31. Ma questa notte è ancora nostra?

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2010

Se mi chiedessero che volto darei al mese di giugno, risponderei senza traccia di incertezza che gli starebbe a pennello quello del briccone per antonomasia: Pierino. Me lo riesco proprio a immaginare, 'sto mese, che, con le mani sporche d'inchiostro e sul viso un sorriso beffardo e impertinente, muove la lancetta dei minuti e le fa compiere un milione di giri, uno dopo l'altro, facendo scorrere, insieme a lei, ore e giorni a velocità decisamente aumentata.

Praticamente, ho vissuto l'ultimo periodo in un time lapse: una continua alternanza di albe e tramonti in una manciata di minuti.

Giugno e l'ansietta: prossimamente, al cinema.

Il tempo è trascorso scandito in termini di "ultimi" e ogni volta che ne arrivava uno, di "ultimo", pareva di sentire nell'aria le sorde note di un gong colpito con forza, con tutte le vibrazioni che seguono al suono e si diffondono nell'aria come l'onda di propagazione che si genera quando un sasso viene lanciato nell'acqua.

Gong! L'ultimo compito di matematica.

Gong! L'ultima versione di latino.

Gong! L'ultima ora di educazione fisica.

Gong! L'ultima simulazione della terza prova.

Gong! L'ultimo giorno di scuola - l'ultimo di tutta la vita, da non crederci.

Non appena suonata la campanella dell'ultima ora - sì, ultima anche quella - io e tutti gli altri ragazzi della III A siamo scemati nei corridoi e ci siamo riversati all'esterno della scuola, correndo, spingendoci e tirando fuori le confezioni di palloncini da quegli stessi zaini che, come album di ricordi, sono pieni di scritte, dediche, firme, disegni, toppe, spille, portachiavi; roba che solo l'involucro, senza libri, pesa tonnellate. Da grandi avremo tutti la scoliosi, ma almeno potremo avere su stoffa tutto quello che eravamo durante gli anni del liceo.
Il mio, un'Eastpak arancione, è sbrindellato sul fondo, soprattutto agli angoli, lì dove i tomi di letteratura italiana e biologia hanno esercitato maggiormente la loro forza, ma ai miei occhi appare comunque come la cosa più bella e preziosa del mondo.

Dai pacchi di palloncini sgonfi ai gavettoni è stato un attimo: nessuno, nemmeno il vicepreside, nemmeno il professore di arte che ci ha annunciato con tanta allegria che non saremmo andati in gita - tiè! -, è stato risparmiato.

Immersa nell'acqua, nelle risate, quelle vere, che scaturiscono dalla pancia e ti gorgogliano fino alle labbra come il caffè che sale nel raccoglitore della caffettiera, mi sono fermata un attimo a guardare l'Albertelli.

In questo edificio a quattro piani dall'improbabile mix di colori (nocciola per il piano inferiore e salmone per quello superiore), con le sue finestre a tutto sesto del piano terra e le inferriate arrugginite dal tempo, il portone in legno massiccio, la targa a Enrico Fermi, io ho vissuto per cinque anni della mia vita alcuni tra i momenti più determinanti per quello che sono oggi.
Qui dentro sono entrata in un giorno di settembre poco più che bambina, con la coda di cavallo, la maglietta di Saranno Famosi e i pinocchietti bianchi, e adesso ne esco donna.
E nonostante la vita, tra il secondo e il terzo piano, non sia stata sempre rose e fiori, tra interrogazioni, litigi e cotte andate a male, non vorrei altra scuola che la mia,
non vorrei altra vita che la mia,
non vorrei altra Roma che la mia.

"Che fai? Mi vieni a prendere oggi? Sono zuppa :)" Ho scritto ad Andrea.
"Ora non riesco Bibi ho da fare. Asciugati SUBITO che secondo me la maglietta è diventata trasparente"
"E quando vieni? Mi manchi"
"Dopo :) Ti amo Bi"
"Ma che fai?"
"In giro con Dario. Ora stacco che qui non prende. Tu non mi ami?"
"Poco perché non sei da me :( Cmq fammi sapere"


Tu sei (Le ceneri)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora