Capitolo 46.

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Dolore.

Nonostante l'inoffensività di questa parola, il significato cela più di chiunque sia disposto ad ammettere. Il problema, infatti, non è ciò che significa, bensì ciò che produce. Le sue conseguenze si ripercuotono su ogni essere umano, in differenti sfaccettature, eppure nessuno se ne astiene. Ci sono persone che perdono i loro cari, mentre un secondo prima stavano programmando una vita intera da svolgere insieme, c'è chi perde l'amore della sua vita e non potrà mai perdonarselo, poiché, anche se non sarà mai colpa sua, si ostinerà a soccombere ad essa. E c'è infine chi perde se stesso. Il dolore fa smarrire tante cose, ma io ero sempre stata del parere che avrebbe potuto far perdere noi stessi in un qualcosa di talmente grande e complesso che non sarebbero bastati decenni per decifrarlo.
Il dolore, semplicemente, non avrebbe potuto raffigurare nient'altro se non la spalla del diavolo. Era l'arma che avrebbe potuto distruggerti, tanto quanto salvarti. Non sarebbe servito nient'altro se tu ti fossi lasciato trascinare. Ed io, per quanto fossi contraria al suo volere, stavo tentando in qualsiasi modo possibile di non lasciarmi trasportare via. La mano di Jace era sempre stata lì, pronta a strapparmi dalle grinfie di quel male, ma, oramai, altre presenze stavano tentando di aiutarlo. Tra alle quali, emergeva quella di Ryan. Ciò, però, a cui riuscivo unicamente a pensare, era lui. Mi impauriva pensare che quel che mi legava a quel ragazzo si stesse rinforzando a tal punto che nessuno dei due fosse riuscito ad accorgersene in tempo, prima che accrescesse. Quella cosa, stava avanzando più in fretta di noi e, per quanto fossimo spaesati, non eravamo assolutamente pronti a lasciarci condurre da essa.

I pensieri riguardanti il ragazzo si interruppero nel momento in cui la voce di Sidney mi richiamò. "Ma mi stai ascoltando?" Chiese improvvisamente.

"Sì, certo, eri rimasta alla parte in cui.." Mi bloccai, sperando continuasse lei. Alzò gli occhi al cielo, nel momento in cui un piccolo sorriso mi dipinse il volto.

"Stavo dicendo che, per oggi, venite tutti da me, okay?" Si voltò nella mia direzione. "I miei non ci sono e devo tenere Charlotte."

"Perfetto." Risposi, nel momento in cui giungemmo ai nostri armadietti.

"Oggi hai lezione con Steven o Owen? Magari li avvisi tu, io non ho proprio il tempo materiale. Ho un compito a quarta e ieri mi sono addormentata sul libro. Quei due deficiente mi hanno svegliata con un ragno finto." Alzò nuovamente gli occhi al cielo. Non appena udii le sue parole, iniziai a ridere sommessamente.

"Smettila." Sbuffò. Ma, nonostante ciò, non riuscii a calmarmi.

"Scusa, è che sto immaginando le tue urla." Continuai a ridere ed, avendo una risata realmente poco fine, la indussi a seguirmi, nonostante non volesse cedere. Non appena, però, riuscii a calmarmi, rilasciai un sospiro.

"Certo, non preoccuparti. Ci penso io." Risposi, recuperando i libri velocemente.

"Grazie. Tu? Tutto okay? Prima sembravi in un altro mondo." Chiese, scrutandomi attentamente.

"Sì, tutto okay, ero solo persa nei miei pensieri." Chiusi l'anta, voltandomi successivamente verso Sidney. Aveva l'armadietto a poca di stanza dal mio. Non mi capacitavo di come fosse riuscita a far scambio con una ragazza, in modo da darle il suo per poter stare vicino a me. Infatti, nonostante glielo avessi chiesto diverse volte, la sua risposta era sempre stata negativa. Non voleva scoprissi il suo segreto.

"E per caso in questi pensieri c'è qualcuno che conosco?" Inarcò ed abbassò le sopracciglia velocemente, inducendomi a ridere sommessamente. Le tirai il leggero schiaffo sulla spalla, affiancandola.

"Niente di quel che pensi tu." Non appena richiuse il suo armadietto, iniziammo ad incamminarci verso il corridoio nel quale avremmo avuto entrambe lezione, in classi differenti.

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