Libero. Anche questo corridoio è libero. Cammino punta-tacco cercando di essere il più silenzioso possibile. Passo davanti alla sua porta e percorro il corridoio, fino in fondo. Anche stasera sono riuscito ad arrivarci.
Le prime notti che ho passato nell'istituto sono state nostalgiche, mi mancava la mia libertà e, ovviamente, un buon bicchiere di gin. Andando avanti il desiderio si è fatto sempre più impellente e asfissiante; di giorno parlavo con gli altri pazienti, assistevo alle riunioni. Tenevo la mente impegnata. Ma la notte... il desiderio di bere era talmente profondo da impedirmi di dormire, passavo ore a rigirarmi nel letto, i muscoli tesi e doloranti, la testa che mi martellava. Nel tentativo di dominarmi, cercavo di canticchiare, di suonare un concerto nella mia mente e di utilizzare la pediera del letto come fosse la tastiera di un pianoforte. Ma non mi bastava, le note rimbombavano vuote nella mia testa, e io non conoscevo che un solo modo per riempire il vuoto. Così una notte sono sgattaiolato fuori dalla mia stanza. È stupido cercare il vino in un centro di recupero, lo so, ma la dipendenza ti ossessiona e ti costringe a gesti folli. Volevo raggiungere le cucine perché lì, forse, avrei trovato da bere. Le cucine e la dispensa erano dislocate a piano terra, lontano dai reparti. Per raggiungerle avevo percorso una serie di corridoi semi illuminati. Ero quasi arrivato quando mi sono imbattuto nella guardia notturna. Se mi avesse visto sarebbero stati guai, quindi mi sono defilato entrando nella prima stanza che ho trovato.
La stanza era enorme e buia, all'inizio non riuscivo a vedere niente, ma pian piano la luce proveniente dai lampioni posti all'esterno dell'istituto ha svelato le sagome di una miriade di cianfrusaglie accatastate: la rete sfondata in un letto e un materasso arrotolato su se stesso, cassette vuote di acqua minerale, pile di vecchi giornali, un comodino sgangherato...
Beh, se Dio esiste, è un musicista come me. E ha accolto le mie preghiere.
Un pianoforte. Come diavolo fosse finito lì un pianoforte e per giunta accordato, non lo so, ma c'era. Ho aspetto un po' prima di suonare, così da essere certo che la guardia se ne fosse andata via. Le dita tremavano impazienti mentre alzavo il coperchio scoprendo i tasti. Ho inserito la sordina e...
Da quella volta vengo in questa stanza ogni notte. Non dormo molto, ma suono. E' libertà!
Anche questa notte sono qui. Comincio ad improvvisare su un vecchio pezzo jazz e già mi sento meglio. Faccio uno swing e mi dedico ad una scala diesis, quando...
"Cameron?"
Mi volto di scatto allarmato.
"Che ci fai qui?"
"Potrei farti la stessa domanda" risponde.
"Ci vengo ogni notte per suonare. Dormire è impossibile."
Annuisce.
"Come hai fatto a trovarmi?"
"Dal momento che ho buttato nello scarico il Tavor e ho finito di contare tutte le pecore dell'ovile, ma ancora non riuscivo ad addormentarmi, sono uscita dalla stanza per farmi un giro, ti ho visto in fondo al corridoio e ti ho seguito."
"Infrangi di nuovo le regole? Una punizione il primo giorno non ti è bastata?" le chiedo sorridendo.
"Al diavolo" mormora avvicinandosi. La guardo a lungo ed osservo il gioco che la luce che filtra dalla vetrata fa con i suoi capelli chiarissimi. Lei sembra imbarazzata, si passa una mano tra i capelli quasi volesse nasconderli al mio sguardo. Io li immagino morbidi e setosi tra le dita.
"Sei ribelle. Mi piaci" concludo tornando a guardare la tastiera.
"Volevo scusarmi con te" mormora. "Il punto è che sono molto riservata e non mi va di parlare di me e della mia condizione. Ma ti ho trattato ingiustamente oggi" conclude.
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Red as Blood, Red as Wine
General FictionAbigail ha sedici anni, una madre assente, un padre freddo e distaccato, un amico molto particolare e una lametta con cui si ferisce spesso per scappare da una vita che odia. Cameron ha diciotto anni, una madre che l'ha abbandonato, un lavoro che od...