Capitolo Cinque. Torneremo.

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Il mattino seguente la colazione a casa di Josefine fu silenziosa. Tra i suoi genitori aleggiava una palese tensione che la ragazza non riusciva a sopportare, quindi appena ebbe finito di mangiare le uova strapazzate con il toast e dopo aver affogato il suo caffè con il latte, prese i soldi che suo padre le ebbe lasciato vicino alla porta ed uscì in strada.

Per una volta desiderò che Georg fosse lì con le peri aiutarla con il suo pesante zaino. La giornata era iniziata in modo strano. Sua madre era arrabbiata, e lei immaginò fosse a causa della ricerca di lavoro rivelatosi vana. Non era bello parlare con lei quando era irritata e Jo dovette stare in silenzio tutta la mattina scambiando solamente qualche parola con suo padre e tenendo per se il mal di gola.

"Hey, eccoti!" la salutò Bill appena mise piede in classe.

"Si!" disse a bassa voce, il dolore sembrava aumentare con il volume della sua voce.

"Abbiamo la migliore notizia di sempre!" disse Bill mettendo le mani sulle spalle della ragazza e sorridendo ampliamente. "Abbiam un...Dio! Sei pronta?" il ragazzo emozionato si morse il labbro inferiore prima di proseguire. "Abbiamo un contratto discografico!"

Josefine sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta, era incredibilmente felice e provava anche orgoglio mentre abbracciava il ragazzo e continuava ad emettere suoni felici.

"Te l'ha detto, non è vero?" li raggiunse Tom. Era così rilassato al riguardo e Jo non riusciva a credere alla compostezza di Tom fino a quando il ragazzo sorrise a trentadue denti e la abbracciò. "Faremo un dannato disco, Jo!"

"E spaccherete, lo so!" quasi esclamò nonostante le proteste della sua gola.

Dopo l'emozione iniziale i ragazzi si andarono a sedere e Josefine voleva sapere tutto riguardo alla chiamata che avevano ricevuto il giorno prima. La rendeva un pochino triste sapere che i ragazzi sarebbero stati via per un paio di mesi per dedicarsi alla produzione del disco.

"Hey, ho appena notato, stai bene?" le chiese Tom più tardi e Jo arrossì senza motivo.

"Uh...si" mentì Josefine, non voleva allarmare nessuno per un piccolo raffreddore, ne aveva avuti in passato e non era successo nulla. "Perché?"

"Non sembri in forma" rispose Tom, il quale si imbarazzò poco dopo realizzando che quella non era una cosa da dire ad una ragazza. "Vuoi che Bill ti porti in infermeria?"

Josefine ci pensò un secondo. Sua madre sarebbe dovuta venire a prenderla, e si sarebbe preoccupata tantissimo se avesse ricevuto la telefonata della scuola che le chiedeva di venire a prendere sua figlia. No, non sarebbe andata in infermeria. Ringraziò Tom prima di alzarsi ed andare in bagno.

Quando si guardò allo specchio capì a che cosa si riferiva Tom. Aveva le guance rosse e gli occhi lucidi. Quando si bagnò il viso con acqua fredda notò che la sua pelle era più calda del normale. Non voleva comunque che sua madre la venisse a prendere perché sarebbe impazzita, quindi si sedette sulla tazza con della carta igienica bagnata sulla fronte, si tolse la giacca e decise di aspettare per qualche minuto per vedere se la febbre fosse scesa.

Dopo un paio di minuti prese una salvietta di carta e la bagnò, non si rimise la giacca e tornò in classe con una pessima sensazione in gola.

"Okay, ora stai proprio male" disse Tom prima che la ragazza si potesse sedere.

L'insegnate proseguì la lezione su un poema che dovevano studiare e Jo mise la giacca sul suo zaino sul pavimento e si gettò la salvietta in viso incurante di dove andò a finire.

"Vai a casa, non voglio prendere l'influenza"

Tom aveva smesso di disegnare e si era inclinato in avanti per mettere una mano sulla schiena della sua amica. Notò che lei non lo stava ascoltando e ciò lo fece irritare. Dietro di lui Bill stava mordicchiando la matita, combattuto tra l'urlare addosso a Tom per coprirla o alzarsi e farlo da solo.

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