Capitolo 22

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Erano distesi sul letto, l'uno accanto all'altro. Mattia era girato sul fianco e guardava il profilo di Lorenzo, sdraiato invece sulla schiena. Le coperte coprivano i loro corpi nudi ed esausti dopo aver fatto l'amore. Mattia posò la sua mano su quella di Lorenzo e ne intrecciò le dita con le sue. Poi sollevandole entrambe, portò la mano di Lorenzo alle sue labbra e ne baciò le nocche. Lorenzo guardò il volto del ragazzo accanto a lui, gli sorrise contento. Era così felice di essere lì dov'era, accanto a Mattia, accanto alla persona che amava e che aveva amato da sempre.

«Avrei voluto che non ti fossi mai trasferito» disse Lorenzo, girandosi su di un fianco verso Mattia.

«Già» si limitò a dire il ragazzo, mentre faceva ricadere entrambe le mani, ancora giunte, sul materasso.

«Mi piaceva stare con te. In riva al mare mi sentivo libero. Sentirti cantare mi emozionava e mi rilassava. Adoravo quei momenti. Li aspettavo con ansia e durante le lezioni non facevo altro che pensare a quel momento» disse Lorenzo, sporgendosi verso Mattia e tirandolo a sé. Lo abbracciò e gli donò un bacio fra i capelli. Mattia si rifugiò nelle braccia di Lorenzo. Gli sembravano così grandi e forti, che si sentì al sicuro. Nonostante avessero la stessa età, i loro corpi erano differenti: Lorenzo era più robusto e più muscoloso di Mattia, che aveva un fisico più esile, rispetto a Lorenzo.

«Non voglio lasciarti mai più Mattia» sussurro Lorenzo, fra i capelli di Mattia.

Mattia sollevò il viso e, accarezzando la guancia di Lorenzo, lo baciò sulle labbra. «Mi piace baciarti. Mi piacciono le tua labbra» disse accarezzandole con il pollice. «Ti ho baciato la prima volta in riva al mare. È stato bellissimo» confessò, arrossendo lievemente, mentre Lorenzo lo strinse ancor più forte a sé. «Vorrei tornarci un giorno. Vorrei tornarci con te».

«Sì, mi piacerebbe tanto» disse Lorenzo, baciando ancora il capo di Mattia. «I miei vivono ancora lì, in quel paesino sperduto» disse, rigirandosi sulla schiena. «Qualche giorno fa ho detto loro che ho lasciato Luisa e che ho un'altra persona che amo. Ho detto che sei tu. Mia madre non sapeva cosa dire e mio padre non mi ha voluto parlare al telefono. Da allora non mi hanno più chiamato».

Mattia puntellò il gomito sul materasso, sollevandosi da poco da quest'ultimo, quel tanto che bastava per guardare il volto di Lorenzo. «Come? E adesso?» chiese lui preoccupato. «Ti sto rovinando la vita Lorenzo. Non è giusto».

«Calmati...» disse Lorenzo, attirandolo verso di sé. Mattia posò il capo sul petto di Lorenzo, ascoltando inevitabilmente il battito del suo cuore. «Ci vorrà del tempo prima che accettino la cosa. Se non lo faranno pazienza. Io amo te e non posso cambiare ciò che provo» Lorenzo accarezzò piano i capelli di Mattia, il quale, preoccupato, guardava il profilo del volto di Lorenzo, chiedendosi se fosse giusto stravolgere in questo modo la vita della persona a cui teneva così tanto. Più della sua stessa vita.

*   *   *

«Scusami, la riunione si prolungherà per almeno un'altra ora...» disse Lorenzo al cellulare. Mattia sospirò e sorrise. «Avrei voluto cenare con te e venire a prenderti al ristorante, ma penso che non ce la farò».

«Non preoccuparti. Oggi è giorno di chiusura. Stiamo pulendo tutto per bene e Paolo sta facendo le ordinazioni per la cucina. Appena finiamo di far tutto, vado a casa» disse Mattia, all'esterno del locale. Il sole era ormai tramontato da un pezzo ed nel cielo erano già presenti una gran quantità di stelle. Erano i primi giorni di marzo, ma il vento, che soffiava indisturbato, era ancora freddo.

«Va bene. Spero termini presto, così posso venire lì da te».

«Va bene, ma pensa a lavorare. Ci vediamo dopo Lore» Mattia sorrise e chiuse la chiamata. Intascò il cellulare nella felpa rossa che indossava e respirò a pieni polmoni l'aria fresca. Sorridendo, ritornò all'interno del locale, per aiutare i camerieri a sistemare gli ultimi tavoli rimasti.

Paolo uscì dalla cucina, annunciando di aver finito e che doveva necessariamente tornare a casa.

«Vengono i miei futuri suoceri a casa nostra. Ho chiesto a Elena di sposarmi» Mattia e tutto lo staff si complimentarono con lui, augurando loro il meglio. «Ce la fate a finir tutto?» chiese lui, infilandosi il cappotto e la sciarpa.

«Corri a casa stupido! Devi far colpo con i tuoi suoceri» ridacchiò Mattia, mentre gli dava una serie di pacche sulla spalla.

Quando Paolo salutò e uscì, Mattia rifletté su come avrebbe voluto che anche i genitori di Lorenzo fossero stati felici della loro relazione. Una relazione fra uomini era difficile da accettare, questo Mattia lo sapeva bene. Preferì, però, credere alle parole di Lorenzo. Decise di lasciare loro del tempo. Forse era proprio quello che ci voleva, pensò il ragazzo, mentre riordinava lo scaffale del bar.

Dopo quasi un'ora e mezza di lavoro, finalmente finirono di rimettere tutto apposto. La sala del ristorante era tirata a lucido. Il pavimento era pulito ed ogni tavolo era stato disposto con cura maniacale. Le tovaglie erano ripiegate perfettamente nei cassetti, pronte per essere utilizzate il giorno dopo. I lampadari erano stati perfettamente lucidati, così come le posate lavate e riposte con cura. Mattia ringraziò e salutò lo staff, che si avviò verso l'uscita. Ricontrollò la cassa, attento a non lasciare troppi soldi all'interno e, afferrate le chiavi, richiuse la porta dietro di sé. Ormai era buio pesto, quando chiuse la porta a chiave e si avviò verso la macchina. Ripose le chiavi nel giubbotto e afferrò quelle della macchina. Si avviò verso il parcheggio, rabbrividendo, poiché una folata di vento lo investì in pieno volto. Sollevò lo sguardo sulla macchina e ne notò un'altra parcheggiata vicino la sua. Non la riconobbe. Non era nemmeno di un qualche cameriere. Sulla carrozzeria grigio metallizzata, notò alcune ammaccature illuminate perfettamente dal lampione, sotto cui era parcheggiata. Il paraurti era praticamente staccato. Lo sportello si aprì all'improvviso e ne scese un uomo tarchiato. Era molto robusto ed indossava dei jeans chiari strappati sulle ginocchia ed un giubbotto grigio, che aveva visto tempi migliori. Mattia bloccò i suoi passi, non appena riconobbe l'uomo che gli era di fronte.

«Ciao, ci rivediamo. Come stai?» disse l'uomo, avanzando verso Mattia, con fare spedito.

«Lo scorpione...» disse tremando Mattia, mentre pronunciava il soprannome dell'uomo che lo aveva aggredito tanti anni fa.

«Si, mi chiamano ancora così» disse lui ed intanto, Mattia indietreggiò istintivamente. «No, no. Non vorrai mica andare via» disse l'uomo, estraendo dalla tasca una pistola e puntandola contro Mattia, che si freddò all'istante.

«Che vuoi fare?» disse Mattia, deglutendo più volte forzatamente il grosso nodo che gli si era formato in gola.

«Sta calmo, Mattia» disse avvicinandosi a lui e premendogli la pistola sul petto. «Se farai ciò che ti dirò non succederà nulla di male, ok?» Mattia annuì molto lentamente, mentre l'uomo sorrise compiaciuto.

«Sono proprio contento che ti ricordi ancora di me. Ti è piaciuto così tanto essere scopato per strada?»

«Bastardo!» esclamò Mattia, ringhiandogli contro.

«Che brutte parole. Non ci siamo Mattia» disse l'uomo, accarezzando la guancia di Mattia, che disgustato, girò il volto dall'altra parte. «Sai, ho passato quasi tre anni in carcere per colpa tua. Ero venuto qui stasera per ammazzarti, ma tu sei sempre più bello e sarebbe un peccato se non ti scopassi ancora!» l'uomo gli afferrò il viso, stringendoglielo fino a fargli male. Mattia gli afferrò il braccio, ma non servì. L'uomo si sporse verso il volto di Mattia e lo baciò sulla bocca. Disgustato, Mattia cercò di resistere e con la mano libera, afferrò il braccio con cui l'aggressore teneva la pistola. Un colpo forte e deciso sul polso, fece cadere la pistola per terra, mentre con l'altra mano allontanò lo Scorpione da sé. Con un piede allontanò l'arma dall'uomo, mentre con il braccio si pulì la bocca. Avvicinandosi di nuovo all'uomo, con la mano destra sferrò un pugno in pieno viso. L'uomo ricadde a terra, sbattendo la schiena per terra. Mattia ansimava per la rabbia repressa in tutti quegli anni.

«Mattia!» Lorenzo, dopo aver parcheggiato malamente la macchina, corse preoccupato incontro a Mattia, il quale si volse verso di lui. Il ragazzo sorrise, non appena vide arrivare Lorenzo e gli corse incontro.

L'uomo, ripresosi dal pugno, recuperò l'arma e la puntò ancora una volta alle spalle di Mattia.

«No! Attento Mattia!» gridò Lorenzo, che raggiunto Mattia, si frappose fra il ragazzo e le pallottole sparate dall'uomo, che lo colpirono sulla schiena. Lorenzo, inerme, ricadde fra le braccia di Mattia, che pallido e tremante lo accolse impotente.

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