Capitolo 11

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Il cinguettio degli uccellini appollaiati fuori dal suo balcone, svegliò Mattia. Riaprì gli occhi lentamente. Puntellò entrambi i palmi delle mani sul materasso, così da riuscire a mettersi seduto sul letto. Si guardò attorno. La stanza era deserta. Allora aveva solo sognato di fare l'amore con Lorenzo. Sospirò, deluso e sollevato al tempo stesso. Con un gesto rapido, scostò le coperte e si diresse in cucina. Fece una breve colazione. Caffè e brioche. Afferrò il cellulare e si accorse dei due messaggi arrivati poco prima del suo risveglio. Uno era di Lorenzo e l'altro di Paolo. Lesse per primo quello di Lorenzo.

Buongiorno. Hai fatto colazione? Sono in ufficio, ma non riesco a concentrarmi. Ti penso sempre Mattia. Ho voglia di vederti.

Mattia sorrise ed il suo viso s'infiammò, non appena smise di leggere il messaggio. Quante volte aveva sperato in quegli anni di ricevere un messaggio così da Lorenzo. Avrebbe voluto vederlo in quel momento. Avrebbe voluto dirgli la sera prima di lasciare sua moglie per lui. Gli avrebbe voluto dire di stare insieme. L'unica cosa che invece gli aveva detto era stata quella di pensarci bene.

«Non puoi mandare a monte il tuo matrimonio per una cotta passeggera o per curiosità» gli aveva detto Mattia. Non pensava affatto che Lorenzo fosse innamorato di lui. Pensava che si sarebbe stufato, non appena tutta la sua curiosità riguardo all'amore tra due uomini fosse stata soddisfatta. Era solo questo. Curiosità e null'altro. Con questa consapevolezza nella sua testa, perse del tutto il sorriso dal suo volto. Guardò tristemente il cellulare. Quanto avrebbe voluto che la situazione fosse diversa.

Buongiorno Lorenzo. Sto facendo colazione proprio ora. Vorrei vederti anch'io, ma so che non sarebbe giusto.

Pensò di non inviare mai quel messaggio. Ci pensò su tante volte, ma alla fine premette invio. Bevve un sorso di caffè e posò la tazzina sul tavolo. Passò a leggere il messaggio di Paolo.

Vieni immediatamente al locale. È successo un casino!

*   *   *

Mattia restò senza parole. Guardò più volte la vetrata distrutta del suo locale e non seppe trovare alcuna spiegazione. L'insegna con il nome del ristorante era caduta. Si avvicinò lentamente e si inginocchiò davanti a questa. Era stata chiaramente presa a martellate. Mattia scosse più volte la testa. Si rialzò e incredulo andò verso la vetrata completamente distrutta. Guardò all'interno del ristorante e lo spettacolo che si ritrovò davanti gli fece gelare il sangue. I tavoli erano quasi tutti distrutti e le sedie, o quel che ne rimaneva, era sparse ovunque per la grande sala. Su di una delle pareti c'era una scritta nera a lettere cubitali: FROCIO.

Mattia deglutì il nodo che gli si era formato in gola. Entrambe le mani tremanti si sollevarono all'unisono, andando a coprirgli la bocca, che tremava così come le sue mani. Paolo gli si avvicinò e, piano, avvolse con le braccia il corpo tremante di Mattia. Non riuscì più a controllare le lacrime e pianse tra le braccia di Paolo.

«E' colpa mia! Mi dispiace tanto Paolo!» disse Mattia, tra un singhiozzo e l'altro. Si aggrappò disperatamente a Paolo, il quale lo consolò come poteva.

«Smettila, non è colpa tua. E' colpa di qualche imbecille!» disse Paolo, accarezzando piano i capelli scombinati di Mattia.

«Mi dispiace...» disse ancora Mattia, scostandosi dall'abbraccio di Paolo. In quel momento uno dei poliziotti chiamati da Paolo, si avvicinò ad entrambi. Spiegò che l'aggressore non aveva rubato soldi e nient'altro. La cassa non era stata forzata e la cucina non era stata toccata. Inoltre, chi era entrato nel locale aveva cosparso parte del pavimento con della benzina. Era intenzionato a dar fuoco al locale. L'allarme deve aver funzionato male e si è attivato probabilmente proprio in quel momento, così l'aggressore ha pensato bene di andar via.

Mattia scosse la testa turbato. Si chiese chi potesse essere stato, ma non gli veniva in mente nessuno. Entrambi ringraziarono i poliziotti e Paolo li seguì in questura per la denuncia. Mattia, invece restò al locale. Sentì la testa pulsargli dolorosamente. Afferrò il cellulare. Scorse fra i vari nomi della rubrica, fino a trovare ciò che cercava. Spinse il tasto della chiamata e attese di sentire la sua voce.

«Pronto?» rispose Lorenzo dall'altra parte.

«Lore, scusa se ti disturbo...» la voce di Mattia tremava, così come tutto il suo corpo. «Scusami... avevo bisogno di sentirti...»

«Che è successo?» la voce di Lorenzo tradiva la sua preoccupazione. «Mattia, che succede? Stai bene?»

«Si... io sto bene...» la voce di Mattia tremava sempre di più «Il locale è distrutto, Lore... è distrutto!»

«Sei al ristorante adesso?» disse Lorenzo, sempre più preoccupato.

«Si» rispose Mattia in un sussurro.

«Arrivo!»

*   *   *

Lorenzo non aveva mai lasciato il lavoro in piena mattina. La sua segretaria, spiazzata, stava annullando tutti gli appuntamento di quella giornata, mentre Lorenzo era corso verso la sua auto e in pochi minuti era già sulla via del ristorante. Gli sembrava così distante in quel momento. Temeva di non riuscire a raggiungerlo, per quanto quella strada non finiva mai. Guidò con il cuore in gola. Mattia lo aveva chiamato e lo aveva sentito così turbato, come mai prima. Non appena giunse al parcheggio del ristorante, vide Mattia fermo davanti la vetrata distrutta del locale. I poliziotti l'avevano coperta con del cellophane. Quando Lorenzo affiancò Mattia, scorse all'interno la scritta che l'aggressore aveva lasciato sulla parete. Sgranò gli occhi, disgustato e subito abbracciò Mattia, il quale silenzioso si strinse sempre più a lui.

«Tu stai bene, Mattia?»

«Si...» disse in un sussurro, mentre sprofondò il viso nella spalla di Lorenzo.

«Non mi sembra. Andiamo, ti porto a casa...» disse Lorenzo, prendendo per mano Mattia.

«No, ci vado da solo. Tu devi lavorare e poi devo chiamare qualcuno per far aggiustare tutto. Mi costerà una fortuna» disse Mattia divincolandosi dalla presa di Lorenzo.

«Ci penserai più tardi, quando ti sarai calmato» disse Lorenzo, prendendo ancora una volta la mano di Mattia «Andiamo con la mia macchina, stai tremando tutto, non riusciresti a guidare».

Mattia dischiuse le labbra, pronto a replicare, ma preferì non dire nient'altro. Una volta in macchina disse l'indirizzo di casa sua a Lorenzo.

«Mi dispiace per quello che è successo...» disse Lorenzo, che mentre guidava alternava lo sguardo tra la strada e Mattia.

«Sono abituato a questo tipo di cose, ma mi infastidisce se colpiscono anche gli altri» disse Mattia, guardando fuori dal finestrino il paesaggio che veloce sfrecciava davanti i suoi occhi. «Forse ho sbagliato a coinvolgere Paolo nei miei progetti. Non si meritava tutto questo».

«Non essere stupido. Se c'è gente stupida al mondo, non è di certo colpa tua» posò una mano brevemente su quella di Mattia, poggiata sul ginocchio. Le guance del ragazzo s'imporporarono lievemente, mentre continuava a guardare fuori dal finestrino.

Per tutto il tragitto, nessuno dei due ruppe il silenzio che si era creato. Ognuno dei due, persi nei propri pensieri, quasi non si accorsero di essere arrivati.

«Grazie per avermi accompagnato» disse Mattia, sfilandosi la cintura di sicurezza. Posò la mano sulla maniglia per aprire lo sportello, ma Lorenzo bloccò ogni suo movimento. Posò una mano sulla guancia di Mattia e l'accarezzò dolcemente. Si sporse verso il viso di Mattia e lo baciò sulle labbra. Dapprima un bacio breve, ma pieno di tenerezza. Lo baciò ancora, con più passione. Mattia chiuse gli occhi e assaporò ogni istante di quel dolce momento, come fosse l'ultimo.

«Posso salire da te?»

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