Capitolo 1

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La pioggia batteva incessante contro la tettoia della fermata dell'autobus. Lorenzo sollevò gli occhi e, sistemandosi gli occhiali da vista, rimase ad osservare, come incantato, le gocce d'acqua che lentamente scivolavano via. Inspirò a pieni polmoni l'aria fresca di metà ottobre. L'autunno aveva ormai scacciato l'estate. Amava quella stagione. Amava il colore delle foglie, che si tingevano di rosso scuro e di giallo. Amava l'aria fresca del mattino e della sera. Inspirò ancora una volta l'aria fresca e lentamente la ributtò fuori. Un bambino piccolo, nel passeggino, lo stava osservando in silenzio, mentre la mamma era intenta a guardare il monitor del suo cellulare. Puntò i suoi occhi. nocciola sull'esile e minuta figura del bambino, ma non gli rivolse nemmeno un sorriso. Restò impassibile, come lo era in ogni momento della giornata. Non ci sapeva fare con i bambini. Non riusciva ad interagire con loro. I giochi e l'infanzia aveva deciso di abbandonarli per sempre. Voleva crescere in fretta e andare via dal piccolo paesino di campagna in cui abitava. Sognava di studiare all'università in una grande città e di lavorare al più presto per una grande azienda. Non avrebbe permesso a nessuna distrazione di ostacolare i suoi piani. Si cimentava anima e corpo nello studio, volendo migliorare sempre di più.

Lo stridio dei freni dell'autobus sull'asfalto bagnato, lo distolsero dalle sue riflessioni. Strinse la bretella della tracolla grigia, che indossava sulla spalla, e si decise ad avvicinarsi alle porte dell'autobus. Dopo aver aiutato la mamma con il suo passeggino, riuscì a salire sull'autobus. Il conducente, sbuffando, richiuse la porta dietro di lui. Estrasse dal taschino l'abbonamento e, con un gesto frettoloso, lo liquidò senza nemmeno vederlo.

Si sistemò nel centro dell'autobus, sedendosi accanto ad un'anziana signora. Si sistemò la sciarpa grigio scuro al collo e, mettendosi le mani in tasca, guardò fuori dal finestrino il paesaggio scorrere dinanzi ai suoi occhi. Dai posti sul retro dell'autobus, proveniva un vociare fastidioso. I soliti stupidi ragazzi, pensò tra sè, come fosse un uomo adulto. Facevano battute sulle ragazze sedute davanti a lui. Le due guardavano indietro e ridacchiavano divertite. Preferì guardare ancora fuori dal finestrino. Quel teatrino assurdo lo disgustava. Non pensava ad altro che a voler crescere in fretta.

L'autobus si fermò, frenando all'improvviso. L'autista aprì le porte, sempre più annoiato. Lorenzo stava per alzarsi, ma uno dei ragazzi che sedeva sul retro dell'autobus, gli afferrò la spalla e lo spinse ancora verso il sedile.

«Aspetta il tuo turno, quattrocchi. Passiamo prima noi...» disse con aria strafottente. Lorenzo strinse i pugni, ma non fece null'altro che vederli sfilare e ridacchiare davanti a lui. Si sistemò la tracolla sulla spalla e si avviò verso l'uscita.

Camminò verso la scuola, mancava ancora un isolato al cancello d'ingresso e, finalmente, sarebbe stato nel posto dove più si sentiva a suo agio. Notò i ragazzi di prima fermarsi all'improvviso. Avevano circondato un ragazzo e lo stavano strattonando.

«Li hai i soldi?» gli chiese uno dei ragazzi, mentre gli afferrava il collo del giubbotto. Il ragazzo non rispose e abbassò lo sguardo. «Diremo a tutti quella cosa...» disse un altro per incalzarlo. Il ragazzo sollevò il viso e Lorenzo notò i suoi occhi verdi sfidare l'arroganza di quel gruppo. Lo riconobbe. Era il ragazzo nuovo. Si era trasferito quest'anno nella sua classe.

Voltò immediatamente il suo sguardo e continuò a camminare. Si era ripromesso che nessuna distrazione avrebbe compromesso la sua vita. Aveva degli obiettivi e li voleva raggiungere. Nessuno doveva intralciarlo.

*   *   *

Lorenzo era sempre attento in classe. Prendeva appunti costantemente, per poter studiare con più facilità. Non aveva mai ricevuto nessun rimprovero, nessuna nota, nessun avviso di alcun genere durante la sua vita scolastica. Si sorprese, però, a guardarsi indietro. Cercò il viso del ragazzo che quella mattina avevano strattonato. Mattia guardava fuori dalla finestra. Il gomito era puntellato sul banco, mentre il palmo della sua mano, accoglieva il suo mento, appoggiato delicatamente su di esso. I suoi occhi verdi osservavano la pioggia, che violenta sbatteva sul vetro. Era triste, forse per quello che era successo poco prima. Lo osservò a lungo, in silenzio. Non sapeva nulla su di lui e non voleva saperne nulla. Al tempo stesso lo incuriosiva. Il suo sguardo, pieno di rabbia e di sfida verso quei tipi, contro cui non aveva nessuna possibilità, lo incuriosiva. Gli occhi verdi di Mattia, che tanto aveva ammirato, si volsero all'improvviso su di lui. Lorenzo sgranò i suoi occhi nocciola per la sorpresa e al tempo stesso, il professore si accorse della sua distrazione. Fu rimproverato per la prima volta nella sua vita. Abbassò lo sguardo, vergognandosi, mentre in classe si alzò un chiacchiericcio, che disturbò la lezione. Lorenzo abbassò lo sguardo e stringendo i pugni, tornò a concentrarsi. Nessuna distrazione, si ripeteva.

A fine lezione, la pioggia non aveva cessato di cadere. Lorenzo aprì il suo ombrello e si diresse verso la fermata del pullman.

«Aspetta!» sentì in lontananza. Pensando fosse diretto a qualcun altro non si fermò. «Aspetta! Fermati!» dopo aver corso Mattia lo raggiunse. Si piegò in due per il fiatone e ridacchiò divertito. «Ti chiamo da quando siamo usciti da scuola, non mi hai sentito?»

«Cosa vuoi?» gli chiese Lorenzo, impassibile come sempre.

«Mi chiamo Mattia...» disse tendendo la mano.

«Lo so. Hai corso fin qui per presentarti?» chiese Lorenzo, riprendendo a camminare verso la fermata.

«Mi guardavi prima, volevo chiederti perchè» disse Mattia, facendo ricadere lungo il fianco la mano tesa verso Lorenzo e poi iniziando a camminare accanto a lui.

«Non lo so. Dimenticalo» concluse freddamente Lorenzo, non degnando nemmeno di uno sguardo Mattia.

«Posso stare sotto al tuo ombrello? Ho dimenticato il mio...» Lorenzo si fermò e guardò Mattia accanto a lui. I capelli castani, che solitamente tendevano al biondo, erano completamente bagnati e scuri. Il giubbotto, poco impermeabile, era completamente zuppo, così come i jeans che indossava. Lorenzo inclinò l'ombrello verso il ragazzo, che subito gli sorrise allegro.

«Ti va di andare in un bar? Prendiamo qualcosa di caldo, offro io!» disse Mattia, prendendo a camminare.

«No, devo studiare. Pensavo che i soldi te li avessero rubati alla fine quei coglioni»

«Ci stavi sentendo?» chiese Mattia, guardando il viso impassibile di Lorenzo «Non glieli ho dati...» Mattia fece spallucce e guardò il cielo plumbeo, che non accennava a schiarirsi.

«Adesso diffonderanno una notizia su di te...» continuò a dirgli, quasi contro la sua volontà. Per la prima volta, un'altra persona lo incuriosiva.

«Non importa» disse lui calmo, mentre abbassava lo sguardo sul marciapiede bagnato.

«Non mi chiedi perchè non ti ho aiutato?» chiese ancora Lorenzo, guardando Mattia con la coda dell'occhio.

«No. Perchè avresti dovuto? Non mi conosci» disse lui sorridendogli.

«Non l'avrei fatto comunque» Mattia gli sorrise lievemente e continuò a camminare accanto a lui in silenzio.

«Cosa diranno su di te?» non si era mai interessato a nessuno prima d'ora e Lorenzo fu davvero sorpreso di se stesso.

«Davvero ti interessa?» chiese Mattia, ridacchiando. Lorenzo non disse nulla e continuò a guardare dritto davanti a sé, mentre procedeva a passo più lento. «Diranno che sono gay».

Lorenzo inarcò un sopracciglio, si fermò di colpo e guardò Mattia, che si fermò accanto a lui. «Ti piacciono i maschi?» Mattia annuì sorridendogli «Davvero?»

«Sì» disse semplicemente.

«Non ti importa che lo dicano?»

«No, perchè è vero».

Ripresero entrambi a camminare. Alla fermata non mancava molto. La pioggia stava pian piano attenuandosi. Qualche raggio di sole filtrò attraverso le nuvole grigie e ancora gonfie di pioggia.

«Come l'hanno scoperto?» Lorenzo ruppe il silenzio che si era creato fra loro.

«Mi hanno visto mentre baciavo un ragazzo» disse con una calma spiazzante, come se fosse la cosa più normale del mondo. «Ti fa schifo?»

«No, non mi interessa» Mattia ridacchiò allegro. La sua risata era come una dolce melodia, che contagiava chi gli stava attorno.

«Andiamo in un bar, dai!» Mattia prese per il braccio Lorenzo e quasi lo strattonò. L'ombrello che stringeva nella mano, ondeggiò parecchio, tanto da schizzargli in faccia la pioggia, rimasta sulla superficie impermeabile.

«Ti ho detto di no!» il tono di voce di Lorenzo si alzò improvvisamente. Sembrava infastidito da quella situazione. In quel momento l'autobus arrivò e, senza nemmeno salutarlo, Lorenzo corse via. Mattia restò imbambolato, guardando l'autobus gremito di gente, che si allontanava. Sospirò profondamente e alzò il viso, rivolgendolo al cielo e sorridendo divertito.

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