Capitolo 5

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Lorenzo entrò nell'aula in perfetto orario. Alla prima ora avrebbe dovuto sostenere il compito in classe di matematica. Ripose il giubbotto pesante sullo schienale della sedia e sistemò la tracolla ai suoi piedi, da dove estrasse il libro di matematica e un foglio. Sistemò con l'indice destro gli occhiali sul naso, sospingendoli con un veloce gesto all'indietro ed iniziò a rileggere le formule matematiche. Mattia fece il suo ingresso in classe e, come sempre succedeva, venne accolto da brusii e bisbigli. Tutta la classe ancora sparlava alle sue spalle. Lorenzo lo seguì con gli occhi, finchè si sedette al suo posto. Mattia si accorse solo in quel momento dello sguardo di Lorenzo. Non lo salutò e preferì concentrarsi sul mondo esterno che vedeva abitualmente dalla finestra. Il vento freddo che nella notte man mano si era alzato sempre più forte, sbatteva violentemente contro la finestra. Sembrava quasi che i vetri dovessero infrangersi da un momento all'altro. Il professore entrò nell'aula e distribuì subito le fotocopie con il compito da svolgere.

Stranamente fu Mattia a consegnare per primo il compito. Si alzò in fretta e si avvicinò alla cattedra. Il professore, dopo aver preso il foglio, sbuffò sonoramente. Lorenzo, che seguì tutta la scena, capì che aveva consegnato senza svolgere nessun esercizio. Sospirò pesantemente e, mentre Mattia uscì dall'aula, Lorenzo finì gli ultimi calcoli. Dopo quasi dieci minuti, Lorenzo si alzò dalla sedia e si avvicinò alla cattedra. Il professore lo guardò compiaciuto, mentre esaminava il suo foglio. Uscì immediatamente dall'aula ed il suo primo pensiero fu di cercare Mattia. Provò prima al bar della scuola, poi nel cortile, ma di lui non c'era traccia. Si sentiva stranamente inquieto. Non ne capiva il motivo. Si guardò attorno, percorrendo i corridoi della scuola. Arrivò fino alla palestra e, nonostante fosse deserta, sentiva qualcuno parlare. Bloccò i suoi passi sulla porta d'entrata. Un gruppo di ragazzi stava insultando ancora una volta Mattia. Uno di questi gli sferrò un pugno in pieno volto, colpendolo sullo zigomo.

«Finocchio!» disse un altro deridendolo «Fai schifo!» e tutti risero, mentre il ragazzo che gli aveva sferrato il pugno poco prima, gli afferrò il collo della felpa, costringendo Mattia ad alzarsi in piedi. Lo spinsero all'indietro facendogli sbattere la schiena contro il muro. Lorenzo sgranò gli occhi e strinse i pugni. Era intenzionato ad intervenire, non voleva più guardare e non fare nulla. Entrò nella palestra, deciso a farli smettere, in un modo nell'altro.

«No!» fu Mattia ad urlare, facendo sussultare persino i suoi aggressori, che rimasero a guardarsi perplessi. Mattia lanciò un'occhiata a Lorenzo, intimandogli così di non fare nemmeno un passo.

«Se pensi che urlando ti salverai, ti sbagli di grosso» disse uno dei ragazzi e l'altro, che lo teneva per la felpa, gli sferrò altri due pugni nello stomaco. Lorenzo indietreggiò, mentre Mattia cadde per terra tossendo violentemente. Uno dei quattro che lo assalì, frugò nelle tasche di Mattia fino a trovare il suo portafogli. Gli prese i pochi soldi che aveva con sé e gli lanciò il portafogli vuoto, colpendolo sulla schiena. Mentre i ragazzi uno ad uno andavano via, Lorenzo si nascose dalla loro vista e quando finalmente furono lontani, si precipitò ad aiutare Mattia. Si rimise seduto e poggiò la schiena contro il muro. Sospirò più volte, scuotendo la testa.

«Sei un cretino, Lorenzo!» lo rimproverò Mattia, lanciandogli un'occhiataccia «Perché diamine volevi intrometterti?!»

«Come perché? Io volevo aiutarti...» rispose quasi balbettando Lorenzo.

«Perché?!» gli occhi verdi di Mattia erano ancora furiosamente incollati sul volto di Lorenzo «Vuoi che ti abbassino la condotta? Hai i tuoi obiettivi da raggiungere, no? Se ti abbassano la condotta rischi di non ricevere la borsa di studio! Pensa prima di agire! Stupido!» la voce di Mattia risuonò per tutta la palestra vuota. Lorenzo sospirò e sorrise lievemente. Quel ragazzo doveva tenere molto a lui, pensò Lorenzo, mentre aiutava Mattia a rimettersi in piedi, conducendolo in bagno.

Non appena furono giunti, Lorenzo bagnò un fazzoletto con l'acqua fresca e lo porse a Mattia, che lo posò sulla sua guancia dolorante.

«Comunque... grazie» disse Mattia sorridendo sincero a Lorenzo, il quale abbassò immediatamente lo sguardo.

«Perché ce l'hanno sempre con te?» chiese schiettamente Lorenzo a Mattia, il quale bagnò ancora una volta il fazzoletto con l'acqua fresca, posizionandolo nuovamente sullo zigomo.

«Perché la gente ha paura di ciò che crede sia diverso...»

«Ma tu non sei diverso» disse Lorenzo, guardando Mattia fisso negli occhi. Il ragazzo arrossì e sorrise al suo amico.

«Sei un bravo ragazzo Lorenzo» disse Mattia prima di sporsi verso l'amico, in piedi di fronte a lui, e di baciarlo ancora una volta sulle labbra.

*   *   *

Era la vigilia di Natale, quando Mattia inviò un messaggio a Lorenzo chiedendogli di vedersi nel pomeriggio. Era una giornata di sole, ma la temperatura era comunque bassa. Un leggero vento freddo soffiava, scompigliando i capelli di Lorenzo, che aspettava Mattia sulla spiaggia deserta. Infilò le mani nelle tasche del giubbotto, cercando di riscaldarle il più possibile.

«Scusa se ti ho fatto aspettare» disse Mattia che correndo sulla fredda sabbia lo raggiunse in fretta.

«Sono qui da pochi minuti» disse Lorenzo, volgendosi verso di lui. Sistemò gli occhiali sul naso e la sciarpa rossa al collo, poi rivolse la sua attenzione al suo amico «Non hai portato la chitarra?»

«No. Oggi no» l'espressione seria dipinta sul volto di Mattia, rese più inquieto anche Lorenzo.

«Cosa volevi dirmi?» disse Lorenzo, schietto come sempre.

«Ecco... come dire» Mattia aprì e richiuse la bocca prima di decidersi a parlare. Lorenzo, impassibile, lo guardava, attendendo le parole del ragazzo. «Mi trasferisco».

A Lorenzo sembrò che il cuore in quel momento si fosse fermato, così come il suo respiro. Abbassò lo sguardo e poi lo posò ancora sul suo amico, che triste e silenzioso lo guardava.

«Cosa stai dicendo? Non è possibile?»

«É vero, Lorenzo. Mi trasferisco. Domani parto con la mia famiglia» Mattia abbassò ancora lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello di Lorenzo.

«Domani?! Perché non me l'hai detto prima?» il tono di voce di Lorenzo si alzò di molto, tanto da riecheggiare per tutta la spiaggia.

«Mi dispiace, avrei dovuto, ma non ne avevo il coraggio» gli occhi verdi di Mattia ad un tratto si velarono, come se volesse scoppiare a piangere, per provare a placare quel dolore che sentiva nel petto. «Mio padre è un carabiniere, così l'hanno trasferito in un'altra città» la sua voce era rotta per la forte emozione che stava provando.

Lorenzo rimase impietrito. Non voleva perderlo. Voleva rivederlo ogni giorno e passare con lui altri pomeriggi divertenti. Stare in compagnia di Mattia era diventato per lui motivo di sollievo.

«Mi dispiace... sono un codardo, avrei dovuto dirtelo...» le lacrime di Mattia, non più trattenute, scesero copiose, rigando le sue guance. «Avrei dovuto dirti che partivo, che non ci saremmo rivisti più. Avrei dovuto dirti che mi sono innamorato di te!» urlò l'ultima frase con tutto il fiato che aveva in gola.

Lorenzo sgranò gli occhi. Era sorpreso e stordito allo stesso tempo. Dischiuse leggermente le labbra, ma non disse nemmeno una parola. Mattia si asciugò le lacrime e guardò il volto pallido di Lorenzo.

«Non preoccuparti, non mi aspetto che tu mi ricambi. Lo sapevo fin dall'inizio che era un sentimento a senso unico» Mattia tentò di sorridere, ma quello che ne uscì fu una smorfia poco convinta. «É meglio se non ci sentiamo più. Voglio dimenticarti» Lorenzo respirava a fatica. Gli sembrava che tutta la realtà che aveva vissuto fino a quel momento fosse solo un sogno e nient'altro.

«Addio Lorenzo» disse Mattia, voltandosi e sparendo in fretta dalla vita di Lorenzo.

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