I genitori erano morti quando era molto piccolo e fu adottato. Nella città di Napoli. Quella che lui aveva era una madre debole. Bella come poche. Castana, bassina ma ben fatta. Una donna piena di struggimento perché picchiata da colui che ha sposato con amore ma con inganno. Un uomo di bell'aspetto ma che culminava in alcol e droga, che ha fatto e ha fatto commettere del serio male anche al figlio. Queste due persone avevano il ragazzo finora descritto in una casa popolare in un rione di Napoli. Quando il ragazzo andava a letto nella sua camera del piano di sopra sentiva tutto quel che succedeva sotto. Le urla dei genitori, le botte, a volte con utensili, a volte stupri da parte del padre. Fu così che accadde una situazione come quella che abbiamo descritto. Il piccolo da sopra sentì la madre a terra piangere mentre era picchiata dal padre. Quelle torture culminarono in un forte pugno del padre che fece finire la donna col muso per terra. Il padre si spogliò e spogliò la donna quasi incosciente. La poggiò col busto sul tavolo e la torturava davanti agli occhi increduli del figlio ancora di dieci anni, che era sceso per vedere, e che piangevano mentre sentiva la madre urlare. La casa era stata messa tutta in disordine da quegli orrendi eventi. L'uomo reagì bruscamente alle urla della donna sbattendola contro il bordo del muro e provocandone la morte. Il ragazzo piangeva e si rannicchiò tremando nel letto. Il padre a passi pesanti salì di sopra e volle assalire il figlio.
Il piccolo, piangendo, si scansò e con una qualche fortuna lo fece cadere dalle scale. Scese di sotto tremando e vide il padre inerme e steso per terra dopo aver battuto la testa, scappò di casa. Intanto, il giovane ragazzino ebbe altri problemi da un uomo che lo accolse in casa sua con la moglie. Anche lui aveva problemi di alcol e la sua donna lo lasciò. Vennero a saperlo gli assistenti sociali che, conoscendo la sua storia, mandarono il piccolo in un orfanotrofio perché gli zii, Anna e il marito Franco, potessero stabilizzarsi economicamente e accoglierlo. Lì non c'era comunque un ambiente adatto a una buona crescita. Soprusi e cattiverie crescevano quelle povere creature di neanche dodici anni. Dopo un terribile anno, gli zii si ripresentarono per far sì che il ragazzo potesse crescere meglio e lo adottarono con non poche pratiche e difficoltà da passare. Si trasferirono a Milano portandolo con loro e andando a Napoli solo ogni tanto, nei giorni liberi e nelle ferie estive. Non era facile, aveva già scoperto la droga e la vita che scelse a Milano non era delle migliori. Eppure le cose erano incredibilmente migliorate, anche grazie al Sanda e al rap che lui faceva e ascoltava. Il dolore più grande del ragazzo era, ed era tuttora, il non essere libero. Ma da cosa poteva dipendere? Dipendeva dal fatto che non poteva volere bene a sua madre, perché veniva picchiato dallo stesso padre. Non poteva contraddire, dire la sua, dialogare col padre senza che finisse male. Non poteva opporsi quando proprio suo padre lo picchiava. Non poteva opporsi alla vita da vandalo, nel quartiere povero di provincia. Con gente "randagia" e un circolo di droga che ti prendeva e non ti mollava più.Ancora nei suoi occhi si poteva ritrovare il rosso di quel fuoco e di quel sangue, mentre raccontava quasi piangendo. Eravamo seduti fuori a un bar
"ma ora... Usi ancora...?" chiesi un po' sfacciatamente, senza concludere la frase
"più che altro fumo ogni tanto..." sospirai e dissi scrutando i suoi occhi neri, tristi e lucidi
"io non so cosa dirti Chri... Mi dispiace tantissimo... Poi la gente ti giudica magari senza sapere nulla e cosa ti è successo"
"tranquilla... lo fanno in tanti" disse tirando fuori una canna. Guardai le mosse per rollarla, non ci mise molto a mischiare col tabacco, la posò sulla cartina e lo osservai rollarla e chiuderla. Fece i primi tiri a occhi socchiusi, poi la allungò verso di me e lo ringraziai. La presi e feci qualche tiro, assaporandola. Lui si avvicinò al mio collo e senza dire niente mi baciò a stampo, immergendo però le labbra. I brividi si impadronirono del mio corpo
"non so più che cazzo mi prende..." disse lui "prendi me!" disse la mia vocina che venne scossa dal mio imbarazzo. E poi lui riprese "so che con te sto bene..." allungai la canna a lui che fece qualche tiro per poi ripassarmela
"posso chiederti ogni quanto andavi a Napoli? Quando sei lì, diventi uno di loro"
"quando ero piccolo vivevo là, poi quando mi ha preso mia zia a tredici anni andavo per i due mesi estivi... e ogni tanto durante l'anno" disse guardando spesso il cielo. Avevamo preso dei panini al bar e due birre e chiacchieravamo davvero di ogni cosa, come avevamo sempre fatto. Momenti di sigarette, racconti. Eravamo in macchina, stavamo tornando ed eravamo quasi a Carnate
"c'è una cosa che devi vedere Sara. Dopo capirai" sorrise e strinse la mia mano. La mia agitazione crebbe e non sapevo bene cosa aspettarmi. Lui rise vedendo il mio imbarazzo e disse subito
"tranquilla cara... è un locale dove ti voglio portare, nulla di erotico"
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LA LUCE E L'OMBRA (PARTE 1)
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