capitolo 8

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Gaston sedeva su uno sgabello di legno nella locanda di Madame Polinne, il braccio muscoloso reggeva la sua mascella importante e ogni tanto emetteva sbuffi dal naso come un vero toro inferocito.
Come si permetteva quella piccola gallinella di rifiutare un uomo bello e affascinante come lui? Lui che poteva avere tutte le donne più belle e sofisticate di Francia ma che aveva scelto proprio lei.
Doveva sentirsi onorata.
Dopotutto era la figlia dell'inventore pazzo, quella incredibilmente bella ma altrettanto stramba.
Non avrebbe mai trovato uomo più affascinante di lui sul suo cammino.
Avrebbe dovuto costringerla e farla sua moglie con la forza, come si compete ad uno del suo calibro.
Sì, avrebbe fatto così.
Domani mattina sarebbe andato da lei e l'avrebbe fatta sua che quel vecchio pazzo di suo padre volesse o no.
Già la immaginava quando, dopo una lunga giornata di caccia nei boschi, lei gli avrebbe massaggiato i piedi con quelle mani da fata. O ancora quando lo avrebbe sfamato con ricchi banchetti degno di un re.
Sorrise crudelmente a quella prospettiva e quasi non si accorse che LeTont gli si era appena seduto al suo fianco.
D'istinto indietreggiò leggermente con la sedia.
Piccola sanguisuga, pensò ripugnato.
<< Sono così preoccupato Gaston >> disse il piccolo uomo gettando la tracolla, carica di monete tintinnati, sul bancone << non so che cosa tu abbia. Ultimamente stai sempre con la testa tra le nuvole... >>
Gaston lo guardò adirato e non rispose.

LeTont era uno stupido smidollato senza cervello

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LeTont era uno stupido smidollato senza cervello.
Solo lui poteva innervosirlo più di quanto già non lo fosse.
<< Pensa che qui dentro tutti vorremmo essere come te, quindi non arrabbiarti se una stupida ragazza ti ha rifiutato >>
Gaston strinse i pugni desiderando con tutto il cuore infrangerli sul viso del suo leccapiedi.
Come osava gridare questa spiacevole faccenda ai quattro venti in un paese di bigotte pettegole?
Ma l'ometto panciuto sembrò non accorgersi del repentino cambio d'umore del suo signore << Da sempre in città sei tu quello più forte e non hai mai avuto rivali >> continuò guardandolo adorante << Sei il mio eroe e qualsiasi cosa tu voglia prima o poi l'avrai. Avanti, guardati attorno. Sbaviamo per te! >>
<< È vero Gaston! >> intervenne un uomo corpulento e calvo bevendo poi un lungo sorso di vino dal calice << Ricordi quando hai spaccato l'osso del collo a quel pezzente di Antoine? >> rise oscenamente.
Anche Gaston si lasciò sfuggire un sorrisetto a quel felice ricordo. Tutti lo avevano venerato coma una divinità quando con quel pugno mise fuori gioco l'ubriacone del paese.
Certo, quell'uomo non era in se quando era accaduto quel fatto ma a lui poco importava.
<< E quando hai fatto cadere ai tue piedi madre e figlia? Eh? Ricordi? >> urlò un altro uomo mentre faceva un solitario.
Sì, come dimenticarselo.
Quelle due sgaldrinelle dovettero abbandonare il villaggio quando la notizia arrivò sulla bocca di tutti.
LeTont sorrise soddisfatto.
Stava riuscendo a tirare su di morale il suo padrone e nulla lo compiaceva di più.
<< Spesso mi dicono che intimidisco, sì >> ghignò Gaston soddisfatto.
<< Quanto sei forte Gaston! >> esclamarono le tre gemelle facendogli gli occhi dolci da un tavolo in fondo.
LeTont le fulminò con lo sguardo e disse << sei anche campione di scherma. Insomma chi mai è meglio di te! >>
Il colonnello si animò a quelle parole, prese una delle spade che Madame Polinne teneva appese alla parete per decorazione e fece finta di tagliare la gola a un mensieur che nel frattempo stava cenando.
<< Questo è un colpo da dieci punti! >> ruggì LeTont entusiasta e Gaston si pavoneggiò mentre tutti lo applaudivano.
<< Devo dire che mi hai ricaricato. A volte mi ricordo del perchè non ti ho ancora ucciso >> ammiccò verso il piccolo leccapiedi.
LeTont deglutì rumorosamente e sperò con tutto il cuore che stesse scherzando.
I due uomini si risedettero al loro posto e Gaston tornò a confabulare tra se un piano per sposare Belle.
E proprio allora la porta della locanda si spalancò, lasciando entrare un Moris bianco come la morte e tremante dal freddo e dallo shock.
<< Moris >> urlò Madame Polinne soccorrendolo immediatamente e aiutandolo a sedersi su uno sgabello vicino al fuoco.
Ma l'uomo si alzò e iniziò a girare intorno come se fosse impazzito.
<< Moris >> chiese preoccupata Madame Polinne << che succede? >>
<< B...bestia! >> balbettò l'uomo con gli occhi fuori dalle orbite e dopo quella parola sconnessa sputò << Una bestia. Una bestia ha rapito la mia Belle. Vi... Vi prego dovete aiutarmi. Dobbiamo salvarla, vi prego... >> piagnucolò portandosi le mani tra i capelli e tirandoseli.
Tutta la locanda cadde dapprima in un silenzio assordante e poi scoppiò a ridere.
Ecco, quell'uomo si era del tutto bevuto il cervello.
Lo sapevano che era pazzo, ma fino a quel punto?
<< Una bestia? >> si beffò di lui l'omone calvo e corpulento che prima aveva incoraggiato Gaston << una Bestia con le zanne?! >> rise.
<< Sì, sì. Una bestia >> strillò l'inventore << Con zanne e corna affilate. La mia Belle. Mia figlia... Aiutatemi vi prego >> pianse di nuovo invocando una mano.
Ma nessuno si alzò in suo aiuto. Tutti lo evitarono come la peste e lui per poco non si sentì svenire al pensiero della sua bambina tra le fauci di quel mostro.
Solo un uomo era rimasto muto e pensieroso. Un uomo che in quel momento vide davanti a se un futuro molto, molto luminoso.
Moris è un vecchio pazzo, pensò. Di sicuro Belle è stata rapita da qualche ubriacone e lui crede sia una bestia.
Beh, buon per lui.
L'avrebbe salvata da qualunque cosa fosse successa e poi il caro paparino gli sarebbe stato così grato da concedergli la mano della figlia senza ombra di dubbio.
Gaston si alzò con un sorriso che non prometteva nulla di buono << Io ti credo, Moris. Andiamo a salvare Belle >>

la Bella e la BestiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora