Capitolo 17

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Mattia aprì gli occhi lentamente. I raggi del sole, che irradiavano di luce tutta la stanza, crearono di giochi di luce sulla parete della camera da letto. Mattia strizzò gli occhi e mise a fuoco ciò che si trovò davanti. Temeva che fosse un altro sogno e che presto si sarebbe svegliato e tutto sarebbe tornato come prima. Stropicciò gli occhi più volte, ma Lorenzo, addormentato, non scomparve dinanzi a lui. Dormiva rivolto sul fianco e con un braccio circondava la vita di Mattia, mentre sull'altro il ragazzo poggiava il capo. Mattia si sporse verso Lorenzo e, accarezzandogli piano la guancia, baciò le sue labbra. Sorrise e lo baciò ancora. Si strinse al suo petto nudo e, poggiandovi la guancia e l'orecchio, sentì il battito regolare del suo cuore. Sfiorò con le labbra il suo petto, mentre una mano accarezzava il sedere di Lorenzo. Sentì, poi, una mano, accarezzargli i capelli. Mattia sollevò lo sguardo e Lorenzo lo stava fissando. Mattia rimase spiazzato e arrossì immediatamente. Lorenzo non disse nulla, si sporse verso il ragazzo e lo baciò con passione. Puntellò poi la mano destra sul materasso e, non smettendo di baciare Mattia, si sdraiò su di lui, il quale divaricò entrambe le gambe, accogliendolo. Mattia gemette quando Lorenzo scivolò piano dentro di lui.

«Scusami, sono stato troppo precipitoso...» disse Lorenzo, sussurrando all'orecchio di Mattia.

«No... va bene così» disse Mattia, buttando le braccia al collo di Lorenzo, che continuò a baciarlo.

Lorenzo si mosse piano sul corpo di Mattia, che gemette ad ogni spinta del ragazzo. Le mani di Mattia accarezzarono gentilmente la schiena di Lorenzo, mentre gli baciava il collo.

«E' la prima volta che non ho voglia di andare in ufficio» disse Lorenzo, sorridendo maliziosamente.

«Non ci andare» disse Mattia restituendo uno sguardo malizioso a Lorenzo. «L'hai già fatto, no? Una volta hai saltato la scuola per divertirti assieme ad un ragazzo... Ti stava portando sulla cattiva strada!» esclamò divertito Mattia, ridacchiando. Lorenzo sorrise e lo baciò, stuzzicando la sua lingua, mentre ancora si muoveva su di lui. I loro respiri si fecero sempre più corti e irregolari.

«Voglio proteggerti, Mattia e voglio proteggere ciò che provo per te» Lorenzo aveva sul volto un'espressione seria, mentre guardava Mattia dritto negli occhi. «Non so se ne sarò capace, ma ci proverò con tutte le mie forze».

Le guance di Mattia s'imporporarono, mentre ascoltava le parole di Lorenzo. Continuava a pensare che fosse tutto un sogno, ma non era così. Lorenzo lo amava sul serio e non poteva essere più felice di così. Fare l'amore con lui, poterlo baciare e toccare, potergli solo parlare, gli sembravano cose impossibili. Ora, invece, aveva Lorenzo fra le sue braccia, che lo baciava, che lo amava, che voleva proteggerlo. Non voleva perderlo per nessun motivo al mondo.

*   *   *

Seduto alla sua scrivania, Lorenzo guardava il monitor del suo computer. Stava redigendo un rapporto dettagliato dei clienti acquisiti in quel mese. Leggeva e rileggeva l'ultima riga sullo schermo. Non riusciva proprio a concentrarsi. Nella sua testa appariva sempre l'immagine di Mattia. Il suo volto, rosso per l'eccitazione mentre erano a letto, continuava a tormentarlo. Sospirò rumorosamente e non si accorse che qualcuno entrò nel suo ufficio. Luisa spalancò la porta ed entrò nella stanza. La segretaria di Lorenzo seguì Luisa, cercando di fermarla, per poi scusarsi con lui. Lorenzo le disse che non c'era problema e che poteva andare. La segretaria li lasciò soli e richiuse la porta dietro di sé. Per qualche attimo i due si guardarono senza dire nemmeno una parola. La tensione che c'era nell'aria era così evidente, da poterla sentire sulla pelle.

«Perché sei qui?» disse Lorenzo, alzandosi dalla poltrona. Camminò verso Luisa, ma poi si fermò davanti la scrivania, sedendosi sul bordo.

«Voglio che torni a casa. Questa separazione è ridicola» disse Luisa stizzita. Restò in piedi al centro della stanza. Sulle braccia aveva appoggiato il cappotto nero. Lorenzo notò il viso di Luisa, curato e perfettamente truccato. I suoi capelli, in ordine, erano sciolti sulle spalle. Indossava un vestito nero molto aderente, che le copriva le gambe fin sopra al ginocchio. I tacchi altissimi la rendevano molto slanciata.

«Se sei venuta solo per questo puoi anche andare via» disse Lorenzo, alzandosi dalla scrivania. Luisa, lasciando cadere il cappotto, gli corse incontro e, aggrappandosi alla sua giacca, sospinse indietro Lorenzo, che si sedette nuovamente sulla scrivania. Luisa sollevò lo sguardo e le braccia lentamente andarono a circondare il collo di lui. Lorenzo sgranò gli occhi per la sorpresa, mentre Luisa posò le sue labbra su quelle di lui. Lo baciò, ma Lorenzo si allontanò dal volto di lei poco dopo. Sul volto del marito, Luisa scorse uno sguardo impassibile e serio. Non lo aveva mai visto così. Lorenzo le afferrò un braccio e con rapidità l'allontanò da sé. Si alzò dalla scrivania e scosse furioso la testa.

«Cosa diamine fai, Luisa?!» disse Lorenzo, voltandosi verso la donna, che tremante, poggiò entrambi i palmi delle mani sulla superficie fredda della scrivania. Per la prima volta si rendeva conto che aveva perso suo marito.

«Che cos'ha lei che io non ho?» disse Luisa con un filo di voce. Lorenzo sospirò e deglutì forzatamente. Si portò una mano sulla fronte e riavviò indietro un ciuffo di capelli ricaduti in avanti. «La ami così tanto da lasciare tua moglie che, nonostante tutto, ti ama ancora?»

«Si» rispose serio Lorenzo, guardando negli occhi Luisa, che spalancò la bocca per la risposta di Lorenzo. Sentiva che le labbra iniziarono a tremare e gli occhi incominciarono a velarsi. Non voleva piangere davanti a lui. Non voleva mostrargli la donna debole che si era ripromessa di non diventare. Non voleva dargli questa soddisfazione. Preferì voltarsi e dargli le spalle. Raccolse il cappotto, caduto per terra. Lo sbatté con forza e si avviò verso la porta. Poco prima di aprirla, si fermò davanti a questa.

«Mio padre ti aspetta nel suo ufficio. Vai da lui adesso».

*   *   *

Lorenzo entrò nell'ufficiò del presidente con il solito volto impassibile. Suo suocero, non appena lo vide entrare, lo squadrò, come si fa con un delinquente, non appena viene arrestato.

«Volevi vedermi?» disse Lorenzo, a quello che era ancora formalmente suo suocero.

Il presidente non disse nulla. Fece, però, cenno a Lorenzo di accomodarsi sulla poltrona davanti alla sua scrivania. Lo sguardo di Lorenzo vagò per l'ufficio: una stanza spoglia, priva di qualsiasi ornamento. Vi erano solo scaffali, dove delle pratiche erano disposte in ordine. Un divano di ottima fattura in pelle marrone era posizionato sul lato destro della stanza ed al centro di essa un'enorme scrivania in legno pregiato, sui cui oltre le cornici con le foto della sua famiglia, vi erano dei fogli sparsi ed un computer portatile di ultima generazione. Un'enorme vetrata, oscurata da una pesante tenda, era dietro il presidente, che ora aveva lo sguardo fisso su Lorenzo.

«Avrei voluto promuoverti quest'anno» esordì l'uomo sulla sessantina, non smettendo di guardare suo genero. «Avrei voluto farti vice presidente di questa compagnia. Sei un ottimo lavoratore, Lorenzo. Affidabile, instancabile e pronto a mettere l'anima in ciò che fa. Mi ricordi me stesso alla tua età, quando ho iniziato questo lavoro». Disse voltandosi poi verso la finestra. Si alzò dalla poltrona e scostò la tenda, quel tanto che bastava per far entrare qualche raggio di sole. «Sei un valido elemento per questa azienda» continuò a dire l'uomo, poi girandosi verso Lorenzo e rimanendo in piedi davanti la scrivania.

«Grazie» disse soltanto Lorenzo, mantenendo la solita espressione impassibile. I suoi occhi nocciola non perdevano di vista l'uomo davanti a sé, come se da un momento all'altro avrebbe potuto pugnalarlo.

«Avrei voluto davvero farti diventare vice presidente e avrei saputo che l'azienda era in ottime mani» disse, poi sedendosi sulla poltrona e posando ancora gli occhi azzurri e gelidi sul ragazzo. «D'altro canto mia figlia è più importante ed io voglio vederla felice» continuò a dire l'uomo, poggiando entrambe le mani sulla scrivania ed incrociandone le dita. «E' davvero un peccato, ma chi rende la mia famiglia infelice non può lavorare per me. Sei licenziato, Lorenzo».

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