Prologo

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2017

«Vai. Vai via» dice.
E io ci provo, ci provo a vederlo per capire. Ma non capisco.

«Va' via, Beatrice» continua.
E io mi alzo, rimetto la maglia, prendo la borsa, cerco le chiavi dell'auto. Gesti automatici, stereotipati.

«Esci, Bea. Esci» conclude.
E io muovo qualche passo verso la porta. Guardo lo specchio vicino all'ingresso osservando distrattamente l'immagine che mi rimanda indietro. Guardo la pianta che gli ho regalato, la sciarpa appesa all'armadio che gli ha regalato lei. Guardo la maniglia che afferro e muovo in senso orario, spalancandola; guardo la vicina sul pianerottolo che mi fa un cenno di saluto, guardo se fuori piove o c'è il sole.

Guardo, ma non vedo.

Prima di chiudermi la porta alle spalle, mi volto e guardo lui. E allora vedo.

È improvvisamente chiaro e cristallino il fatto che la debole non sono io, che vado via guardando tutto e non vedendo nulla.
Perché non sono le mie mani a tremare, i miei occhi a scandagliare la polvere sul tappeto rosso del salotto, la mia testa a trascinarsi giù spinta dalla gravità.
Non è il mio piede a battere nervoso, non il mio ginocchio a tremare, non le mie labbra a essere torturate da un incisivo prepotente.

Lui alza gli occhi insicuro nei confronti della mia forza, la forza di un uragano.
Perché io adesso sono Katrina, sono Irma, Wilma, Irene, Patricia, sono caos calmo. E se guardi i miei occhi dico niente, se li vedi dico tutto.
Lui non mi ha mai visto. Ma ora, ora mi vede. Sgrana un po' gli occhi per la sorpresa. La bocca, appena appena schiusa, sembra chiedermi "chi sei?"

Io sono Beatrice. Sono il vento impetuoso che soffia da Nord-Est, sono la pioggia sottile sotto cui vorresti perderti con i tuoi pensieri più negativi, sono terra madre che solida e sporca rimanda a istinti primordiali, sono fuoco di benzina che brucia e divampa e dilaga e serpeggia e si fa beffe degli ostacoli sul suo cammino.

Lui, invece...

Mi ha guardato per anni, ma non mi ha mai visto.
Mi ha sentito per anni, ma non mi ha mai ascoltato.
Mi ha sfiorato per anni, ma non mi ha mai toccato.

E mentre è investito da questa nuova consapevolezza, nell'attimo in cui la vedo luccicare come un lampo nei suoi occhi, è lì che con un ultimo, elegante, movimento, sbatto la porta.

***

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