Capitolo 30: "La via del bene"

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Quella sera era arrivata una chiamata strana.
Era stato Cam a rispondere per Alex che era andato a farsi tranquillamente una doccia, ignaro di ciò che sarebbe accaduto d'ora in avanti.
Cameron aveva risposto alla chiamata.
Quel numero era salvato in memoria con una semplice "P", come se il proprietario del telefono volesse tener nascosta l'identità che si celava dietro quella lettera.
"Pronto?"
Non arrivò subito una risposta dall'altro capo, ma dopo che l'uomo si fu schiarito la voce parlò.
"Mi scusi, è questo il numero di Alex McCardue?"
La voce dell'adulto era forte, bassa e un po' roca.
Cam non conosceva quella voce, quindi decise di mettersi subito sulla difensiva.
"Chi vuole saperlo?" chiese con fermezza Cameron.
"Suo padre, Oliver McCardue."
Cam quella sera si sarebbe aspettato di tutto, tranne che parlare col padre del proprio ragazzo.
"Ha chiamato il numero giusto signore, ma al momento Alex è impegnato, cosa posso fare per lei?"
Cameron sapeva che tipo di rapporto c'era tra quell'uomo e suo figlio, e sapeva anche che Oliver non sapeva chi lui fosse, meglio essere gentili.
"Preferirei parlargli di persona, vorrei solo sapere se a lui va bene vedermi. Non importa il giorno, solo... È urgente e molto importante!"
Il ragazzo non sapeva cosa fare, non pensava di ritrovarsi in una situazione del genere.
Di sicuro avrebbe riferito ad Alex tutto, ma era comunque una situazione strana.
Ma l'uomo non aveva ancora finito.
"Ragazzo, un'ultima cosa. Se questo è il numero di mio figlio. Perché rispondi tu? Chi sei?"
Ecco la domanda che Cameron temeva più di tutte, cosa avrebbe dovuto fare?
Rispondere? Chiudere la chiamata? Mentire?
"Mi scusi per la scortesia signor McCardue, mi chiamo Cameron Luxuary e sono il fidanzato di suo figlio. Piacere di conoscerla."

Quando Alex uscì dalla doccia sentì subito le risate del proprio ragazzo nella camera adiacente.
Prese due asciugamano, uno se lo legò in vita, l'altro se lo mise intorno alle spalle e poi uscì cautamente dalla stanza.
"Davvero? Non ci credo!"
Cameron stava parlando con qualcuno al telefono. Il suo telefono.
Alex si avvicinò al proprio ragazzo e subito gli lanciò uno sguardo severo.
Cam gli rispose con un sorriso e poi di rivolse alla persona al telefono, con un veloce "aspetti un attimo.".
Dopo di che Cameron posò il telefono e si avvicinò al proprio ragazzo per lasciargli un veloce bacio sulle labbra.
Ma quando si separarono Alex aveva ancora un leggero broncio sul viso.
"Con chi parlavi?" chiese diretto il più giovane.
Cam prese l'asciugamano che era poggiato sulle sulle di Alex ed iniziò ad asciugargli i capelli.
"Con tuo padre, tutto sommato è una persona simpatica."
Alex si staccò velocemente da Cam, allontanandosi ed indietreggiando fino a toccare il muro con le spalle, lasciando il proprio ragazzo con l'asciugamano a mezz'aria.
"Cosa voleva?" chiese Alex freddo.
Il ragazzo non si era ancora abituato al fatto che suo padre volesse fare... Il padre appunto.
Ora erano in buoni rapporti, si parlavano, si scrivevano qualche volta, ma per lui era ancora tutto troppo nuovo.
"Vuole solo parlarti piccolo. Non ti vuole far del male." disse dolcemente Cam, avvicinandosi lentamente all'altro.
Alex si fece avvicinare e appena Cameron gli fu davanti, non si fece problemi ad abbracciarlo, nonostante fosse fradicio, a causa della doccia.
"È ancora in linea?" chiese Alex con il volto premuto contro il petto dell'altro.
Cameron annuì e porse il telefono ad Alex.
"Papa?"
L'uomo dall'altro capo del telefono tirò un sospiro di sollievo e appena sentita la voce si suo figlio rispose subito, quasi come se fosse un richiamo.
"Ciao Alex. Come stai?"
Alex prima di rispondere alzò lo sguardo su Cameron che lo stava guardando con tutto l'amore del mondo.
"Va tutto bene ora."
"Capisco. In tal caso ti chiedo scusa..." disse l'uomo rattristato.
Subito il ragazzo capì che qualcosa non andasse e si informò, chiedendo il motivo di quel cambiamento d'umore.
"Mi dispiace, sembra che io ti abbia messo al mondo solo per darti brutte notizie.
Alex si strinse al compagno che rafforzò la stretta intorno al corpo del ragazzo.
"Cosa è successo?" chiese Alex nonostante la voce tremante.
L'uomo sospirò ancora.
"Non so come dirtelo, ma spero che tu capisca. E soprattutto resta vicino a Cameron, è un bravo ragazzo e sono sicuro che ti aiuterà solo..."
Oliver si stava arrampicando sugli specchi, non sapeva come dire quelle parole tanto pesanti al figlio.
Era cambiato in tutti quegli anni, aveva fatto tutto quello per il figlio che aveva sempre segretamente amato e che sua moglie gli aveva sempre tenuto lontano.
Aveva avuto molti problemi col gioco d'azzardo e con l'alcool, ma grazie a Dio ora le cose andavano meglio e aveva modificato tutto di sé.
Era dimagrito e ora andava in palestra ogni giorno, si faceva la barba regolarmente e mangiava meglio, non beveva da 2 anni e non guardava neanche più le partite alla televisione.
Si era anche trovato un lavoro rispettabile rispolverando la vecchia laurea in economia che aveva ottenuto quasi 25 anni prima.
E tutto quello lo aveva fatto per suo figlio.
Quando aveva scoperto del tradimento di sua moglie era impazzito, beveva e scommetteva soltanto, prendeva tanti psicofarmaci da non ricordarsi il proprio nome e ancora adesso i ricordi di quel periodo buio della sua vita gli rimanevano confusi.
Ma era tutto cambiato, senza sua moglie in casa si era reso conto di poter vivere, e così aveva buttato i farmaci e aveva pian piano comprato sempre meno alcool.
Aveva visto psicologi e aveva ripreso in mano dei vecchi tomi di economia quando aveva trovato lavoro.
Era tornato l'uomo di un tempo, ma qualcosa mancava.
Suo figlio, il suo amato Alex.
Purtroppo avevano vissuto poco come una famiglia felice.
Però si ricordava di quando era nato, del sorriso sdentato che gli aveva rivolto, della prima volta che aveva detto "papà", la sua prima recita a scuola.
Poi il buio, non si ricordava della prima volta che suo figlio era tornato tardi la sera, della gara di nuoto che aveva vinto a 12 anni, di quando aveva dovuto mettere l'apparecchio e della sua felicità quando lo aveva tolto.
Ma tutti quei bei momenti erano stati catturati nelle foto che ora Oliver teneva gelosamente nel cassetto del comodino.
Aveva dato tante tristezze al suo amato figlio e ancora gliene avrebbe date.
"Tua madre vuole il divorzio."
Alex non capì subito le parole di suo padre.
"La mamma? Ma non era scappata?" chiese senza capire.
"Si, ma non ha mai firmato le carte del divorzio. E poi... Vuole anche te."
Alex ancora non capiva, c'erano troppe cose che suo padre non gli aveva ancora detto.
"Sono maggiorenne, non capisco. Lei non può "avermi"."
L'uomo dall'altro capo del telefono si rigirò l'anello dorato tra le dita e ispirò profondamente.
"Non sei autosufficiente, la scuola la pago io al momento, i soldi di tua madre sono finiti da un po'... E vuole anche toglierti il mio cognome e smentire che sei mio figlio."
Ad Alex cedettero le gambe, se non ci fosse stato Cam al suo fianco per tenerlo in piedi, probabilmente sarebbe caduto.
"Può farlo?" chiede con un filo di voce.
"Può toglierti il cognome, ma non può smentire che sei mio figlio... A meno che non sia davvero così."
Il silenzio cadde e né padre, né figlio ebbero il coraggio di parlare.
Alex aveva per la testa solo domande.
E poi era visibilmente scosso e tremava come una foglia, le sue gambe non tenevano più alcun peso ed era Cameron a sostenerlo completamente.
E fu proprio Cam a destare il proprio ragazzo da quella specie di incubo in cui era precipitato.
Lo portò fino al letto e lo fece sdraiare di fianco se, tenendolo sempre stretto.
Poi gli aveva accarezzato una guancia aveva preso il telefono da quelle mani tremanti.
"Pronto?"
Oliver probabilmente non era messo meglio del figlio, perché emise un lieve verso di sorpresa quando la voce di Cam si fece sentire dall'apparecchio.
"Sì, ci sono."
La voce dell'uomo tremava.
Nessuno dei due ragazzi poteva immaginare cosa stesse passando quell'uomo.
La sua vita era sempre andata bene, aveva vissuto faticando e raggiungendo sempre i suoi scopi, con la scuola, col lavoro e nella vita.
Aveva visto e passato molte cose brutte, ma nonostante tutto era andato avanti.
Poi aveva conosciuto la donna della sua vita, non era perfetta, ma lui ne era innamorato.
Avevano vissuto bene quei 7 anni di matrimonio, avevano vissuto bene anche la gravidanza, anche i primi anni di vita di Alex.
Era tutto perfetto, poi da un giorno all'altro gli fu tolto tutto, anche la sicurezza di essere il padre biologico di suo figlio.
Ed è questo a cui mirava ora sua moglie. Smentire che lui fosse il padre biologico di Alex.
A quanto pare era stato tradito da quella donna da più di quanto credesse.
Lui era sempre stato sicuro che quel ragazzo fosse suo figlio, sangue del suo sangue. Ma se sua moglie era così tanto sicura del contrario allora doveva per forza esserci qualcosa sotto.
Quella mattina l'aveva chiamato l'avvocato che lui stesso aveva scelto quando si pensava al divorzio.
Ed è proprio da quell'avvocato che sua moglie si era andata a rifugiare, chiedendo aiuto per riavere il suo bambino.
Voleva divorziare, voleva mantenere lei suo figlio, voleva togliergli il suo cognome, voleva far sentire al mondo quanto quel figlio fosse solo suo.
E in parte era vero, sin da piccolo Alex era sempre stato solo di quella donna, ma era anche a causa sua se lui non aveva avuto possibilità di cambiare ed avvicinarsi.
Ed ora che era riuscito a fare qualcosa i decente per suo figlio, sua moglie voleva toglierglielo.
"Mercoledì pomeriggio non abbiamo lezione, mi farebbe piacere incontrarla. Le andrebbe di venire alla P.C.A.? Così magari potrete anche parlare..."
Oliver riemerse dai suoi brutti ricordi solo grazie alla voce di Cameron.
"Sì, certo. Con molto piacere... Scusatemi."
Purtroppo era sempre lui a dover dare notizie del genere e suo figlio probabilmente non ne era molto felice.
Il telefono era abbastanza vicino anche all'orecchio di Alex, e anche lui sentì quelle scuse.
"Non si preoccupi, a presto." disse Cam sperando di avere un tono abbastanza rassicurante.
Cameron stava per chiudere la chiamata, quando Alex gli prese il telefono dalle mani.,
"Ciao papà."
Erano parole semplici, che erano ancora difficili da dire e questo anche Oliver lo sapeva.
"Sì. A presto ragazzi."

-

Austin quella sera aveva deciso di uscire a godersi il cielo stellato, lasciando suo cugino con Zack e Chris.
Ormai nella sua vita andava tutto bene, era tutto perfetto.
Aveva un ragazzo che lo amava, aveva ritrovato il suo adorato cugino, aveva dei fantastici amici e la scuola andava bene.
Eppure c'era qualcosa che mancava, lo sentiva.
Oppure era solo un po' di inquietudine che, col tempo, aveva preso ad albergargli nel cuore?
Eppure non sapeva cos'era quel qualcosa che lo faceva sentire insicuro.
Ma andava tutto troppo bene.
Sembrava la calma prima della tempesta.
E questo non gli piaceva per niente.
Perché non poteva semplicemente godersi quella felicità che era riuscito ad ottenere con tanta fatica, perché?
C'era qualcosa che gli diceva che non poteva starsene tranquillo, perché se avesse abbassato la guardia avrebbe rischiato di perdere tutta la felicità che aveva ottenuto così faticosamente.
"Austin? Che ci fai qua?"
Ausitn si girò.
Fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo fisso sul cielo, cercando di ricordarsi i nomi di quelle costellazione di cui a malapena si ricordava la forma.
"Potrei chiederti lo stesso."
La ragazza sbuffò infastidita dalla risposta poco carina e si sedette sull'erba di fianco al ragazzo.
Austin si soffermò appena, guardò il profilo della ragazza che guardava il cielo, con i capelli rossi ad incorniciarle il viso e quelle lentiggini che le davano un'aria leggermente infantile.
"Michael è fortunato." disse il moro sorridendo lievemente.
Kathrin si girò verso di lui, senza capire il motivo di quell'affermazione.
Vedendo lo sguardo interrogativo della ragazza Austin si accorse di aver formulato quel pensiero ad alta voce e allora si apprestò a spiegarsi.
"Sei una bella ragazza, dolce e gentile. Ma nelle tue idee sei ferma, alcune volte sei indecisa, ma non te ne curi e trovi una soluzione e la accetti, bella o brutta che sia... Come fai?"
Kat sembrò pensarci su per qualche momento, poi iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli.
"Non lo so, credo sia il mio carattere." disse alzando le spalle la ragazza.
Il silenzio scese tra loro, ma non era pesante.
Era un silenzio leggero e naturale, che nessuno dei due credeva fosse necessario riempire con delle parole.
Ma nonostante questo il ragazzo era troppo strano, Kat se ne era accorta e non poteva certo starsene con le mani in mano.
"Che hai?" chiese la ragazza avvicinandosi lentamente all'amico.
"Ho la sensazione che sia tutto fin troppo perfetto. E ho la brutta sensazione che ci sia qualcosa che non va..."
Austin si sdraiò sul prato, portando le mani a congiungersi dietro la testa.
Ormai il suo sguardo era rivolto soltanto al cielo con quelle poche stelle che si vedevano nonostante la semi-illuminazione dei lampioni che li circondavano.
"Ci pensi troppo secondo me. Come hai detto tu, ora è tutto perfetto."
Anche la ragazza si sdraiò, ma su un lato, per poter guardare Austin e magari capire qualcosa dall'espressione del suo viso.
"Si, ma tutto questo è nuovo per me, fin troppo nuovo. Prima di Christopher non ero mai stato con un ragazzo, prima di quest'anno avevo solo un amico a questo mondo, prima non volevo più neanche sentir parlare di mio cugino. Invece ora è tutto diverso... Un anno fa non pensavo neanche lontanamente di potermi innamorare di un ragazzo, non lo avrei creduto possibile. A quel tempo pensavo solo a come andare a letto con la ragazza di turno e a cosa dire a Cam quando sarei tornato alle 4 del mattino. E nonostante io sia migliorato in meglio, qualcosa dentro di me non va. Che io abbia qualcosa di sbagliato?"
Austin all'inizio sembrava sicuro, ma quel tono era andato pian piano scemando ed era diventato più insicuro e le sue labbra avevano iniziato a tremare leggermente.
Lui e Kat avevano un rapporto particolare.
Era iniziato tanto tempo fa, quando ancora Chris ed Austin non stavano insieme.
Lei lo aveva aiutato e lui grazie a quella ragazza, anche se in piccola pare, era riuscito ad avvicinarsi di più a Chris.
Gli aveva solo chiesto di osservare quel ragazzo biondo e minuto che si trovava nella sua stessa classe.
Forse a quel tempo nessuno dei due ragazzi ancora non se ne era accorto, ma probabilmente quei due erano già innamorati l'uno dell'altro da tempo.
E lei se ne era accorta.
Probabilmente era stata la prima.
Indubbiamente non era stato facile per i ragazzi, ma nonostante ciò c'erano riusciti e ora vivevano il loro amore, nonostante non fosse tutto rose e fiori, ma ai suoi occhi era comunque il più bello al mondo.
Kathrin voleva provare a rassicurare quel ragazzo che, a tutti era sempre apparso forte e determinato, ma che ora guardava il cielo con le labbra tremanti e mille dubbi nel cuore.
A Kat erano sempre piaciuti gli abbracci, perché l'avevano sempre aiutata e confortata in ogni situazione, quindi decise di aiutare così Austin.
Quando il ragazzo si sentì stringere da una leggera morsa aprì gli occhi e si ritrovò la ragazza dai capelli rossi con la testa appoggiata sulla sua spalla.
"Sono solo dubbi, non possono farti niente. Tu continua ad amare Chris come hai sempre fatto e vedrai che andrà tutto bene."

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