~Capitolo 36~

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Thomas

Il Natale. Festa meravigliosa, nulla da dire in proposito. C'è Babbo Natale, i regali, bambini eccitati che corrono da una parte all'altra, biscotti e panettoni ma, purtroppo, c'è anche quello che tutti gli anni ti presentano come: il pranzo di famiglia. Non importa se hai una famiglia allargata o piccola, tranquilla o casinista, piacevole o rompipalle, a Natale si sta tutti insieme appassionatamente, che lo si voglia o meno.

E così fu anche quell'anno per me. Esattamente a mezzogiorno e mezza mi ritrovai di fronte alla casa dei miei nonni materni con indosso la camicia buona e i pantaloni eleganti, con un panettone di pasticceria tra le mani ed un finto sorriso stampato in faccia. Avevo davvero pochissima voglia di essere lì. Avrei tanto voluto passare il Natale a casa, una volta tanto, e non fare un viaggio di molte ore per un pranzo tutt'altro che piacevole.

I soliti <<Buon Natale>> ripetuti cinquanta volte in pochi minuti, che erano solo una facciata perché tempo di iniziare a pranzare e già si sarebbero messi a discutere su una cosa o su un'altra, contraddicendosi a vicenda.

Finiva sempre così, ogni Natale uscivamo da casa dei miei nonni nervosi e privi di spirito natalizio. In fondo però era <<così che dimostravamo di volerci bene>>, diceva mia madre a mia sorella quand'era più piccola. Ora anche April aveva capito come funzionasse e, come era buona educazione fare: salutava, faceva gli auguri e si prendeva i regali, senza aggiungere nient'altro. Solo che, così, una ricorrenza tanto speciale com'era il Natale veniva ridotta ad una semplice festa commerciale.

Con gli anni si sentono sempre di meno le feste e questo è perché dopo tanti anni che vedi e fai le stesse cose, tutto perde quella magia che aveva all'inizio. Quando si aspettava svegli fino a tardi l'arrivo di Babbo Natale crollando inevitabilmente alle undici di sera, e poi il mattino seguente si trovavano sorprendentemente tanti regali sotto l'albero e ti chiedevi come fosse possibile.

Quando la magia svanisce però è difficile recuperarla. Quasi impossibile. È per questo motivo che avevo cercato di tener vivo in mia sorella l'esistenza di Babbo Natale. Perché quando i miei genitori mi avevano detto la verità, quando ero poco più piccolo di April, il mondo che mi era crollato addosso e non ero più riuscito a ricostruirlo.

<<Mi annoio, Tom...>> sbuffò April appoggiando i gomiti al tavolo, sotto cui eravamo seduti da più di quattro ore.
<<April, tira giù i gomiti dal tavolo>> la rimproverò mia nonna, interrompendo per un istante la conversazione con mia madre.
La bambina sospirò, alzando gli occhi al cielo, facendo come le aveva detto la nonna.
<<Non mi piace affatto il tuo comportamento, ragazzina>> ribatté.
<<Ma non ho fatto nulla!>> esclamò April alzando la voce.
<<Non urlare, April!>> intervenne mia madre.
<<Ma dai sempre ragione a lei!>> si lamentò mia sorella.
<<Basta>> la fulminò con lo sguardo e la bambina non poté far a meno che ubbidire.

Finiva sempre così, mia madre non sosteneva mai mia sorella, neppure quando aveva palesemente ragione. Mi faceva imbestialire quando faceva così.

<<Suvvia, smettetela >> intervenne mio nonno versandosi l'ennesimo bicchiere di vino. <<Allora, Thomas?>> si rivolse a me.
<<Allora cosa?>> alzai lo sguardo dal piatto.
<<Come va la scuola?>> domandò.
<<Tutto bene>>.
<<Hai deciso allora per l'anno prossimo?>> continuò il solito interrogatorio, composto dalle solite tre domande.
<<Non ancora, nonno>> sospirai alzando gli occhi al cielo.
<<Sì, ma avrai qualche idea>> insistette come suo solito.
<<Non lo so!>> sbottai scocciato. Ogni volta dovevamo parlare delle stesse cose e quando sentivano qualcosa che non li aggradava era come se scoppiasse la Terza guerra mondiale.

Vivere a ColoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora