27. - Sad, sad, sad

1.4K 59 0
                                    


La riproduzione casuale del mio vecchio iPod riproduce She loves you dei Beatles e di riflesso inizio a muovere la testa a tempo mentre le mie dita picchiettano sul mio ginocchio. Il giacchetto di pelle mi sta grande e nella sala d'aspetto dell'ospedale fa quasi caldo, sto aspettando Caitlyn che sta avendo la sua prima ecografia per la questione "gravidanza" e mi tremano nel mani al solo pensiero che in lei c'è un'altra vita, qualcosa, o meglio qualcuno, che si trasformerà in parole, azioni, pensieri, personalità. Ho indossato i miei jeans fortunati, quelli a vita alta larghi sui fianchi. Proprio quelli che erano anche i preferiti di Harry. Harry. Non trovate che ripetere il suo nome più volte lo faccia sembrare strano, che non appartenga davvero al suo corpo? Al corpo che mi manca avere accanto? Proprio ieri ci pensavo, ero al telefono con mia madre e lei non faceva altro che farmi domande su di lui. Harry, Harry, Harry. È proprio strano. Dal quel giorno in piscina, cioè una settimana fa, non l'ho più né visto né sentito. Può essersi dimenticato di me come io non riesco a fare a meno di lui. Alexa mi invia foto di Parigi e note vocali dove cerca di parlare in francese fallendo miseramente, strano è anche quanto il nostro rapporto si stia solidificando di nuovo proprio quando tra me e Harry non va. Avevo riposto così tanta fiducia su di lui, e non me ne pento affatto nonostante tutto, che non mi sono accorta cosa stava davvero succedendo. Harry aveva, ha, paura di quello che io provo per lui. Ha paura di ferirmi, di affezionarsi a me, di amare me. Proprio come io amo lui. E non smetto di certo di farlo, non smetto più.
La mia attenzione viene riscossa dal sorriso di Caitlyn che si nota anche a distanza di molti metri che sta illuminando tutto il reparto di questo grigio ospedale. Mi sfilo una cuffietta e aspetto che si sieda accanto a me.
"Non mi abituerò mai a tutto questo" esordisce quando è abbastanza vicina, si sposta i capelli su una spalla e mi guarda radiosa.
"Magari ti abituerai un po' di più se lo dicessi a Liam" il suo sorriso svanisce e lei sbuffa "ricordi? Il padre di tuo figlio" continuo io.
"Ci parlo stasera a cena, davanti un mega cheeseburger" risponde lei facendomi spuntare un sorriso.
"Allora di sicuro andrà bene" la rassicuro io.
Lei non risponde e continua a guardare un punto davanti a se, le tocco una mano per richiamare la sua attenzione e quando non mi guarda ancora, capisco.
"Deve andare bene" dico allora io, il suo sguardo si addolcisce e l'ospedale sembra ancora più caldo.
"Grazie" sussurra lei dopo un'infinità di secondi. Grazie a te, questo non lo dico però. Mi limito a guardarla e sperare in un futuro migliore.

Per tornare a casa ho preso l'autobus, dove le uniche persone presenti erano una ragazzina dagli occhi blu che litigava al telefono con il suo fidanzato e una signora sulla cinquantina con indosso un jeans che lasciava intravedere un tatuaggio sulla caviglia. Sono scesa alla mia fermata proprio nel momento in cui la ragazzina ha riagganciato il telefono e la signora ha sbadigliato annoiata. Si sente odore di pioggia nell'aria e sono quasi sicura di aver lasciato le chiavi in casa. Provo a cercarle nella mia borsa incasinata ma una figura posta sul marciapiede davanti casa mia mi blocca le gambe e non bado neanche al fatto di essere in mezzo alla strada. Il cuore mi esce fuori dal petto quando riconosco i suoi capelli e le scarpe orrende che mi piacciono solo perché è lui ad indossarle. Harry, Harry, Harry. Sempre lui, è come se dai miei pensieri si fosse materializzato. Ci stiamo guardando e lui alza una mano per salutarmi. Decido di sradicare le mie gambe dalla strada, scegliendo l'indifferenza. Lui rimane nella mia testa e deve rimanerci. Arrivo accanto a lui a testa bassa continuando a cercare quelle maledette chiavi. Alzo la testa verso il mio appartamento, le luci sono spente e Wes sarà chissà dove chissà con chi ed io ho accanto il ragazzo che amo quasi da farmi bloccare il respiro.
"Non ho paura, Rosie" è da una settimana che non sentivo la sua voce.
"Non ho paura di noi" continua lui vedendo in me nessun movimento "ho paura di me, ho paura di quello che potresti immaginare in me quando in me non c'è niente da immaginare. Niente di buono. Ho paura di non accontentarti, di non essere come vorresti" le sue parole sono sconnesse, fa delle pause e sussurra mentre le dice. Non mi giro nemmeno adesso.
"Voglio davvero passare tutta la mia vita con te, tutte le mie notti e tutto quello che c'è di bello in questo mondo, perché tu hai migliorato il mio di mondo" sento che si avvicina e un tuono sprofonda nel cielo nero di Londra.
"Rosie, ti prego. Non lasciamoci andare proprio ora"
Rosie, non lasciarti andare
Le parole di Louis continuano a fluttuare nella mia testa, sempre. E questo è ancora più strano. Non mi giro e nella tasca destra del mio giubbotto di pelle trovo le chiavi. Non mi giro nemmeno quando lui inizia a urlare il mio nome e impongo a me stessa di smettere di sentire anche quando chiudo il portone e corro per le scale.
Harry, Harry, Harry. È proprio strano ripetere il suo nome così tante volte al giorno. È proprio strano perché io forse l'ho già perdonato, perché voglio stare con lui finché lui mi vorrà e lui mi vuole. Ma c'è qualcosa che mi blocca e non riesco a decifrarla. Ripeto il suo nome nella mia mente anche quando chiudo la porta di casa mia e mi lascio trascinare sul pavimento liberandomi in un pianto che mi serviva da tempo.

Smother / hsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora