Le decisioni erano sempre state una delle cose più complicate della vita. Non si poteva prenderne un senza pensare alle conseguenze che queste ultime avrebbero avuto nella nostra vita, e neppure si potevano prevedere ciò che avrebbero portato. Distruzione? Avrebbero travolto tutto, lasciandoci il nulla più totale? O ci avrebbero aperto delle strade, nuove vite da poter iniziare senza pensieri, proprio come chi non aveva preoccupazioni riguardo la minima cosa?
Il flusso dei miei pensieri fu interrotto dalla presenza di una chioma scura. Il ragazzo entrò dalla porta principale. Aveva attirato su di sé la maggior parte degli sguardi, persino il mio. Ma sembrava non farci molto caso o, semplicemente, non gli interessava. Avanzò verso i tavoli ed, in quel momento, fui sicura non gli interessassero le occhiate che gli lanciavano.
Avevo inoltre notato lo sguardo di sottecchi che Smith mi aveva rivolto. Il suo nome, come ben si capisce, era ancora un'incognita per me. Ma come avrei potuto saperlo? L'unico dialogo che avevamo avuto era stato alquanto aggressivo. Ma, infondo, non m'importava. Avrei tanto voluto stringere amicizia, ma avevo capito che non era lui la persona adatta."Ehi, se non te ne sei accorta, c'è una fila dietro di te." Fui scossa dalla voce squillante dell'inserviente, inducendomi a porle delle scuse confusionarie e a recuperare il mio pranzo, prima di uscire definitivamente dalla calca alle mie spalle.
Tirai un sospiro di sollievo, raggiungendo Jace a poca distanza da me.
"Non ho mai visto la mensa così popolata. Cazzo, nessuno batte la pasta di Evelin, il primo giorno, poi." Disse il ragazzo, strappando poi un morso del cibo nel suo piatto.
"Potresti almeno aspettare di sederti? Sei disgustoso." Ribattei scocciata.
"Mai quanto te." Mi diede una leggera spinta con il gomito. Però, la sua leggera spinta equivaleva ad uno volo di seicento metri da parte mia. Infatti, mi scontrai contro qualcosa di estremamente duro.
Solo dopo alcuni secondi riuscii a percepire un respiro sui miei capelli. Scalai così la figura, con gli occhi, ritrovandomi difronte un viso familiare.
Il ragazzo dagli occhi torbidi, di quella mattina, mi guardò male."Oh, scusa." Dissi, allontanandomi goffamente dal suo petto.
"Scusa un cazzo. Ma dico io, guardi dove vai?" Dalla sua espressione trapelava il nervosismo, lo notai anche dalle parole velenose che mi aveva rivolto.
"Scusa se ti ho sgualcito la maglietta e sporcate le scarpe firmate, Smith."
Scintille d'ira lampeggiarono nei suoi occhi. "Non chiamarmi Smith."
"Tu non chiamarmi Cenerentola." Lo fissai seria.
"Fanculo." Lo sentii sussurrare, prima di sorpassarmi e raggiungere l'entrata tra gli sguardi dei ragazzi presenti. Una volta uscito, chiuse la porta così forte da far rimbombare il suono in tutta la mensa.
Sbuffai infastidita, accovacciandosi per raccogliere il resto del mio pranzo, da terra.
"Mi sembri più imbranata del solito." Jace roteò gli occhi al cielo.
"Sei tu che mi hai spinta." Ribattei sulla difensiva.
"Chi era quello?" Chiese, facendo un cenno del capo verso la porta da cui era uscita il ragazzo, e cambiando così discorso.
"Non è nessuno, non so in realtà chi si crede di essere, ma a me sembra solo un rincoglionito che si è seduto al banco vicino al mio, solo perchè era, come sempre, l'unico libero." Solo successivamente mi resi conto delle parole che avevano lasciato le mie labbra. L'espressione accigliata di Jace, mi spinse a buttare il pranzo tra le mie mani, nel cestino, e compiere alcuni passi all'indietro.
"Cosa vuol dire come sempre?"
"Niente, solo che ho un compito alla prossima ora e devo studiare. Ci vediamo dopo." Gli lasciai un bacio sulla guancia, prima di voltargli le spalle e raggiungere la porta.
Appena uscii, l'aria fredda del corridoio mi colpì in pieno viso, spingendomi a rabbrividire.
I miei pensieri corsero ai programmi che mi ero prefissata per quel primo giorno di scuola. Ero a conoscenza del fatto che le persone dovessero sempre deluderti in un modo o nell'altro, era per questo che mi ero sempre affidata a Jace, lui sapeva ciò che era meglio per entrambi. Ma, in quel momento, avevo capito quanto avessi sbagliato. Dovevo vivere da sola, senza appoggiarmi alle sue benevolenza. Sapevo che non fosse pena quella che provava nei miei confronti, lui viveva nella mia stessa situazione, ma non potevo neanche occupare la sua vita costringendolo a portare il peso di due persone sulle spalle. Da quel momento, avrei dovuto cavarmela da sola, rialzarmi senza il bisogno della sua presenza al mio fianco.
Ma, Jace non avrebbe dovuto sapere che, a causa del suo comportamento, mi allontanava dalla vita reale. Si sarebbe sentito in colpa e avrebbe cercato di sistemare la cosa, senza però riuscirci, combinando così ancora più casini di quelli in cui ci ritrovavamo. Perché eravamo questo noi, un casino immane, talmente grosso e confusionario da esser pieno di incognite. Noi eravamo un labirinto dove, una volta entrati, non si poteva più uscire, poiché le vie di fuga non esistevano.#spazioautrice.
Heyy,Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ora sto aggiornando ogni giorno perchè sono i primi, ma non sarà sempre così. Comunque grazie per le letture e le stelline. Spero che incominciate a capirci qualcosa. Volevo anche rendervi partecipi del fatto che tutto ciò che viene citato, non è lasciato al caso, persino il minimo particolare.
Alla prossimaa.💘
.GV.
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Hidden Secrets.
Hayran KurguLa vita è imprevedibile. Non si può decidere ne sapere in alcun modo come si svolgerà, chi ti starà accanto e quando avverrà la tua fine. Andare nel futuro è un sogno di molti e una realtà di pochi. Gli attori recitano bene la propria parte quando...