Paura. Rabbia. Dolore. Sono tutti sentimenti che conosco bene, forse troppo bene. Quante lacrime ho lasciato che segnassero il mio viso fino a quasi scavarlo, bagnandolo di quella leggera salsedine di cui sono diventato dipendente. Quante notti ho passato rannicchiato nell'angolo più buio della mia stanza a disperare e mordermi il labbro, fino a sentire il sapore del sangue. Quante strade ho percorso senza sapere neanche dove portassero, camminando a caso, privo di una meta precisa e alla vana ricerca di un "perché". La paura di poter perdere anche me stesso mi assale da quel giorno, mi sento perso in una foresta di rabbia e dolore. Più cerco di uscirne e più mi ritrovo infilzato da quelle maledette spine che mi ricordano la mia colpevolezza. Mi sento soffocare.
Ricordo alla perfezione quei suoi occhi luminosi, brillanti e pieni di vita. Ricordo il suo braccio alzato, le dita della mano che quasi sembravano staccarsi tanto erano tese verso di me. Ricordo il suo ultimo sguardo rivolto a Kevin. Quella notte sono finito all'inferno e lì sono rimasto. Avvolto dalla consapevolezza che le cose non sarebbero mai potute cambiare, mi lasciai del tutto trasportare dal quel fiume in piena che era diventata la mia vita. Abbandonato dalla mia famiglia, da mio fratello maggiore, decisi di isolarmi dal mondo intero. Lavorai per rimettere in piedi definitivamente il motel e iniziai a rigare dritto. Lavorai sodo per perdere la capacità di pensare, di ricordare. E Brad...beh, in nessun modo riuscii ad abbattere il muro che si era costruito attorno a sé, il suo dolore era troppo forte. A mia volta, sentendo che non sarei mai riuscito a riavere indietro i miei fratelli, mi nascosi dietro un muro di silenzio e sofferenza. La paura di poter ferire di nuovo qualcuno mi portò a non volermi legare più a nessuno. La paura di commettere un altro passo falso mi bloccò a non farne più neanche uno. Rimasi fermo lì, nel limbo in cui ero caduto quella notte.
Poi è arrivato lui, Ennis Del Mar. Con lo sguardo perennemente rivolto verso il basso, le spalle piegate in avanti e i passi pesanti e faticosi. La prima volta che lo vidi, col cappello fraccato sulla testa bionda e l'aria di chi ha una colpa tremenda, pensai fosse un uomo con un passato e un presente da dimenticare. Proprio come me. Sentivo che la vita non era stata facile per nessuno dei due e necessitavo disperatamente di qualcuno con cui poter parlare. Il motel è di certo un lavoro che gradisco, un lavoro che mi ha permesso di mettere la testa a posto e che mi ha tenuto (sebbene inizialmente non lo desiderassi) a contatto con la gente. Mi ha permesso di non crollare del tutto. Ma per quanta gente abbia conosciuto, nessuno è mai rimasto a sufficienza da poterlo definire amico. Tutti passanti, nessun amico. Quando arrivò alla mia porta Ennis disse di non sapere per quanto tempo si sarebbe fermato, ma che necessitava disperatamente di un letto sul quale giacere. Arrivammo velocemente ad un accordo affittuario e si sistemò nella stanzetta priva più di tutte di ogni comodità. La vicinanza nelle prime settimane fu molto semplice: non appena tentavo di parlargli, Ennis trovava sempre il modo per chiudere in fretta il discorso. Come un gatto evita l'acqua, così lui evitava ogni tipo di contatto con me. Fu grazie ad un mio sogno che finalmente riuscii pian piano ad abbattere le difese che il mandriano si era costruito. Quella sera, nonostante il sole fosse calato da un pezzo, continuava a persistere una cappa di caldo, troppa per la stagione. Tutte le finestre erano aperte per far circolare quei piccoli colpi di vento che ogni tanto ci gradivano della loro presenza. Mi rigiravo nel letto. Benché fossi a petto nudo, sentivo le goccioline di sudore percorrermi la schiena. Con la testa pigiata sul cuscino cercavo di scacciare quei pensieri che continuavano a torturami. Il suo braccio teso, le sue lacrime, il suo sorriso. Basta! Imploravo la mia mente di mettere a tacere tutti quei ricordi, ma niente. Jeremy era sempre con me.
Poi improvvisamente caddi in un sonno agitato. Mio fratello minore mi guardava negli occhi con uno sguardo preoccupato. Forse gli era pure scappata una lacrima, ma non ne ero sicuro. Ci scrutavamo come se volessimo studiare ogni minimo particolare l'uno dell'altro per imprimercelo nella mente e non dimenticarlo più.
- Ho paura - mi confidò con un filo di voce.
- Non temere, andrà tutto bene - cercai di confortarlo come potei. Una pacca sulla spalla ancora da ragazzino e un ultimo abbraccio. Mi alzai dal letto e andai a guardare fuori dalla finestra. Brad era giù a sistemare le valigie nel furgoncino che ci avrebbe condotti in città. Da lì mi sarei dovuto arrangiare come riuscivo.
- Non voglio aspettare ancora, Josh! - urlò Brad.
- Devo andare piccola peste - ritornai con lo sguardo su mio fratello e uscii dalla sua stanza. Poco prima di raggiungere le scale sentii dei movimenti rapidi e poi la sua voce mi raggiunse.
- Qualsiasi cosa accada, parla sempre Josh. Parla con chi ti è accanto! -
Quelle parole mi colpirono. Sapevo che Jeremy le diceva perché mi conosceva a fondo. In America sarei stato da solo, senza i miei fratelli a darmi una mano. E beh...Jeremy, nonostante fosse più piccolo di me, in più occasioni si era dimostrato preparato e attento alla vita. Non come me. Strinsi sulle spalle la sacca che tenevo appesa e scesi le scale.
Mi svegliai. Ancora l'eco della sua voce nella testa. Con fatica scivolaii giù dal letto e trascinai il mio corpo fino alla sala d'ingresso. Aprii la porta e andai a sedermi sulla panchina. Accesi una cicca e rimasi a guardare il cielo.
- Fatica a dormire? -
- Porca troia! - sobbalzai nel sentire una voce a me sconosciuta. Dietro ad un albero riuscii ad intravedere la figura di un uomo. Le spalle rigide, la schiena ancora di più e la testa chinata verso il basso. Ennis Del Mar.
- Che paura! - continuai.
- Scusa - ridacchiò.
Rimase lì, accanto all'albero, a fissare chissà cosa. Presi coraggio e parlai.
- Come ti trovi da me? -
- Bene. -
Il silenzio scese nuovamente. Attesi.
"Ancora un minuto, poi parlo" pensai. E proprio quando ero lì lì per aprir bocca, Ennis mi sorprese.
- La notte non è facile - e lo disse scostando un sassolino col piede. Non sapevo nulla di lui allora. Non riuscii a comprendere appieno le sue parole in quel momento, ma certo era che mi trovava pienamente d'accordo.
- Cazzo, no. Non lo è per niente - mi morsi il labbro e sperai che continuasse.
- Ti ho sentito - disse spostando lo sguardo verso sinistra, quasi si vergonasse della sua confessione. Sapevo che di notte i miei lamenti erano forti, ma non credevo così tanto. È vero, le finestre erano aperte e la stanza di Ennis è la più vicina alla mia camera da letto, ma comunque questa cosa mi sorprese.
- La vita non è facile - decisi di correggerlo.
- In effetti -
- Sai quando credi di conoscere una persona e questa invece si rivela essere diversa? - chiesi dando quasi per scontato che lo sapesse. Ennis annuì con la testa. Non potei fare a meno di roteare gli occhi.
- Beh amico...sei di grande conforto - cercai di ironizzare.
- Io...scusa. Meglio che vada a dormire - tentò di chiudere. Si affrettò e mi superò. Colto da un desiderio di parlare, scattai in piedi e lo afferrai per il braccio.
- Domani è domenica, niente lavoro. Resta qui - lo invitai. Nel suo sguardo lessi sbigottimento, stupore e confusione. Ennis sbatté le ciglia e abbassò per l'ennesima volta gli occhi.
- Un mio amico mi diceva sempre di non tenere mai gli occhi rivolti verso il basso - parlai.
- Perché? -
- Perché vedrai i dettagli del suolo solo se presterai davvero attenzione, mentre così facendo ti perderai le meraviglie del cielo. -
Per un attimo ci guardammo negli occhi e poi scoppiammo a ridere. Era la prima volta che vedevo un sorriso su quell'uomo. In qualche modo mi ricordava Jeremy.
- A volte mi sento così solo - sputò fuori Ennis all'improvviso. Non piangeva. Era solo molto malinconico.
- Che c'è? - con gli occhi lo spronai a continuare.
- È che non è facile. Niente è facile in questa vita - si allontanò rivolgendomi le spalle - Ed è tutta colpa sua! Mi tiene bloccato a sé e io non riesco a farne a meno - urlò tirando fuori parte della sua ira. Non dissi nulla. Capii che necessitava di sfogarsi.
- Ci ho provato. Ci ho provato davvero. Io...non sono niente, non valgo niente! -
- Che dici Ennis? -
- Alma è la donna che tutti sognano e io non sono riuscito ad amarla. Non come tutti si aspettavano che facessi -
- È tua moglie? -
- No...cioè sì ma .. no. Ci siamo separati -
- C'è un'altra? - cercavo di andarci piano, di non essere invandete ma confortare le persone non è il mio forte.
- Sì. Però...- non finì la frase. Scappò via. Rimasi da solo. Ma quella piccola confessione aveva instillato in me una scintilla di curiosità che ben presto divenne un fuoco ardente. Guardai le "meraviglie del cielo": piccole luci che illuminano un telo nero e cupo. Jeremy ne aveva di fantasia.
La sera dopo uscii nuovamente a bere un bicchierino nella speranza che Ennis si facesse vivo, ma niente. E lo stesso la notte dopo. Niente.
Dovetti aspettare circa un paio di settimane prima che Ennis, con la testa china, facesse capolino da dietro l'albero.
- Sei vivo cowboy? - lo presi in giro accennando un sorriso.
- Scusa...non mi sono più fatto vedere e sentire -
- Tranquillo, non devi se non vuoi - lo rassicurai. Ennis fece di sì con la testa e accennò un sorriso tirato. Mi volse le spalle e fece per andarsene, ma si fermò.
- Avrei dovuto amarla, avrei dovuto essere il suo uomo e invece non ne sono stato capace...-
- Ennis...io credo che...-
- No! - urlò voltandosi verso di me e afferrandomi per le spalle - Tu non hai la minima idea di come ci si sente! -
- Può succedere che il matrimonio non funzioni, non è colpa tua! Se poi c'è un'altra...- non feci in tempo a finire la frase perché Ennis si accasciò tra le mie braccia.
- Se solo sapessi. Se solo avessi la forza di andarmene, se solo riuscissi a vivere senza di...- lasciò la frase in sospeso.
- Guardami Ennis - dissi afferrandogli il viso tra le mani. Lo guardai negli occhi e posai la fronte sulla sua. - Se con questa ragazza non va...- cercai di parlare, ma non sapevo nemmeno io cosa dire. Poi Ennis mi guardò e fece una cosa che non mi aspettavo. Chiuse gli occhi e posò le sue labbra delicatamente sulle mie. Rimasi bloccato. Fu un attimo, proprio fuggevole, ma mi tornò in mente l'abbraccio di Kevin e Jeremy. Il loro ultimo abbraccio. Fu un bacio appena sfiorato, le sue labbra erano calde e lisce e mi stupii non tanto del bacio in sé, ma di quel terrore che riuscii a percepire dalla sua vicinanza.
- Ennis...io...mi dispiace, ma non sono...-
- Lo so. Perdonami - si alzò e mi rivolse nuovamente le spalle. - Non sapevo come dirtelo -
- E l'idea migliore che ti è venuta è stata baciarmi? - cercai di sdrammatizzare, sebbene fossi rimasto un po' scioccato da quel bacio. Alzai lo sguardo al cielo e cercai consiglio non so neanch'io dove.
- Scusa, non volevo baciarti...Solo che non l'ho mai detto a voce alta e...-
- Ennis, ti rendi conto di ciò che hai fatto? Cioè...se non fossi stato io a quest'ora saresti già...- non finii di parlare. Come potevo dirgli che sarebbe morto? Come, se sono proprio io che ho lasciato morire mio fratello?
- Josh ascolta, l'ho fatto perché volevo che capissi. Io non...riesco...-
- Una volta un mio amico mi disse "qualsiasi cosa accada, parla sempre Josh. Parla con chi ti è accanto" -
- È sempre quell'amico che ti ha detto delle meraviglie del cielo? -
Sorridemmo e quella notte Ennis si confidò con me. Con fatica riuscì a raccontarmi di Alma, della sua vita e di quella maledetta montagna. Parlò di Jack e lessi nei suoi occhi quanto fosse innamorato di lui. Ogni sua parola era pesata, pensata e studiata. Mi parlava con sentimento e ogni suo ricordo per lui era come tornare indietro nel tempo. Non pianse mai, ma la mascella era serrata e gli occhi luccicavano.
Dal suo racconto ebbi timore che il suo sentimento non fosse ricambiato da Jack, almeno non pienamente. Ebbi la paura che anche Ennis, come Jeremy, potesse...
- Morire? - la voce di Ennis mi riecheggia in testa. - Che vuoi dire? -
Mi scuoto dai miei ricordi, lo sguardo del mio amico è su di me, stupito e arrabbiato. Mi sento sprofondare quando realizzo che devo dare delle motivazioni per ciò che ho fatto. Brad mi sorride leggermente, quasi a spronarmi. Mi faccio coraggio e guardo Ennis dritto negli occhi. Sto per parlare, ma lui mi ferma.
- Josh, non mi dire che è per...per Jeremy? -
- Aspetta...Tu, tu sai? - chiedo stupito e incredulo. Qualcosa, non so neanche io descrivere cosa sia, mi attraversa anima e corpo. Ogni singola fibra del mio essere si rilassa, prende forza e coraggio da qualche parte. Da dove? Questo non lo so. Ma sento che c'è qualcosa o "qualcuno" che mi sta spingendo a parlare.
- Ennis...io...non ho scuse. Ho messo il naso in faccende che non mi riguardavano e ho solo fatto casino. Ma in fondo è ciò che ho fatto in ogni minuto della mia vita: casino. -
- Josh, ma che dici? - riprende Ennis - Se sei tu ad aver portato chiarezza e tranquillità nella mia esistenza? È grazie a te se ho trovato coraggio! E...-
- E cosa? - domando, sicuro di ricevere una bella porta in faccia.
- E grazie anche alla tua storia. Alla vostra storia - e mentre pronuncia queste parole si rivolge anche a Brad. - È grazie a quello che mi ha raccontato Brad, a quell'amore che Kevin ha perso, alla vita spezzata del giovane Jeremy che ho potuto capire quanto mi stessi sbagliando. Ho capito molto, tanto. Ma una cosa ho compreso più di tutto: che la cosa più bella della vita è prima di tutto amare se stessi. Ed è questo enorme ostacolo, che non riuscivo a superare, che mi impediva di amare pienamente Jack. Mi impediva di lasciarmi amare da lui. Sapete...- e si rivolge anche a Liz, sorridendole - Mio padre...beh, si può dire che non sia stato un padre a cui aspiravo di diventare. Ma è sempre stato mio padre. I genitori non te li scegli. Te li ritrovi e basta. Ma sta a te decidere come viverli, in che modo affrontare questa convivenza. E io...ho sempre temuto mio padre. Era un uomo rude, violento e feroce persino. Ho tentato di essere come lui. Ci ho provato davvero! Ma più forzavo il mio essere ad assomigliare a lui, più mi odiavo. Dovevo essere come diceva lui. Ho sposato Alma perché in qualche modo è stato lui a spingermi a farlo. Cazzo! Non avete idea di quanto mi manchi Jack...-
Abbassa lo sguardo e si trattiene. Non è più l'Ennis di una volta. Le sue spalle sono aperte, la schiena dritta e forte e il cappello lo tiene in mano. Non si nasconde più dietro al suo amico fedele.
- Ho lasciato andare mio padre. Ho lasciato che riposi in pace nella sua tomba. Non può più condizionare la mia vita, ma...conoscete quella sensazione? Quando cammini per strada e ti sembra che lo sguardo della gente sia su di te? E' una sensazione di fastidio e ti sembra che ti maledicano per ciò che sei. Anche solo per essere nato. Mi ritrovo a guardarmi indietro. Non trovo una luce accesa, una porta aperta che sia pronta ad accogliermi. Tutte le case sono chiuse, mute. E sono lì, in mezzo alle case, in cerca di calore. Ma sono solo, con mille spine che infilzano la mia carne, le maledizioni di ogni essere vivente che mi avvolgono le membra e la mancanza di aria da farmi quasi soffocare. Quella non riesco ancora a cacciare via. Ho paura, paura di vivere in città. Per questo mi ritrovo a prendere affitto in posti di periferia. -
E mentre parla piange. Piange di un pianto tranquillo. Le lacrime scendono calme. Non è disperato, è solo infastidito. Molto probabilmente da quella sensazione che solo lui conosce, ma che in parte sento essere ciò che provo anch'io.
Giro lo sguardo e osservo il panorama innevato. Tutto così bianco, candido. Sembra che gli abitanti della terra siano angeli che camminano silenziosi in un paradiso vergine. Ma di vergine non ha nulla la terra. La neve copre, fa apparire tutto candido e pulito. Sotto, però, permane la distruzione.
L'odio che scivola tra i sentieri degli umani. Il sangue versato per errori umani. La morte che avvolge i colpevoli e non. Tutto sotto il freddo inebriante della neve.
- Credo che tu sbagli una cosa Ennis. -
A parlare è Liz. Tutti noi ci rivolgiamo con lo sguardo su di lei. Il cowboy la osserva per qualche secondo, ma poi torna a fissare il vuoto. È sicuramente attento a ciò che gli vuole dire Liz, ma si mantiene ad una certa distanza con l'atteggiamento.
- Non credo che tu possa trovare calore se ti guardi indietro. Quello è stato, è passato. Se quando il passato era il tuo presente non hai trovato una porta aperta, uno sguardo confortevole o un mano tesa verso di te, dubito che li potrai trovare ora. Il presente di allora è diventato passato e quello che per te era il futuro, adesso è il tuo presente. Prova a pensare: nel tuo passato pensavi al futuro e speravi di trovare calore umano, una zona in cui poter stare e vivere come credevi fosse meglio per te. Questa speranza la riponevi nel futuro. Perché ora, che il tuo futuro è diventato presente, tutto ciò lo cerchi ancora nel tuo passato? Non ha senso. -
- Eh? - cerco di sdrammatizzare la situazione, anche se del suo discorso ho capito ben poco. Passato, presente e futuro. Okay, ma per come l'ha messa giù lei non c'ho capito molto.
- Liz vuole dire che non devi cercare conforto e ciò che cerchi nel tuo passato. Se permetti, sono pienamente d'accordo con lei. Ennis...- Brad si avvicina e dolcemente gli poggia la mano sulla spalla per farlo voltare - La vita è ora. Non ieri. Non domani. Oggi. -
- Non senza Jack, non senza di lui -
- Oh mio caro Ennis - interviene Kevin, che fino ad ora era stato in silenzio ad ascoltare - La vita non è la stessa senza Jeremy. Non è come l'avevo immaginata quando era tra le mie braccia. Ma è pur sempre vita la mia. Non posso permettermi di spegnermi sebbene, lo confesso, ci siano momenti in cui non vorrei altro se non quello. La vita. Com'è ironica e bastarda a volte. Ti presenta un amore vero, sconfinato e sincero però poi te lo strappa via, lacerandoti in due. Una parte di me è andata via con lui, sai? Ma quella che è rimasta, quel piccolo pezzo di me che ancora c'è sta lottando disperatamente per restare aggrappato alla vita. E lo vuoi sapere? Ogni giorno vince. Ogni secondo in cui vivo la mia vita con tranquillità, quella parte di me cresce sempre di più. Si appropria sempre di più della mia carne, del mio corpo e della mia anima. Voglio arrivare fino in fondo. Voglio arrivare a scalare le vette più alte della mia esistenza, se questo significa riappropriarmi pienamente di me stesso. Amare è bello Ennis, ma non confondere l'amore con l'ossessione e il possesso. Non c'entrano niente l'uno con l'altro. So che tu ami Jack, lo vedo da come ti si illuminano gli occhi quando parli di lui. Però non fartene un cruccio. Lascia che l'amore si impossessi prima di te, che ti porti ad amarti per ciò che sei e poi ama Jack. E amalo fino in fondo, senza ma e senza se. Tu hai una fortuna che a me è stata tolta...però, porca troia, vivila anche per me! D'accordo? - e si avvicina ad Ennis, commosso e provato dal suo discorso. Lo stringe forte e poi si ritrae indietro. Tocca a me, lo so. Devo dargli una spiegazione. Se la merita.
- Ennis - parlo - Ascolta amico, io...sono stato io a scrivere quelle due lettere. Volevo separarvi. Volevo che Jack ti lasciasse in pace perché dentro di me temevo ti potesse accadere qualcosa. Quando Jack è arrivato da noi ho visto che era pazzo di te. Perso senza di te. Ma questo non credevo fosse amore vero. Temevo che, siccome lo respingevi continuamente, avrebbe fatto qualcosa di folle. Era abbastanza incline alle liti - ripenso a quella sera in cui mi picchiai con Jack. Sorrido. - Beh, lo ammetto, anche io non ero tanto meglio - e tutti ridiamo un po'.
- La mia paura era che potesse farti del male. Ho temuto di perderti, come...come era successo con Jeremy. Ho lasciato e ho permesso che mio fratello morisse sotto i miei occhi. Mai più. Non avrei più permesso che qualcuno a me caro soffrisse. O peggio. Così, pensai che se lo lasciavi con una lettera Jack si sarebbe rassegnato. E feci lo stesso per te. Dovevi dimenticarlo. Dimenticarti di Jack perché ti avrebbe solo ferito e basta. - Non riesco più a parlare. Solo ora mi rendo conto di quanto il mio discorso sia ridicolo. Ennis mi sta fissando. Ha uno sguardo che non riesco a decifrare. I suoi occhi sono sereni e lucidi, ma non capisco cosa vogliano dirmi.
- Cavolo Josh, non ti è venuto in mente niente di meglio? - rompe poi il silenzio.
- Eh? - mugugno sbigottito.
- Dai, lascia stare amico, non fa niente. Alla fine doveva andare così. Però...magari la prossima volta lascia le mie faccende a me! - mi chiede gentilmente, ridendo. Tutti mi stanno fissando: Liz ha uno sguardo meno assassino di quando è arrivata, Brad sembra essere fiero di me e Kevin si sta perdendo tra i ricordi di Jeremy. Credo che avere i due fratelli vicino a lui non faccia altro che ricordagli il suo giovane amore.
- Credo che tutti abbiamo voluto un po' troppo tenere sotto controllo le faccende e gli affari degli altri. Josh - e mio fratello mi guarda con sguardo affettuoso - come tu hai voluto controllare che a nessuno più succedesse qualcosa di brutto dopo Jermey, così io ho voluto controllare la storia tra Kevin e nostro fratello. Abbiamo avuto entrambi la presunzione di poter controllare gli avvenimenti. Ma sai, credo che noi possiamo solo decidere come affrontare ciò che ci accade. Perché, se ci mettiamo il naso in mezzo...beh, abbiamo visto cosa succede! - abbassa lo sguardo, probabilmente provato dall'aver parlato di Jeremy.
- Vi chiedo scusa ma, ecco...io...ho fatto una promessa a vostro fratello. E ho un appuntamento con lui e sono già in ritardo - cerca di ironizzare Kevin. Sorride forzatamente e ci guarda uno ad uno. È ancora turbato, ma molto più sereno di quando lo rividi per la prima volta dopo anni. Liz lo saluta con un bacio sulla guancia mentre noi gli stringiamo forte la mano e lo salutiamo con una pacca sulla spalla. Kevin chiude casa e ci lascia fuori, al freddo. Tutti sappiamo che non potremo stare qui all'infinito, ma nessuno fa il primo passo per muoversi. Osserviamo. Guardiamo Kevin che si allontana piano, con passo lento e regolare, verso il centro del paese. Non è assolutamente vicino il luogo che deve raggiungere, ma credo che Kevin sia contento di poter stare da solo a camminare pensare. Diventa sempre più piccolo, si allontana e tra poco scomparirà tra le gobbe di neve e quei pochi alberi innevati.
- Brokeback Mountain! - dico come un sussurro.
- Cosa? - chiede Liz.
- È lì Jack! A Brokeback Mountain! -
- E tu lo sai perché...- dice ironica Liz.
- Ennis...guardami! - lo afferro per le spalle e lo costringo a guardarmi. - Sai meglio di me che lui è lì! A Brokeback Mountain! -
- Josh...Hai idea di quanto sia grande Brokeback? - interviene mio fratello. - Per trovarlo dovremmo avere degli elicotteri o dei cani poliziotto! - ragionando proprio da vero capo della polizia.
- Aspettate! Josh ha ragione! - irrompe allarmata Liz - Ennis...Jack un giorno mi disse che qualunque cosa fosse successa tra voi, sarebbe finita lì. A Brokeback. Io non so di più, non conosco il luogo preciso a cui lui si riferisse, ma queste furono le sue parole. A Brokeback era iniziato e a Brokeback sarebbe finito. -
Ennis pensa, riflette e capisce. C'è poco tempo. Jack pensa che Ennis non lo ami più e crede che senza il biondo non sarà capace di affrontare tutto. Parole di Jack. Ennis me le ha confidate una sera, in quella benedetta panchina delle confidenze.
Ennis è chiaramente impaurito, ma serra la mascella e ci guarda.
- Io so. -
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Ritorno a Brokeback Mountain
Hayran KurguQuesta è la storia di Ennis e Jack se le loro vite si fossero incrociate più spesso, se avessero detto meno volte "no" e più volte "si" al loro amore puro. Amore, rabbia, gelosia si incrociano e alla fine chi trionferà? Sarà inevitabile la morte di...