Lacrime di coccodrillo.
Glielo dicevano sempre, le sue erano lacrime di coccodrillo, false, come il creatore delle medesime.
Non aveva mai capito perché gli dessero del falso, ma tutti lo avevano sempre fatto, chiunque lo vedesse soffrire alla fine gli voltava le spalle e gli diceva di non scherzare.
Perché il suo dolore non poteva essere vero?
Austin odiava già abbastanza quel mondo per avergli dato quel carattere insolito e decisamente poco amabile, inoltre doveva anche stare a guardare persone ignoranti che sottovalutavano il suo dolore?
No grazie.
Non ci teneva affatto.
Chi erano poi quelle persone per dirgli cosa era lui, tanto alla fine se ne sarebbero andate.
Alla fine tutti lo lasciavano solo.
Erano passati già 3 mesi e fra poco sarebbe iniziata la settimana di vacanza che di solito la P.C.A. gli lascia, anche per il giorno del ringraziamento.
Ma Austin proprio non ne aveva voglia di stare tra parenti quasi sconosciuto che gli dicevano quanto era cresciuto, gli chiedevano della scuola oppure della fantomatica "ragazza" di cui tutti i parenti chiedono.
Che poi cosa volevano sapere, li vedeva solo 3 volte all'anno e quello già gli bastava.
Austin odiava i posti affollati, con gente che non conosceva, forse perché si perdeva spesso ed aveva un pessimo senso dell'orientamento.
Quel piccolo dettaglio di se però lo aveva sorpreso quando, seguendo l'istinto, si era ritrovato sul retro del dormitorio ad ascoltare la voce del biondo più problematico del mondo.
Quella volta c'era rimasto davvero male, forse perché a modo suo voleva provare a scusarsi e non c'era riuscito.
Non si scusava spesso, anzi, quasi mai, ma quando voleva farlo non ci riusciva, come quella volta.
Però almeno una cosa, delle tante che si teneva nel cuore, era riuscita a dirla.
"Io ci tengo a te" penoso, non poteva dire niente di meno consono a quella situazione.
Avrebbe dovuto dare ascolto a Cameron quando gli diceva ogni volta che doveva aprire di più il cuore alle persone; però proprio non ci riusciva, era una cosa che ancora gli risultava fuori dal comune, o almeno con persone come il biondo.
Stranamente, invece, con Cameron risultava tutto più facile, gli diceva tutto.
Ma ancora non ci riusciva, non con tutti, forse perché nel suo cuore erano racchiusi troppi segreti, che forse è meglio rimangano tali.
Sposta ancora una volta il mouse del computer per rifinire quel l'ultimo bordo, quello che aveva già fatto e rifatto, mille volte; era pronto, era inutile girarci intorno, avrebbe solo dovuto stamparlo e ridarlo al proprietario.
Però qualcosa lo frenava, forse il fatto che ora era odiato dal così detto "proprietario".
"Ti odio", "Vattene", "Sparisci", "Non ti sopporto più"...
Lui non si poteva reputare una persona di molte parole o dai grandi argomenti, ma quel piccoletto sputa-veleno alcune volte lo sorprendeva proprio.
Quanto astio in un corpicino così fragile e minuto.
Astio dedicato solo a lui, per quanto ne sapeva: Alex era il suo migliore amico, Cameron ormai non si capiva più in quale stanza stava, se la 86 o la 210, e ora anche Kathrin.
Buffo, li aveva visti diverse volte in biblioteca, Christopher e la rossa, a studiare insieme, eppure in un certo senso era lui che li aveva fatti avvicinare; anche se non gli era stato detto, a grandi linee aveva capito cosa era successo.
Molto probabilmente la rossa non aveva detto a Christopher il motivo reale per cui era nella sua stanza, settimane prima.
No, non glielo aveva detto, se no il biondo ci avrebbe pensato due volte prima di insultarlo senza freni qualche sera prima.
Il vero motivo?
Semplice, Austin non è poi così falso come tutti pensavano.
Dopo che il biondo aveva deciso di stroncare quel sentimento che piano piano si stava formando dentro di lui, con quel "Ti odio", il moro si era preoccupato; quelle parole non erano facili da ricevere, ma neanche da pronunciare, lui lo sapeva bene, probabilmente Chris stava male quanto lui.
Ma mica poteva seguirlo come uno stalker?!
Avrebbe dato meno nell'occhio, se fosse stata la dolce ragazza dai capelli rossi, ad osservare il giovane, no?
Ad era proprio questo che aveva chiesto a Kathrin.
All'inizio le aveva solo chiesto se avesse notato qualcosa di strano, poi le aveva chiesto di prestare più attenzione al biondo e poi, quella fatidica sera, in cui avevano parlato nella stanza del maggiore, le aveva chiesto di parlare con Christopher.
Ma chi avrebbe mai pensato che tutto questo avrebbe portato ad una amicizia fatta anche di nozioni, compiti e libri?
Nonostante tutto non gli dispiaceva affatto quella assurda situazione; forse aveva contribuito, anche se per poco, a far stare meglio Chris, forse non avrebbe mai saputo perché quella sera la ragazza si trovava nella sua stanza, ma gli andava bene così, gli bastava vederlo sorridere.
Anche se quel sorriso non era per lui, andava bene, non era così narcisista da volere le attenzioni del mondo.
Gli bastava vedere in lontananza il sorriso più bello del mondo, come un mero spettatore, davanti a un film di cui non faceva parte.
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Stanza 210➡ Tematica omosessuale
RomanceChristopher Sparks era ancora troppo giovane e immaturo, quando perse sua madre in un incidente stradale. Era ancora troppo spensierato per comprendere a pieno quella perdita inaspettata. Negli anni successivi, vivere con il padre, stava diventando...