ventisei

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Elisa's point of view

Il fatidico giorno finalmente arrivò. Partii la mattina presto intorno alle sei con in mano due borsoni enormi e la mia amata borsa nera. Scesi le scale quasi come avessi un silenziatore incorporato facendo in modo che mia madre non sentisse nulla. Le lasciai un biglietto sul tavolo che avrebbe letto non appena si sarebbe svegliata. Sapevo già,in cuor mio,di quel che ne sarebbe stato del nostro rapporto ma di certo,non sarebbe stato questo a farmi restare qui.

Sarei certamente stata in grado di cavarmela da sola.

Aspettai il bus davanti casa mia e non appena arrivò,caricai su i borsoni,mi sedetti e misi le cuffie,cercandomi di rilassare durante il tragitto.

Rebecca,inizialmente,non credette ad una sola parola di quello che le dissi tre sere fa. Inizialmente convinta che fosse tutto uno scherzo,non appena le raccontai cosa successe in mattinata con Gionata capì il motivo della mia scelta anche se,non la approvava del tutto. Prima di addormentarci,però,cominciammo a fantasticare sul sesso del bambino,come si sarebbe chiamato,a chi sarebbe potuto\a somigliare... Insomma le solite cose.

Il giorno a seguire tornai a Cinisello per andare a trovare un'ultima volta mio padre,Daniela e tutto il gruppo. Tutte queste visite parvero strani agli occhi degli altri tanto che mi chiesero se avessi in mente qualcosa. Cercai di emettere una vera risata e forse ci riuscii ma,non appena andai in auto scoppiai a piangere.

Scappare dai problemi non avrebbe risolto nulla ma al momento,sembrava essere l'unica soluzione per me.

Gionata? Era diventato decisamente assillante,come da copione. Ogni scusa era buona per mandarmi un messaggio su WhatsApp o magari,fare una video chiamata. La soluzione che adottai? Bloccarlo almeno,avrebbe smesso di infastidirmi.

Finii di fare il check-in e l'aeroporto di Milano-Linate era abbastanza affollato.

Aspettai una buona mezz'ora prima di sentir dire alla voce metallica che potevo imbarcarmi.

Non appena mi incamminai sentii delle voci impastate urlare il mio nome ma,non essendone sicura mi girai torva e quello che vidi mi fece venire le lacrime agli occhi: Rebecca e Charlie erano abbracciati l'un l'altro,salutandomi.

Ricambiai con un cenno di mano e mi avviai in aereo in cerca del mio posto.

Il viaggio fu abbastanza tranquillo da farmi addormentare con la musica alle orecchie. L'hostess di fianco a me annunciò l'atterraggio che sarebbe avvenuto tra pochi secondi,con fare esuberante e da gallina.

Non appena tolsi la modalità aereo dal cellulare trovai solo alcune chiamate da parte di mia madre,concepibili. Bloccai il cellulare in cerca di un taxi che mi avrebbe dovuto portare in albergo.

Non era chissà che ma dato il fatto che non pagai un prezzo eccessivo,poteva andarmi bene.
Passai tutto il resto della giornata in albergo annoiandomi più che altro ma non avendo cosa fare e soprattutto compagnia,decisi di riposarmi.

Il mattino seguente,sentendomi una turista a tutti gli effetti,girovagai per la città cercando di capire com'era fatta: zaino in spalla e fotocamera con me,uscii all'albergo con un sorriso stampato in faccia.

La città era veramente unica e particolare e le persone non sembravano così snob da come vengono descritte.

Pian piano mi avvicinai verso un grande portone,dove vidi un gruppo di ragazzi erano fermi lì davanti a parlottare tra loro.

Alzai lo sguardo e vidi una grande insegna con il nome di una stazione radio dare all'occhio.

Non appena la porta si aprì il mio cellulare cadde per terra,facendo un tonfo assurdo oltre che,far girare tutti verso me. Mi abbassai per prenderlo ma qualcuno lo fece per me.

Alzai lo sguardo e vidi quest'uomo dai lunghi capelli scuri porgermelo in modo sorridente. Non vidi il colore dei suoi occhi a causa degli occhiali neri ma in quel momento,poco mi importava.

«Merci.» riuscì solamente a dire,per poi girarmi ed andarmene.

spazio autrice

vediamo se avete capito di chi si tratta ahahahah,non è molto difficile

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