Capitolo 3

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Il piccolo paese di campagna, dove abitava Lorenzo, era completamente invaso dal sole. Il ragazzo, sistemandosi gli occhiali sul naso, osservava disgustato ciò che lo circondava. Odiava le giornate di bel tempo. Amava invece la pioggia. La considerava un fenomeno estremamente distensivo. Il rumore della pioggia, le gocce che prepotenti si scagliavano contro i vetri delle finestre, era per lui motivo di rilassamento. Quel giorno, invece, c'era solamente sole e nient'altro. Il cielo era fin troppo azzurro per il suo cinismo e, nonostante fosse una giornata di metà ottobre, faceva troppo caldo per i suoi gusti. Sospinse con l'indice il nasello degli occhiali, sistemandoli ancora una volta. L'autobus stava tardando ormai di dieci minuti. Sbuffò sonoramente, ma nessuno lo udì. La fermata dell'autobus era completamente deserta. Era passata una settimana da quando Mattia era stato vittima di bullismo. In tutti quei giorni non gli aveva rivolto nemmeno una volta la parola. Lorenzo, dal canto suo, non aveva nemmeno voluto provarci. Di tanto in tanto si trovò a guardare Mattia di sfuggita, ma lui era distratto oppure aveva la testa china sui libri. Lo stridio dei freni dell'autobus annunciò il suo arrivo. Con un piccolo sospiro, Lorenzo salì e si sedette nel posto davanti. Ripensò per tutta la durata del viaggio a Mattia, ai suoi occhi verdi così vuoti, come non li aveva mai visti. Una volta sceso dall'autobus, percorse in fretta il viale che lo conduceva al cancello della scuola. Istintivamente guardò verso il vicolo, dove aveva visto una settimana fa Mattia accovacciato per terra. Questa volta era intento a discutere animatamente con un ragazzo. Era molto più grande di lui, era evidente. Lorenzo si bloccò e rimase in silenzio a guardare i due che discutevano.

«Sei uno stronzo. Avresti dovuto mentire! La mia vita è rovinata grazie a te!» gridò il ragazzo in faccia a Mattia, tenendolo per il collo del giubbotto. «Non rispondi?! È perché sai che ho ragione, vero?!»

Mattia abbassò lo sguardo e non si accorse dello spettatore in fondo alla via. Deglutì con forza, mandando giù l'enorme nodo che gli si era formato alla gola. Il ragazzo lo spinse violentemente contro il muro, facendogli sbattere la schiena. Lorenzo, involontariamente, fece un passo in avanti, ma subito si bloccò. Non si riconosceva più. Non capiva perché quel ragazzo suscitasse in lui quelle emozioni. Guardò verso la via principale ed il cancello si stagliava alla fine di questa. Rivolse ancora lo sguardo a Mattia e decise di restare a guardare ancora. Era agitato e non ne capiva il motivo.

«Sei la mia rovina! I miei amici mi prendono in giro e la mia famiglia non mi rivolge la parola.... È tutta colpa tua! Sei un moccioso!» il ragazzo continuò ad inveire contro Mattia, che in silenzio, si sorbiva tutte le offese del suo aggressore. Finalmente sembrò lasciarlo andare ed anche Lorenzo sembrò rilassarsi per qualche attimo. Con un gesto rapido, il ragazzo sferrò un pugno in pieno stomaco a Mattia, facendolo piegare in due dal dolore. Si accasciò per terra, tossendo violentemente e stringendosi la pancia con entrambe le mani. Con un ghigno dipinto sul volto, l'aggressore si voltò, accorgendosi finalmente di Lorenzo, che rimase impassibile a guardarlo.

«Che hai da guardare quattrocchi?» il suo tono era aspro, mentre avanzava verso Lorenzo e poi lo sorpassava, spintonandolo all'indietro. Lorenzo barcollò, ma non cedette. Quando si riprese guardò in direzione di Mattia, che ancora accovacciato lo guardava.

«Che cavolo ci fai qui?» la voce di Mattia era roca nel rivolgersi a Lorenzo, che si era avvicinato a lui.

«Perché diavolo ti cacci sempre nei casini?!» il suo sembrava solo un rimprovero, ma dal tono di voce di Lorenzo, trapelava una certa preoccupazione. « Chi era quello?»

Mattia cercò di rimettersi in piedi, appoggiandosi al braccio di Lorenzo. «Era il tipo che ho baciato, quando mi hanno scoperto...».

«Il tuo fidanzato?» chiese Lorenzo, aiutando ancora Mattia a rialzarsi.

«Diamine no!» Mattia scosse la testa e riprese sulle spalle lo zaino che aveva poggiato per terra. Assieme a quello afferrò una grossa custodia nera. Aveva l'aria di custodire una chitarra classica. Mattia si sistemò il giubbotto e lo zaino e iniziò a camminare nel verso opposto della scuola.

«Dove vai?» chiese Lorenzo, camminandogli dietro.

«Fatti gli affari tuoi. Va' a scuola, Lorenzo!» Mattia prese a camminare più velocemente, ma Lorenzo continuava a seguirlo, tenendo lo stesso passo.

«Che cos'hai lì dentro?» Mattia non rispose e continuò a camminare. «Dove stai andando? Perché non vieni a scuola?» Mattia continuò a ignorare Lorenzo e senza che ques'ultimo se ne accorgesse erano già distanti dalla scuola. Lorenzo si fermò di colpo. Deglutì forzatamente e quasi sudo freddo, mentre con una mano stringeva forte la bretella della tracolla, che indossava sulla spalla. Non aveva mai fatto una cosa del genere. Saltare la scuola per lui era una cosa nuova. Ci andava anche quando stava male. Mattia finalmente, sembrò accorgersi di Lorenzo. Si fermò e si voltò verso il ragazzo alle sue spalle, che pian piano stava diventando sempre più pallido.

«Allora? Vieni o no?» Lorenzo sospirò piano e sembrò calmarsi. Ormai l'aveva seguito fino a quel punto, tanto valeva continuare a camminare con lui. Annuì alla volta di Mattia ed insieme camminarono fianco a fianco, verso una meta che Lorenzo ignorava completamente.

*   *   *

Camminarono per quasi quindici minuti. Entrambi non si rivolsero la parola. Guardavano avanti, procedendo spediti. Presto raggiunsero la spiaggia. La vasta distesa di sabbia si stagliò dinanzi a loro. La dolce brezza fresca che soffiava, portava con sé l'odore salmastro del mare. Intorno a loro non c'era nessuno. Una nuvola di passaggio coprì per pochi secondi il sole, donando ai due ragazzi qualche minuto di fresco sollievo. Mattia iniziò a camminare e Lorenzo lo seguì in silenzio. Arrivati fin quasi sulla battigia, Mattia posò la custodia e dallo zaino estrasse un asciugamano, che distese sulla sabbia. Lasciatosi cadere sull'asciugamano, con un colpetto accanto a sé invitò Lorenzo a fare lo stesso. Il ragazzo dischiuse la bocca, pronto per dire qualcosa, ma ci ripensò e si sedette accanto a Mattia.

«Ci vieni spesso?» chiese Lorenzo, guardando le onde infrangersi leggiadre sulla battigia.

«Dopo la scuola, sì...» s'interruppe soltanto un attimo e guardò il profilo di Lorenzo, seduto accanto a sé. «Oggi non mi andava di andare a scuola» commentò poco dopo.

Lorenzo ricambiò lo sguardo dell'amico. Si sentiva stranamente agitato e non sapeva comprenderne il motivo. Provava sempre delle nuove emozioni, ogni qual volta che Mattia era accanto a lui.

Mattia afferrò la custodia e, come aveva previsto Lorenzo, ne estrasse una chitarra classica. «Sai suonare?» chiese Lorenzo, sorpreso.

«Chissà...» Mattia sorrise ed imbracciò la chitarra, poggiandola sulle gambe incrociate. Sistemò le corde e, facendo scivolare le dita su queste, produsse un dolce suono.

Guardò Lorenzo e poi la sua chitarra. La sinistra era fermamente salda sulla parte alta della chitarra, mentre la destra scivolava leggiadra, pizzicando le corde ed intonando una dolce melodia. Era One degli U2. Il cuore di Lorenzo iniziò a battere forte, non appena la voce di Mattia risuonò per la spiaggia. Aveva una voce dolce e leggera. Armoniosa e graffiante al tempo stesso. Era bravissimo e non sbagliava una nota, nel mentre cantava e suonava. Lorenzo puntellò entrambi i palmi sull'asciugamano e, buttando la testa all'indietro, socchiuse gli occhi ed ascoltò quella bellissima canzone.

One love

One life

When it's one need

In the night

One love

We get to share it

Leaves you baby if you

Don't care for it

Fu la prima volta che Lorenzo ascoltò Mattia cantare. Il cuore di Lorenzo non smise di battere forte nemmeno per un secondo durante tutta la canzone.

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