Capitolo 23

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Mattia , pallido in volto, guardava il corpo immobile di Lorenzo, accasciarsi fra le sue braccia. S'inginocchiò assieme al corpo di Lorenzo, non riuscendo a reggerne il peso. Le braccia tremanti di Mattia, strinsero a sé Lorenzo, che pesantemente appoggiava il capo sulla spalla del ragazzo.

«Lore... Lorenzo! Rispondimi! Ti prego!» disse Mattia, mentre le lacrime sgorgavano dai suoi occhi, rendendogli difficile vedere.

L'aggressore, quasi sconvolto, corse verso la macchina. Aprì lo sportello di scatto e, dopo averlo richiuso, accese il motore e scappò via. Il rombo del motore dell'auto, coprì il pianto disperato di Mattia, che ancora stringeva Lorenzo fra le sue braccia.

«Lorenzo! Ti prego... No....» disse ancora Mattia, fra un singhiozzo e l'altro. «Amore... Non lasciarmi...».

Posò delicatamente il corpo di Lorenzo sull'asfalto e, guardandosi poi le braccia, le scoprì completamente sporche di sangue. Sentiva le gambe cedere e le mani tremare sempre di più. Rovistò all'interno delle tasche del giubbotto ed afferrò il cellulare. Compose il numero e chiamò l'ambulanza.

«Venite presto, per favore!» aveva detto loro Mattia, mentre al di sotto del corpo di Lorenzo, si formava una pozza di sangue sempre più grande.

Aveva chiuso la chiamata e riposto il cellulare nella tasca del giubbotto. Poi con la mano sporca del sangue di Lorenzo, afferrò la sua mano e la strinse nella sua. Le lacrime di Mattia si mescolarono al sangue per terra, mentre si chinava sul petto di Lorenzo. Il suo cuore batteva appena. Era ancora vivo, pensò. Sorrise appena, mentre gli baciava la mano.

«E' tutta colpa mia, mi dispiace. Non te ne andare, ti prego».

In lontananza, la sirena dell'ambulanza destò Mattia dai suoi pensieri. Si guardò indietro e dei soccorritori scesero immediatamente dall'ambulanza e corsero incontro a Mattia e Lorenzo. Prestarono le prime cure al ragazzo, mentre Mattia raccontava loro cos'era successo. Decisero di intubarlo, perché respirava a fatica e dopo misero il suo corpo sulla barella. Quando la barella sfilò davanti a Mattia, si accorse di quanto pallido fosse il viso di Lorenzo. Il paramedico pose fra le mani di Mattia gli occhiali ed il cellulare di Lorenzo e lo invitò a salire con loro in ambulanza. Mattia accettò e salì dopo che la barella fu caricata. A sirene spiegate, viaggiarono a velocità sostenuta per le strade della città. L'ospedale sembrava così distante ed ogni curva, Mattia credeva di essere finalmente arrivato ed invece un'altra strada veniva imboccata. Tenne la mano di Lorenzo fra la sua per tutta la durata del viaggio. Quando finalmente arrivarono all'ospedale, i medici accorsero al pronto soccorso per prestare le proprie cure a Lorenzo.

«Lei chi è? È un parente?» chiese il medico a Mattia, che seguì la barella all'interno del pronto soccorso.

«No. Io... io sono un amico» Mattia esitò.

«Il paziente è sposato? Devo parlare con un parente. Dobbiamo operarlo d'urgenza» disse il medico, interrompendo Mattia, il quale annuì silenzioso. «Bene contatti la moglie. Avrò bisogno di parlarle al termine dell'operazione».

Il medico sparì dietro le porte automatiche del pronto soccorso, mentre Mattia restò solo nella sala d'attesa, gremita di gente nonostante l'ora.

*   *   *

Quando Luisa lo raggiunse nella sala d'attesa, Mattia si alzò dalla sedia su cui era seduto ormai da più di mezz'ora. Gli occhi furiosi di Luisa erano carichi di disprezzo. Mattia non osò dire nulla ed abbassò lo sguardo. Luisa si avvicinò a Mattia e lo schiaffeggiò in pieno volto. Mattia pose una mano sulla guancia, che pulsava per il dolore.

«Ci hai rovinato la vita!» disse Luisa, prendendogli un lembo del giubbotto e strattonandolo. «Prima che tu comparissi eravamo felici e lui stava bene» disse ansimando per la rabbia. «Non ti perdonerò mai per quello che ci hai fatto! E' colpa tua se lui ora sta male!» gridò Luisa davanti a tutti quelli presenti nella sala d'attesa.

Due uomini in divisa da carabiniere si avvicinarono a Mattia e Luisa. Chiesero ad entrambi di seguirli in una saletta appartata. Chiesero, inoltre a Mattia di raccontare cosa fosse successo in quel parcheggio.

Mattia, dapprima molto silenzioso, iniziò a raccontare ogni cosa nei minimi dettagli: di come avesse trovato lo Scorpione nel parcheggio del ristorante di sua proprietà, di come avesse cercato di intimidirlo puntandogli una pistola e di come lo avesse poi picchiato e atterrato. Quando raccontò di Lorenzo, la voce quasi gli manco. Il respiro sembrò mancargli per dar fiato a ciò che voleva dire. Disse loro di come Lorenzo lo aveva protetto e salvato da gli spari dell'aggressore. Descrisse poi l'uomo: tarchiato, con una barba trasandata, occhi scuri e capelli cortissimi scuri. Disse loro com'era vestito e il tipo di macchina con cui era fuggito, dandogli ogni dettaglio.

«In che rapporti è con la vittima?» chiese uno dei due carabinieri a Mattia, il quale guardò inespressivo il carabiniere, che attendeva una risposta.

«Sono amanti» disse Luisa, intervenendo nella discussione fra i due. «Stanno insieme».

«Lei chi sarebbe?» chiese l'altro carabiniere a Luisa.

«La moglie di Lorenzo Ferretti» disse Luisa, guardando con disprezzo Mattia.

Entrambi gli uomini si sorpresero della relazione fra i tre, ma non fecero altre domande.

«Inizieremo subito a cercare l'aggressore. In caso di novità vi contatteremo» dissero i due carabinieri, allontanandosi e lasciando soli Mattia e Luisa. La donna incrociò le braccia al petto e si avvicinò di qualche passo al ragazzo. I capelli spettinati, gli ricadevano sulle spalle, coperte dal pesante cappotto nero. Era evidente che non aveva avuto il tempo di prepararsi ed era corsa subito in ospedale.

«Non saresti mai dovuto nascere» disse a Mattia, guardandolo freddamente, per poi uscire dalla stanza.

*   *   *

Fecero accomodare entrambi nella sala d'attesa della sala operatoria, dove avrebbero potuto avere notizie in tempo reale delle condizioni di salute di Lorenzo. Mattia sedeva sulla sedia in metallo di fronte a quella su cui era seduta Luisa. Mattia non riuscì a sollevare lo sguardo per tutto il tempo in cui furono da soli. Ciò che Luisa gli aveva detto lo pensava anche lui. Aveva soltanto stravolto la vita di Lorenzo e per causa sua ora si trovava sotto i ferri a lottare tra la vita e la morte.

Un rumore di passi frenetici, distolse entrambi dai propri pensieri. I genitori di Luisa comparvero nel corridoio e immediatamente abbracciarono la figlia. Mattia restò a guardarli, inespressivo. A lui, del resto, non donarono nemmeno attenzione.

«Ho avvisato i genitori di Lorenzo» annunciò il padre di Luisa. «Prenderanno il primo treno disponibile e verranno qui».

In quel momento il dottore uscì dalla sala operatoria e Mattia e gli altri si avvicinarono a lui. Aveva il camice sporco di sangue ed impressionò tutti i presenti.

«Abbiamo estratto i proiettili. Uno dei due ha lesionato un polmone, mentre l'altro non ha fatto danni a nessun organo importante. Ha perso molto sangue e le sue condizioni sono critiche. L'operazione non è ancora finita, purtroppo» disse il medico ai presenti.

«Si salverà? Vero?» chiese Luisa, con un filo di voce al dottore.

«Non lo posso dire con certezza. Le sue condizioni non sono affatto buone. Stiamo facendo il possibile per salvargli la vita».

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