capitolo 4

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Da quando Moris era partito, era già calata la sera.
Oramai l'uomo non sentiva più la propria schiena a causa del continui colpi che riceveva per colpa del terreno sconnesso.
Aveva pur sempre una certa età.
Si rincuorava ripetendosi che ben presto sarebbe arrivato nella piccola locanda in cui avrebbe pernottato.

Il buio lo soffocava, era invadente, soprattutto perchè ora lui e Phelipe stavano battendo un sentiero immerso in un fitto bosco di querce e faggi.
Era condizionato da quell'ambiente inquietante e se non ci fosse stato il suo cavallo che ogni tanto nitriva ed emetteva sbuffi sonori, avrebbe iniziato a vedere cose che non c'erano in realtà.
Lo scricchiolare delle foglie cadute, il fruscio di quelle attaccate agli alberi quando erano percosse dal vento, il pallido profilo della luna che ogni tanto faceva capolino tra le chiome erbacee.

Quando la sua Belle era piccina, si divertiva a spaventarla con la storia dell'uomo malvagio che infestava i boschi. La piccola lo fissava con gli occhi grandi pieni di terrore e vivida curiosità e pregava Moris di continuare fino alla fine nonostante oramai sapesse la storia praticamente a memoria. 

Erano passati tanti anni eppure il vecchio inventore non se l'era dimenticata, anche se in quel momento sarebbe stato meglio.

<< Oh buon vecchio Phelipe >> sospirò sporgendosi un po' in avanti per accarezzare il cavallo << spero proprio che quel colonnello da quattro soldi lasci in pace mia figlia >>
Non tollerava che Belle, sebbene ella fosse in età da marito, sposasse un uomo grezzo e viscido come Gaston.
Belle era leggiadra, era bella, intelligente, molto più di quanto credeva lei stessa.
Era come un libro.
Un libro parla alle persone giuste ma annoia quelle sbagliate. 

E Gaston si sarebbe annoiato molto con Belle. E in quel caso... Moris trattenne un brivido di disgusto al pensiero di ciò che quell'uomo avrebbe potuto fare alla sua bambina.

Decise che al ritorno gli avrebbe parlato, anche contro il volere di sua figlia.
Era immerso tra questi pensieri quando un rumore raccapricciante lo fece trasalire.
Un ululato squarciò il silenzio della foresta, un verso animalesco che proveniva da molto vicino.
Phelipe nitrì impazzito e spaventato e Moris gli diede un colpo secco per incitarlo a correre.

Lupi.
Erano lupi.
<< Corri Phelipe, corri >> urlò terrorizzato.
E proprio in quel momento davanti ai loro occhi balzò una belva bianca, dal pelo ispido e arruffato. Moris si sentì quasi svenire quando scorse i canini appuntiti in un ringhio feroce.
Con mani tremanti diede l'ordine al cavallo di svoltare a destra proprio mentre il lupo alzava la testa al cielo e si lasciava andare in un sonoro ululato.
L'uomo capì che gli altri sarebbero arrivati presto.

<< Corri, veloce. Forza Phelipe >> gridò di nuovo incitando lo stallone.
Il carretto con le invenzioni lo rallentava, e per quanto gli dispiacesse, doveva liberarsene se voleva avere qualche possibilità di sopravvivere.
Si voltò per slegare la fune che teneva legato Phelipe ma fu bloccato da un altro lupo che sbucò dal lato sinistro del sentiero e tentò di azzannare la zampa del cavallo.

 Phelipe nitrì e annaspò. 

Sterzò violentamente a destra e il carretto per il contraccolpo fu sbalzato in avanti staccandosi brutalmente dal dorso dell'animale.

Moris, che si trovava ancora sopra di esso, si schiantò contro una roccia e per un attimo fu accecato da una fitta di dolore alla testa.
I lupi lo raggiunsero velocemente e l'uomo capì di essere spacciato.
Si rammaricò di non aver parlato a Belle della madre, di quanto le volesse bene e di non averla abbracciata un'ultima volta.
Voleva una semplice rosa, pensò, e ora avrà suo padre morto.
Il branco di lupi lo accerchiò ringhiando. I loro occhi emettevano un barlume rossastro, colmo di rabbia e di fame.
Moris chiuse gli occhi e si sporse leggermente indietro sperando di accasciarsi contro la roccia e di farla finita al più presto. Ma dietro di lui c'era il vuoto.

la Bella e la BestiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora