nella mia.

I ragazzi dormono ancora con le loro espressioni serene, nei letti.

Mi stendo al fianco di Sidney, cercando di scacciare tutti i pensieri che mi girano vorticosamente per la testa.

Se Jace non fosse intervenuto e io avessi aperto la porta, cosa sarebbe successo?

Improvvisamente capisco che la mia sarebbe stata una grande cazzata.

Cosa pensavo fare lì, da sola e al buio?

Sarei seriamente riuscita a sopravvivere o sarei stata sopraffatta dai ricordi?

Quelle valigie ricche delle mie memorie infantili, si sarebbero aperte davanti ai miei occhi e insinuate nella mia testa o sarei riuscita a tenere sotto controllo le emozioni?

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