13. - In your bones

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L'orologio segna le cinque di pomeriggio e il mio appartamento è avvolto in un silenzio quasi piacevole. Liam è venuto a prendere Caitlyn due ore fa e lei era ancora in post sbornia, ovviamente non si ricordava niente della sera precedente e ho potuto costatare le sue guance rosse mentre le raccontavo di lei che vomitava davanti a tutti. Non si ricordava nemmeno della domanda che mi ha posto prima di crollare addormentata. Questa notte non ho fatto altro che pensarci, alla domanda, alla mia relazione (lo è ancora?) con Harry e a lui in particolare. Lo conosco da due mesi ma è come se fossero anni per quanto sono stati intensi. Lo amo? Di questo non ne sono al cento percento sicura ma le emozioni che provo, che sento, quando lui è con me sono migliaia ed io so che il mio cuore non smette di battere all'impazzata quando lui è vicino a me. La risposta che ho dato a Caitlyn rimane quella, forse lo amo o forse non sono ancora pronta. Ho paura di essere troppo fragile e sgretolarmi per il troppo amore che potrei riporre in lui. Ho paura di non essere abbastanza, perché non lo sono mai stata per nessuno. Harry in due mesi è stato presente maggiormente rispetto ai miei genitori e non posso fare altro che ringraziarlo. Non riesco più a reprimere la voglia di baciarlo, toccarlo, stargli accanto, ascoltarlo ore e ore. Mi manca, forse come l'aria, ma sono bloccata in me stessa. In questa realtà che a me sta bene, tutto sommato. So per certo che se uno dei due facesse il primo passo, la mia vita cambierebbe radicalmente. Ed io non so se sono pronta.

Sto fissando l'orologio rosso appeso alla parete della mia cucina da almeno un'ora e sono ancora le sei e dieci di pomeriggio. Wes è andato a correre almeno un'ora e mezza fa e non è ancora tornato, di solito dopo venti minuti è già stanco. Inizio a torturare un ciocca di capelli e quando la mia iperprotettività da sorella prende il sopravvento decido di chiamarlo. Cerco il mio telefono di fretta nella mia borsa e quando lo prendo in mano noto di avere due messaggi non letti.
"Torno tardi, Jamie mi ha invitato a fare una partita di football al campo. Non mi aspettare per cena. Ti voglio bene xx
Wes"
Faccio un sospiro di sollievo e controllo di nuovo l'ora. Con le dita che tremano apro anche l'altro messaggio, arrivato soltanto venti minuti fa.
"Forse mi odi o forse no. Io devo parlarti e non puoi ignorarmi per sempre. Alle sei io sarò da Starbucks, quello vicino casa tua. Ti prego, Rosie. H."
Mi rendo conto di aver trattenuto il respiro mentre leggevo. Harry ha sempre avuto quel potere di dissuadermi e non credo sia del tutto un bene. Ricontrollo l'ora e mi rendo conto che sono le sei e mezza, magari lui sarà tornato a casa. Magari lui non mi sta aspettando.
La voglia di vederlo si nota nella fretta che ci metto nel vestirmi, nell'uscire di casa dimenticandomi di truccarmi e dal sorriso che curva le mie labbra quando lui, anche dopo mezz'ora, mi sta aspettando seduto su uno dei tavolini di Starbucks con il telefono in mano e le sopracciglia corrugate. Cerco di essere disinvolta mentre entro e senza farmi accorgere mi siedo sulla sedia di fronte alla sua.
Harry alza lo sguardo quasi spaventato, studia il mio viso guardandomi con sorpresa. Apre la bocca per dire qualcosa ma io lo blocco sul tempo, perché forse ho bisogno di dirgli quello che provo e perché forse non sono ancora pronta alle sue parole.
"Prima che tu dica qualcosa, ho bisogno io di dirti altrettanto" inizio io guardandolo, finalmente, negli occhi "Sai, Harry? Tu per me eri solo una cotta, quella che non ho mai avuto al liceo. E le cotte devono rimanere cotte, giusto? Non possono diventare qualcosa di più profondo, qualcosa di inspiegabile. Per questo, adesso, posso affermare che tu non eri assolutamente solo una cotta. Eri già qualcosa di più profondo, ancor prima di conoscerti" faccio una pausa e lui ha uno sguardo indecifrabile "Non so cosa avevate da dirvi tu e Alexa, ieri, tanto da non accorgerti di quello che mi succedeva. Non sono qui per metterti alle strette di scegliere. Sono qui per dirti che ti aspetto, Harry. Perché, forse, un po' sono innamorata di quello che siamo diventati e di quello che sei tu" abbasso lo sguardo portandolo sulle mie dita intrecciate sul mio ginocchio "Pensare che volevo chiederti di venire con me, dalla mia famiglia, a Manchester tra una settimana" biascico io con voce troppo bassa e quando non sento alcun rumore da parte sua, alzo lo sguardo trovando quel verde troppo intenso guardarmi.
"Alexa a giugno si trasferisce a Parigi per qualche mese e ieri mi ha chiesto di aiutarla a decidere come organizzare la festa per il tuo compleanno che sarà a breve. Non ti ho ignorata volutamente, ma se fossi venuto lì da te avrei perso ogni controllo e Alexa parlava parlava" inizia lui ed io ho gli occhi spalancati "Sai, Rosie? Tu mi sei sempre piaciuta. Dalle volte che ti vedevo all'università, dai racconti di Alexa e Caitlyn. Nutrivo un certo interesse per te che non ha fatto che accentuarsi nel momento in cui i tuoi occhi si sono incastrati con i miei. Ci conosciamo da due mesi, è vero. Ma io ho bisogno di vedere come va e di andare piano. Ho bisogno di litigare, di baciarti quando voglio, di fare l'amore, di parlare del futuro, di preparati la colazione. Ho bisogno, anche e soprattutto, di te. Perché queste cose ho deciso di farle con te e con nessun'altro" continua a guardarmi con un sorriso lieve, impercettibile ma che io noto "e se vuoi che io venga a Manchester, verrò. Per te verrei ovunque, Rosie" e adesso posso solo sentire il mio cuore uscirmi dal petto.
"Adesso posso baciarti? Dato che voglio farlo da quando sei entrata" mi chiede lui con voce bassa ed io mi limito a prendere in mano la situazione, baciandolo io.
Quando ci stacchiamo, sorridiamo entrambi e forse non sono ancora pronta ma c'è lui al mio fianco e va bene così.

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