Capitolo 25

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Il giorno dopo, Mattia fu convocato al comando dei carabinieri, luogo che per altro gli era molto famigliare. Aveva visitato spesso il comando dove suo padre lavorava. I colleghi di suo padre erano stati sempre gentili con lui, che da piccolo girovagava tra le varie scrivanie. Voleva bene a suo padre. Lui non aveva mai preteso che suo figlio cambiasse, anche quando si era accorto di essere omosessuale. Lo aveva accettato per quello che era. Gli aveva insegnato tutto: ad andare in bici, a suonare la chitarra, a guidare l'auto. Quando morì, ucciso da un delinquente, Mattia non riusciva a darsi pace. Preferì cambiare città e vita e allontanarsi dalla casa in cui viveva con sua madre, perchè c'erano troppi ricordi di suo padre. Aveva pensato tante volte di ricontattare Lorenzo per raccontargli dei suoi dispiaceri e del suo dolore, ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo. Gli mancava in quei momenti Lorenzo, gli era sempre mancato parlare con lui. Se ne rammaricò, mentre entrò nell'ufficio del comando.

«Buongiorno Signor Rinelli» disse uno dei due carabinieri, che accolsero Mattia nella stanza. Entrambi gli strinsero la mano e lo invitarono a sedersi. «Siamo riusciti a trovare il suo aggressore» continuò il carabiniere, mentre Mattia sorrise sollevato. «Abbiamo trovato la sua auto abbandonata in un campo vicino la città. Il suo corpo era all'interno dell'auto. Si è sparato ad una tempia, con la stessa arma con cui ha sparato al signor Ferretti» concluse il carabiniere.

Mattia sentì come se un enorme peso gli si fosse tolto dal cuore. Non provava nessun dispiacere per lo Scorpione. Avrebbe preferito che pagasse per quello che aveva fatto a Lorenzo, che fosse consegnato alla giustizia, invece lui aveva scelto la via più facile. Aveva preferito togliersi la vita.

Mattia depose ufficialmente ciò che era successo la sera prima nel parcheggio del ristorante e dopo aver firmato qualche documento, fu libero di andare.

Riuscì a recuperare l'auto e si precipitò all'ospedale da Lorenzo. Sperava con tutto il cuore che stesse bene. Non appena fu all'interno della sala d'aspetto, incontrò un viso famigliare. Paolo aveva saputo quello che era successo ed era corso in ospedale, non appena gli era stato possibile. Mattia gli corse incontro e Paolo lo accolse con un abbraccio.

«Mattia, mio Dio, ero così preoccupato! Stai bene?» gli disse Paolo, mentre stringeva l'amico sempre più forte.

«Si Paolo. Io sto bene. Lorenzo mi ha salvato. Se non ci fosse stato lui, sarei morto di certo» disse Mattia, sciogliendo l'abbraccio con Paolo.

«Come sta adesso?».

«L'operazione fortunatamente è riuscita, bisognava aspettare la notte per capire se fosse fuori pericolo del tutto» disse Mattia, mentre con gli occhi si guardava attorno. Scorse fra gli altri Luisa, che lo guardava con il solito disprezzo negli occhi. Scorse poi la mamma di Lorenzo, che salutò Mattia con un sorriso.

«Scusami Paolo» disse poi all'amico e si avvicinò alla signora, poco distante da lui. «Buongiorno signora Maria».

«Ciao Mattia» disse la signora sorridendogli calorosamente. In quel momento, una dottoressa, accompagnata da un infermiere, aprì la porta della terapia intensiva e parlò con noi, che attendevamo notizie di Lorenzo.

«Il signor Ferretti sta bene. Ha ripreso conoscenza dopo l'intervento, ma preferiamo che stia in terapia intensiva ancora un altro giorno. Le sue condizioni sono al momento stabili e nella notte non ha avuto complicanze» spiegò la dottoressa, con la voce squillante.

«Possiamo vederlo?» chiese Luisa, apprensiva, avvicinatasi di un passo alla dottoressa.

«Posso far entrare solo i parenti più stretti, uno alla volta. Se lei è la moglie posso farla entrare subito».

Mattia sospirò tristemente e scosse la testa. Avrebbe davvero voluto vederlo e sincerarsi delle sue condizioni. Avrebbe voluto parlargli e abbracciarlo. Voleva vederlo. Luisa guardò Mattia e sul volto della donna comparve uno strano sorriso compiaciuto. Mattia spostò lo sguardo sulla madre di Lorenzo, la quale si era accorta degli scambi di sguardi fra i due.

«Io sono sua madre, posso vederlo per prima?» annunciò la signora, facendosi avanti. La dottoressa acconsentì e, dopo aver stretto la mano a Mattia, entrò nella terapia intensiva, scomparendo dietro la porta a vetri oscurati.

Non appena entrò nella stanza di Lorenzo, restò scioccata nel vederlo disteso e pallido nel letto. Il tubicino della flebo era attaccato al braccio e due grosse sacche penzolavano dal bastone accanto al letto. Una macchina segnava i battiti del suo cuore, ritmando un bip ogni secondo. Lorenzo aveva gli occhi chiusi ed il volto stanco e stravolto. Sua madre si avvicinò lentamente a lui, che piano aprì gli occhi. La guardò per qualche istante senza dire nulla e sua madre gli afferrò una mano, stringendola forte nella sua.

«Lorenzo» sussurrò la donna, avvicinandosi al figlio e baciandolo sulla fronte.

«Mamma...» disse lui, stringendo, per quanto potesse, la mano della madre. Cercò di sorriderle, ma quello che ne uscì fu una piccola dolce smorfia, che fece sorridere la donna.

«Non sforzarti, tesoro» gli diceva accarezzandogli la fronte. «Ero così preoccupata per te» non riuscì a trattenere le lacrime e pianse sul petto del figlio, che a suo modo cercò di consolarla.

«Sto bene adesso» disse lui, con un fil di voce. Sorrise e questo rese felice sua madre, che lo baciò ancora sulla fronte.

«Sono tutti qui fuori e sono in ansia per te» annunciò sua madre e, qualcosa nel volto di Lorenzo si accese.

«C'è Mattia? Come sta? Posso vederlo?» chiese a gran voce e la macchina, che segnava i battiti del suo cuore, all'improvviso accelerò. Sua madre sorrise dolcemente, rendendosi conto del sentimento che provava suo figlio nei confronti di quel ragazzo.

«Sta bene, è qui fuori. Voleva entrare, ma non glielo hanno permesso. Solo i parenti possono entrare finchè starai qui» gli spiegò sua madre.

«Non possono farlo entrare? Non è giusto» disse lui, stizzito.

«Rimettiti presto, così potrai vederlo ogni volta che vorrai» gli disse sua madre, sorridendogli ed accarezzandogli il capo, proprio come quando era piccolo ed era a letto con la febbre.

«Mamma, io lo amo davvero. Vorrei che tu e papà accettaste i nostri sentimenti» disse Lorenzo, guardando intensamente sua madre.

«Lo vedo che sei innamorato, ma non preoccuparti. Ne parleremo quando ti sarai rimesso».

*   *   *

Quando la madre di Lorenzo uscì dalla terapia intensiva, tutti si fecero avanti chiedendole come stava Lorenzo. Lei raccontò ogni cosa, di come lo avesse trovato, del suo volto pallido e stanco e di come gli avesse parlato.

«Ha chiesto subito di Mattia» disse la donna, guardando il ragazzo e sorridendogli. «Voleva sapere come stavi».

«Che stupido... pensa a me in questo momento» disse Mattia, abbassando lo sguardo, tentando di nascondere agli altri il viso completamente rosso. Era felice, perchè Lorenzo pensava a lui. Aveva così voglia di vederlo, che avrebbe sfondato la porta della terapia intensiva solo per sentire la sua voce.

Luisa, stizzita, afferrò la sua borsa e il suo cappotto nero e si avviò verso l'uscita. Mattia se ne accorse e le corse dietro. Le afferrò un braccio, nel tentativo di fermarla. Luisa, però, cacciò la sua mano con uno schiaffo e si girò a guardarlo.

«Cosa c'è?!» disse furiosa. «Sei venuto a vantarti con me?! Vuoi sentirmi dire che hai vinto?! Bene! Hai vinto! Che altro vuoi da me?!» la sua voce era alta, tanto che tutti quelli presenti all'uscita dell'ospedale, si voltarono a guardarli stupiti.

«Non è quello che voglio» disse Mattia, mantenendo la calma. «Mi dispiace. Ti ho solo fatto del male e non ci sono parole per scusarmi». Luisa sospirò rumorosamente, mentre s'infilò il cappotto nero e si sistemò i capelli, sciolti sulle spalle. «Tu farai sempre parte della vita di Lorenzo, perchè gli darai un figlio ed io non posso cambiare le cose e tu non dovresti andartene, perchè ci tieni a Lorenzo quanto me» disse Mattia.

«Per quanto io ci tenga a lui, non è mai abbastanza. Lui non è innamorato di me, forse non lo è mai stato e credo sia inutile continuare a sperare» disse Luisa, voltandosi e dando le spalle a Mattia. «Abbi cura di lui» disse la donna, per poi camminare verso l'uscita dell'ospedale e scomparire al di là della porta.

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