trentuno

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Elisa's point of view

Dovevo finire di mettere solo alcune cose in valigia ma qualcuno lassù non voleva di certo farmela chiudere definitivamente: ogni volta che la ricontrollavo,mancava qualcosa.

«Dove vai?» chiese allarmato il mio ragazzo,appoggiato sullo stipite della porta. Alzai di poco lo sguardo e lo squadrai da capo a piedi,non curante del mio sopracciglio alzato.

«Torno da mia madre,per un po...» mentii e speravo con tutto il cuore che,almeno un po ci credesse. Ma sapeva già tutto il casino che si venne a creare non appena arrivai qui ma dalla sua espressione,capii che non se la bevè.

«Ah si? Ma non mi dire.» sorrise in modo sghembo,nervoso e si poteva percepire il suo fastidio in quel gesto. «Quando avete ripreso a parlare con tua madre? Stanotte mentre io dormivo?» urlò ed io lasciai perdere ciò che stavo facendo tre secondi prima.

«E anche se fosse? Il problema dove sta? Voglio tornare a Milano perché stare qui mi annoia.» sentenziai questa bugia con un filo di seccatura,alzandomi dal letto e andando in bagno,prendendo le ultime cose per porle finalmente nella mia valigia.

«Ti annoia stare qui? Ma non dire cazzate! Fino a due giorni fa amavi stare qui,con me!» urlò ancora una volta,incazzato. Ma,tutto ciò fece incazzare me e non appena si avvicinò per abbracciarmi,lo scansai.

«Lasciami Julien!» lo spinsi sul letto e mi alzai,abbassandomi la maglietta. «Voglio andare via da qui,capito?» dissi decisa,ferma.

«Ma com'è possibile questa cosa? Io non me ne capacito. È da un bel paio di giorni che hai questo comportamento strafottente nei mei confronti!» aveva detto bene e tutto ciò che avevo tramato nella mia mente era solo un male,un torto che stavo facendo a lui.

«Hai addirittura notato una cosa che non esiste? Bravo davvero! Fatti di meno la prossima volta.»  lo lasciai li,sul letto accanto la mia valigia aperta e andai via da quella stanza,intenta ad andare nel balcone a prendere una boccata d'aria.

Tutto questo era davvero snervante e non mi dava fiato. Erano passate più di due settimane dal mio compleanno ed io non facevo altro che pensare a Gionata.

Anche se sembrava esser passato il sentimento verso di lui,per un momento,ho sempre saputo,in cuor mio che quest'ultimo non sarebbe mai svanito.

Parlavo ogni giorno con lui e perché no,quando Julien andava in studio,facevo delle videochiamate con lui perché mi mancava davvero tanto.

Sapeva del mio ritorno in Italia e,non appena gli dissi di aver prenotato il biglietto fu felice come non mai.

Mi fumai una sigaretta in tutta tranquillità con una mano sulla tempia e gli occhi chiusi. L'aria fresca mi rilassava e per un attimo,mi dimenticai di tutto e tutti.

Quel momento finì perché dovetti controllare l'orologio e vidi che tra mezz'ora massimo sarei già dovuta essere in aeroporto.

Tornai in camera e vidi che lui non era più sul letto,chissà dov'era. Ne approfittai per chiudere la valigia e prendere le ultime cose per poi farmi accompagnare in aeroporto.

Decisi di avvisare Gionata con un messaggio,dato che solo lui sapeva del mio ritorno in Italia: nemmeno Rebecca sapeva di questo e avevo davvero paura sapendo che da li a poco sarebbe nata la bambina.

«Sicura di voler andare via?» si appoggiò nuovamente sullo stipite,con la speranza che io,magari,rimanessi con lui.

Quel posto non mi apparteneva per niente,pure per quanto io ci avessi sperato di vivere li bene e magari,per sempre.

«Si,se non ti dispiace.» detto questo,scesi silenziosamente le scale con la mia pesante valigia. Chiamai Alex,l'autista e gli dissi di accompagnarmi.

Io ho sempre pensato che la sfiga fosse mia protettrice ma oggi,in particolare si era davvero affezionata a me. L'aereo aveva un ritardo di mezz'ora ed io cominciavo già ad annoiarmi.

Però non ci pensai più di tanto e il tempo passò molto velocemente e così feci il check-in,i controlli ed infine l'imbarco.

L'aereo era davvero colmo di gente e fortunatamente avevo accanto a me una suora. Non si sa mai l'aereo fosse caduto,almeno lei avrebbe pregato per tutti.

Il viaggio durò abbastanza da farmi rompere le palle grazie alle hostess che ogni due secondi passavano col carrellino pieno di schifezze e con quei tacchi da cubista.

«L'aereo sta per atterrare. Si prega di allacciare le cinture di sicurezza.» non vedevo l'ora di sentire dire questa frase. Finalmente ero in Italia e ancora,stentavo a crederci.

Scesi dall'aereo con molta premura perché volevo vederlo,mi mancava davvero tanto.

Aspettai che il rullo facesse uscire la mia valigia e non appena la vidi uscire,la presi e corsi verso l'uscita.

Arrivai all'entrata dell'aeroporto dove ancora vi erano persone che dovevano partire o che magari aspettavano qualcuno. Ma io non vidi nessuno e ci restai davvero male.

Così da sola,pian piano uscivo da li,intenta ad andare verso la fermata del tram per andare in città.

«Elisa!» sentì una voce urlare il mio nome e ovviamente,mi girai per vedere chi fosse. Non appena lo vidi li,indossare quella tuta arancione con le ciabatte e le calze mi venne da ridere ma non era quello il momento di pensarci.

Lasciai la valgia li,dove ero io poco prima e corsi verso di lui,saltandogli addosso e baciandolo.

«Mi sei mancata,tantissimo.»
«Mi sei mancato pure tu.»

spazio autrice

sto piangendo la mia vita,vi giuro
più io scrivo sta storia più mi ci immedesimo con la speranza che magari questo accadesse ahahahaahah
ma comunque,l'amore trionfa sempre... forse.

alla prossima,baciiii

BACK IN TIME • sfera ebbastaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora