I need a hope

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Il cielo si è fatto cupo, il sole si intravede appena, un vento freddo si è alzato rendendo la giornata alquanto sgradevole e grosse nuvole promettono pioggia. Mi torna in mente l'alba di questa mattina e mi stupisco ancora una volta di quanto il tempo sia imprevedibile, proprio come Jack. Lui che era sparito dalla mia vita, lui che mi aveva lasciato una volta per tutte, che aveva trovato la forza di dirmi addio torna di nuovo a torturarmi. Una tortura che non so più definire: piacevole sì, ma allo stesso tempo rude e violenta. Aver sentito pronunciare il suo nome mi ha lasciato senza respiro, percorso da un fremito che è andato dritto al cuore, stringendomelo come una morsa. Lascio che il suono di quella parola mi riempia le orecchie, il corpo e l'anima. È bastato udire il suo nome per suscitare scompiglio dentro di me, è bastata una sua piccola immagine nella mia mente per farmi capire che non ho accettato la solitudine a cui mi ha condannato. Nessuno di noi tre ha il coraggio di parlare; solo i cavalli cominciano ad innervosirsi per colpa del vento che gli scompiglia i crini. Il baio con la lista, trattenuto da Josh, accenna a qualche piccola impennata e sbuffa scocciato. Le montagne sono nascoste da una coltre di nuvole grigie e Brokeback, di solito illuminata dai raggi solari, potrebbe incutere timore e malinconia nei cuori di chi non la conosce bene. Ma non a me. Questa tempesta, improvvisa come l'amore che mi ha colto impreparato dodici anni or sono, non fa che ricordarmi quel nostro primo giorno piovoso trascorso interamente in tenda. Eravamo entrambi ancora impauriti dai nostri stessi sentimenti, ma non riuscivamo a non guardarci e a non toccarci. Ammettere che eravamo innamorati l'uno dell'altro era un pensiero lontano e inaccettabile, ma quel giorno in cui il cielo versava sulla terra tutta la sua furia, riuscimmo a toccarci senza pensare alle conseguenze dei nostri atti. C'eravamo solo noi: Ennis e Jack. Nient'altro. Uno dei due avrebbe dovuto fare la guardia al gregge, ma chi? Il moro non dava segni di volersi vestire per uscire sotto la pioggia e dal canto mio io lo trattenevo con tutte le armi disponibili. Sguardi ammiccanti, tocchi provocatori e baci lievi furono le mie tattiche per trattenerlo il più a lungo possibile accanto a me. Jack posò il mento sul mio ventre e catturò il mio sguardo con i suoi occhi profondi: azzurro nel nocciola. Accarezzai i suoi morbidi capelli e lasciai che seguisse col viso il ritmo del mio respiro. Mentre fuori il freddo attanagliava ogni cellula vivente, dentro la tenda il caldo dei nostri corpi scioglieva la rigidità della natura. Quel giorno l'unico a sorvegliare il gregge fu il cane che, senza ricevere ordini da nessuno, mantenne le pecore unite nonostante queste fossero terrorizzate per colpa dei tuoni della tempesta.
Il bagliore di un fulmine mi riporta alla realtà e in pochi minuti sento le prime gocce di pioggia scendermi sul viso, rigarmi il collo e sparire tra le pieghe della camicia. Inumidisco le labbra e qualcosa di salato sorprende la lingua. Piccoli brividi di freddo vengono accompagnati da rare, ma pesanti lacrime. Non voglio che Liz o Josh mi sorprendano mentre vengo assalito dai ricordi, perciò gli volto le spalle e prendo fiato. Serro la mascella e stringo fortissimo gli occhi per cacciare indietro le gocce salate. A rompere la tensione che si è creata tra noi sono gli sbuffi terrorizzati del baio che, nonostante l'età e l'esperienza, non ha mai superato la paura per i temporali e il lieve suono della voce comprensiva di Liz.
- Forse è meglio se andiamo al motel. -
Capto a malapena le sue parole. Annuisco, senza neanche riflettere. D'improvviso mi assale la paura di dover aspettare anche solo un minuto di più per conoscere il motivo che ha spinto Liz a raggiungermi; così mi volto di scatto e con le gocce che mi rigano il viso e il fiato corto ritiro la risposta data un attimo fa.
- Ti prego, ho bisogno di sapere. Ora - riesco a pronunciare, prima che un forte senso di impotenza e di vuoto mi catturi. Lei pare capire i sentimenti che provo, addirittura meglio di quanto non riesca a fare io. Sorride con un filo di dispiacere e con un cenno della testa mi invita a seguirla. Josh, che fino ad ora è rimasto in disparte, si fa avanti.
- Aspetta un attimo, Ennis! - mi implora, tirando bruscamente il cavallo per farsi seguire nei suoi passi verso di me.
- No, Josh! Tu sei mio amico, sei importante per me e hai avuto comprensione nei miei confronti; ma ci sono cose che devo sapere. Ti chiedo di restare fuori da questa faccenda. -
- Ennis, lascia che...- cerca di bloccarmi la strada, ma non mi fermo. Scanso il suo vano tentativo di afferrarmi per un braccio e, isolando i rumori che provengono dall'esterno, resto in ascolto dei tempi del mio cuore. Un passo verso Liz, un passo verso la verità. Spero. Vorrei sapere, vorrei conoscere la ragione per la quale Jack ha mandato una donna a fare un lavoro che poteva fare benissimo lui. Forse c'è qualcosa di più, qualcosa di cui sono all'oscuro e il desiderio di conoscere mi spinge ad avanzare con passo veloce. Camminando in silenzio, osservo il corpo minuto di Liz. La pioggia ha bagnato gli abiti e adesso le sue curve sono in risalto, armoniche e perfettamente proporzionate. Ricordo quante volte ho tentato invano di provare attrazione per le donne: dopo Alma, i miei occhi si sono posati spesso su corpi graziosi e delicati in cerca di quel particolare che mi aveva avvicinato alla mia ex moglie. Quando riuscivo a trovarlo, non nego di essermi avvicinato io per primo alla sventurata e di aver tentato un approccio. Durava forse un'ora o due, ma non appena mi rendevo conto che quel particolare non era di Alma, scappavo via impaurito e cancellando ogni mia possibile traccia.
"Perché? Perché a me?". Quante volte ho passato notti insonni ponendomi queste domande, ricercando dentro di me quel particolare che mi aveva attratto. A mente fredda però capivo immediatamente che era Jack. È sempre stato lui. Il sorriso di quella signorina era simile al suo, gli occhi di quell'altra erano della sua stessa profondità o le tonalità del colore dei capelli si avvicinavano moltissimo a quelle del cow-boy. In tutte cercavo lui, ma nessuna era lui. E adesso che ho chiarito con me stesso ciò che dovevo, guardando Liz, finalmente riesco a sorridere. Mi sento libero. Libero per la prima volta, libero da quella gabbia che mi ero costruito tutto attorno. Non cerco in Liz qualcosa che mi possa attrarre: non voglio più agire come la società si aspetta che agisca un uomo, perché non sarà più qualcuno o qualcosa a determinare chi sono. Il mio io dipende esclusivamente da me stesso: non importa da dove provengo, non importa che sangue scorre nelle mie vene o quale sia stato il mio passato. Questo è parte di me, ma non è me! Non permetterò più che siano questi fantasmi a controllare la mia esistenza. Forse è stata la lezione più dura, più difficile ma più importante che la vita mi abbia posto davanti. Un ostacolo invalicabile se affrontato da solo; tuttavia qualcuno (chiamatelo come volete: Dio, il Fato o la Vita) ha ben pensato di non lasciarmi solo. Una mano delicata e un sorriso caldo mi hanno raggiunto, mi hanno avvolto e portato in alto. L'ostacolo sembrava così alto e imponente, ma con lui accanto cambiava tutto. Nonostante Jack tentasse in tutti i modi di accompagnarmi nella discesa, io fui impaurito da ciò che avrei potuto trovare una volta toccato terra dall'altra parte dell'ostacolo. Così lo maltrattai, lo disprezzai e lo rifiutai. Tremavo al pensiero di dover scendere: perché non potevo starmene lì in alto? Ero al sicuro, non avrei dovuto scegliere e non avrei dovuto dare delle spiegazioni a nessuno, primo tra tutti a me stesso. Lui rimase al mio fianco finché ebbe tempo disponibile, ma poi dovette scendere e si allontanò da me. Improvvisamente mi ritrovai solo, di nuovo. Dovevo scegliere: scendere e ritrovare Jack, oppure tornare al punto di partenza. In ogni caso sarebbe stata una mia scelta e a nessuno avrei potuto attribuire una colpa. Neppure a mio padre.
Toccato terra però non trovai ciò che mi aspettavo: Jack non era lì. Mi ero accettato e avevo riposto l'ascia di guerra con me stesso e con il mio genitore.
E ora mi guardo indietro senza rimpianti e senza rancori, libero. Quello è stato il mio passato e non lo potrò mai cambiare, ma posso lavorare sul presente. Posso sognare un futuro diverso. Dio solo sa quanto vorrei Jack al mio fianco, ma l'ho perso per sempre.
Con la pioggia che picchietta sul mio cappello e questo macigno nel cuore e nella mente, ci inoltriamo nel bosco dopo aver sceso la leggera collina e lasciato dietro di noi Josh. La giovane cammina abbastanza velocemente, quasi impaziente di stare sola con me. Mi domando di cosa voglia parlarmi: Jack mi ha lasciato di sua spontanea volontà e i mesi che sono trascorsi senza avere la minima notizia di lui hanno confermato che tra noi fosse tutto finito. La flebile scintilla che ormai si stava spegnendo in me, viene nuovamente alimentata da un arrivo inaspettato. Un lieve tepore si venne a creare non appena quella sconosciuta, in una notte d'inverno, disse di conoscere Jack e di avere poco tempo. Ma per cosa? Forse...
- Qui va bene - dice all'improvviso Liz, ridestandomi dai miei pensieri e fermandosi sotto un grosso albero con le fronde molto larghe. Siamo ancora agli inizi del bosco, ma abbastanza nascosti da non farci vedere o sentire da nessuno. Sia io che lei siamo percorsi da brividi di freddo, ma nessuno dei due ha intenzione di andarsi a riscaldare senza aver prima chiarito qualcosa. Prendo coraggio e rompo il ghiaccio:

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