Prologo

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C'era una volta in un lontano paesino della Francia del nord, un grande castello governato da un bellissimo principe.

Egli, malgrado fosse di piacevole aspetto, era anche egoista e villano. Amava ostentare la propria ricchezza a discapito del piccolo villaggio che invece pativa gli stenti.

Ogni sera celebrava se stesso  con sfarzosi banchetti, balli e feste, immerso nel lusso più sfrenato. 

Adorava essere riverito e osservato con invidia e con desiderio dalle dame di corte che proprio non riuscivano a rimanere indifferenti di fronte ad  un aspetto così angelico.
Ovunque egli passasse attirava su di se sguardi  riverenti e paurosi, occhiate malense che proprio non riuscivano a nascondere il disgusto per quell'uomo così avido e spregevole.
Il principe lo sapeva ma ne era comunque compiaciuto.
Suo padre, il re, era stato un uomo molto rigido nell'educarlo. Per lui era impensabile regnare se il popolo non lo temeva come era giusto che fosse.

Solo il terrore poteva costringere gente così ignorante ad essere suoi sudditi.

E lui aveva fatto tesoro degli insegnamenti paterni. 

Eccolo lì, in uno dei suoi tanti banchetti, risucchiato dall'aroma di pietanze raffinate e costose, circondato da donne in abiti sfavillanti, truccato come ogni reale che si rispetti e inebriato dalla musica della sua orchestra di corte.

Cosa poteva esserci di più bello? Pensò portandosi il calice di vino alle labbra rosee e pavoneggiandosi sul suo trono di velluto rosso con intarsi dorati.

Una giovane donna passando da lì rimase impietrita a fissarlo con occhi sognanti.
Sogna pure, sogghignò, non potrai mai fare altro nella tua inutile vita.

Arrogante ammiccò alla giovane e a lei quasi sembrò che il suo cuore le scoppiasse nel petto.
Se ne andò rossa e accaldata e con il sorriso del suo principe impresso sul proprio volto sognante.

Stufo di stare seduto e con le anche intorpidite, decise di intrattenere gli ospiti con la propria presenza. 
Con passo sinuoso entrò nella pista da ballo, e si vide circondato dagli abitanti del suo castello, dalla servitù e da giovani coppie che ballavano leggiadre. 

Afferrò con prepotenza la mano di una ragazza quasi rivendicandola.

Tutto. Tutto era suo.

E d'altro canto lei non oppose nessuna resistenza. 

Come poteva? Come poteva rimanere indifferente davanti a due occhi del genere?

Iniziarono a danzare trascinati dal ritmo dell'organo e del violino mentre la cantante intonava una canzonetta.
Tutti si fecero da parte per ammirare la bellezza e il portamento fiero del principe.
Era qualcosa di divino.
Qualcosa di dannatamente bello e affascinante ma anche di incredibilmente tenebroso.

E ad un tratto, proprio in quel momento in cui il Paradiso sembrava essersi fatto così vicino, il pesante portone di mogano si spalancò sui giardini reali facendo entrare una folata di vento gelido.

Una figura ricurva entrò lentamente, quasi strisciando sui propri piedi.

Nessuno riusciva a scorgerne il viso, indossava un pesante mantello nero come la pece che la copriva interamente.
Nessuno provò a fermarla: la lasciarono passare come se fosse stata infetta dal morbo del Diavolo.
E poi arrivò, con una calma quasi lacerante, di fronte allo splendido viso del principe.

Egli pareva stranamente impietrito, provava una paura irrazionale per quella figura. 

Che ella fosse davvero seguace di Belzebù? Era qualcosa di primitivo che gli faceva battere il cuore e gli imperlava la fronte di sudore.

Ella si tolse l'involucro nero dal viso e tutta la corte si vide rabbrividire dall'orrore e trattenere un respiro unico, come se appartenessero a un unico corpo.
Era una vecchia, brutta e malconcia, ed era venuta per parlare col giovane proprietario del castello.
Aveva fame, disse.
Era assetata.
Aveva camminato a lungo ed era in cerca di un posto dove dormire e riposare le membra stanche. 

In cambio gli offrì una rosa, rossa come il sangue e bella come un rubino.

Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò.
Si sentiva stupido per esserne rimasto per un attimo intimorito. 

RIcorda Adam, mai farsi vincere da emozioni e sentimenti.

Una rosa? A lui? Lui che possedeva le più grandi ricchezze di tutto il reame? Come si era anche solo permessa di fargli un simile affronto? Ma si era osservata? Aveva visto la pelle grinzosa, le palpebre cadenti, la bruttezza che le deturpava il viso e il corpo?

Ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza è nel cuore. 

Il principe la respinse di nuovo ma proprio in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse in un lampo di luce dorata ed al suo posto apparve una bellissima fata.

Tutti rimasero muti ad ammirarne la vivida bellezza, molto più pura e luminosa di quella del loro sovrano. La bellezza fisica e dell'animo di quella splendida creatura non avevano niente a che vedere con quella del loro sovrano.

Il principe la osservò come se fosse dinanzi al sole, impallidì e cercò di scusarsi mentre la paura lo attanagliava nuovamente, ma era troppo tardi, perché lei aveva visto che non c'era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in una orrenda b...

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Il principe la osservò come se fosse dinanzi al sole, impallidì e cercò di scusarsi mentre la paura lo attanagliava nuovamente, ma era troppo tardi, perché lei aveva visto che non c'era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in una orrenda bestia e lanciò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti. 

Vergognandosi del suo aspetto mostruoso, la bestia si nascose nel castello con uno specchio magico come unica finestra sul mondo esterno.

 La rosa che gli aveva offerto la fata era davvero una rosa incantata e sarebbe rimasta fiorita fino a che il principe avesse compiuto 21 anni.

Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato; in caso contrario sarebbe rimasto una bestia per sempre. 

Ma con il passare degli anni il principe cadde in preda allo sconforto e perse ogni speranza...

chi avrebbe mai potuto amare una bestia?


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