30. If I lose myself tonight

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2010

Andrea

Beatrice, in questi mesi, si è diffusa dentro di me come un morbo, prima scorrendomi nelle vene e poi infettando ogni singola parte del mio organismo, persino quelle che non sapevo di avere.

Come il battito del cuore nasce da un piccolo gruppo di cellule che prende il sopravvento su tutte le altre, imponendosi, determinando il ritmo e diffondendolo alle cellule vicine, così fa quello che lei innesta in me, ogni giorno. Cellule pacemaker, le chiamano, l'ho letto da qualche parte: ma per me non ci capiscono nulla, tutti 'sti studiosi, perché sono cellule Bea.

Beatrice, in questi mesi, si è diffusa dentro di me come un morbo, con la sola differenza che lei non è un morbo: lei è la cura. E Dio solo sa quanto bene fa al veleno che imbibisce i miei pensieri, il mio passato, le mie ombre perenni.

Beatrice è la cura.

Il veleno sono io.

⊰ ⊱

Santa Peroni ghiacciata, protettrice delle serate estive in cui ti si appiccicano addosso pure le mutande, prega pe' noi.

Io e i ragazzi siamo in piazza a temporeggiare, non ci va di fare nulla, questo caldo statico sembra incollarci gli arti come melassa e privarci persino della voglia di respirare; l'unica attività in cui, in questo momento, mi sembra possibile impegnarmi, è ammirare l'edera che si arrampica sulla facciata bianca e su tutte le ringhiere in ferro battuto del palazzo di fronte.
Nonostante siano solo i primi di giugno, alcune afose e torride giornate hanno iniziato a fare capolino, qui a Roma, e non c'è niente di peggio, per me - già di mio non sprizzo voglia di vivere da tutti i pori, figuriamoci co' sta calla.

«Che si fa, stasera?» pigramente, Dario lancia l'interrogativo più scottante della storia.

«Che giorno è oggi?» chiede Carlo, mentre, seduto con le gambe penzoloni sul bordo della fontana dei Catecumeni, così che tra i due piedi si intravede l'incisione S.P.Q.R., sembra cercare col viso rivolto in alto qualcosa tra le nuvole grigie e minacciose che stasera affollano il cielo. Non abbiamo propriamente recuperato un rapporto dal giorno del pugno, però almeno adesso ci salutiamo e parliamo in maniera civile: il tempo ci ha dimostrato che essere nella stessa comitiva senza rivolgersi la parola viene un attimo difficile, a noi e agli altri.
Lo stesso non si può dire dei rapporti tra lui e Bea, che rimangono ancora un po' tesi - non che io me ne lamenti: meno si rapporta con qualunque essere di sesso maschile, meglio è.

«Sabato» rispondo.

«Piacere.» Il tono di Carlo trasuda ovvietà e disprezzo da ogni poro.
D'altronde rapporto civile non è sinonimo di rapporto amichevole, no?
«Intendo come numero. Che numero è, oggi?»

«Cinque.»
«Beh, stasera c'è l'apertura del Gay Village, allora. Potremmo andare a ballare: in fondo è una vita che non lo facciamo.»
«Imbocchiamo?» propone Dario.
«Perché no?» Mi metto seduto, rinvigorito, l'idea mi piace e anche tanto.
Questo è esattamente quello che ci vuole: un'intera serata immerso nella musica ad alto volume e nell'alcool, nel divertimento più puro, a fare l'alba e non pensare a nulla finché il sole non è alto nel cielo; poi sfrecciare a San Lorenzo, immergersi nei vicoletti e andare a comprare i cornetti freschi o le pizzette; fare colazione così, immersi tra i San Pietrini di questa città che si risveglia poco a poco, pigra e sbadigliante, con la calma tipica della domenica mattina, e poi, quando tutti si svegliano, andare a letto e dormire fino a ora di pranzo, quando l'odore del ragù si infila nelle narici e ti fa alzare con il sorriso.

Quanto cazzo mi piace quest'idea!

«Chiamo Beatrice e le chiedo che vuole fare, torno subito.» Mi sollevo con fatica, scostando appena dalle cosce i jeans che ci si sono appiccicati, e digito il numero di Bea, mentre mi allontano.

Sarà una serata indimenticabile.

*

Ognuna delle piste all'aperto che occupa il Parco del Ninfeo è talmente gremita di gente che non c'è spazio nemmeno per respirare. Fasci di luce colorata rosa, blu e bianca saettano qua e là nel cielo, sempre solcato da quelle nuvole terribilmente minacciose, e la calca sembra un'unica massa, vibrante e viva, i cui battiti sono scanditi dal ritmo incalzante dei bassi. Un insieme di braccia si lancia con le mani in alto verso il cielo, magari per strapparne un pezzo e portarselo a casa, metterlo di fianco al comodino e ricordarsi per sempre di questa felicità, di questo immenso senso di libertà.

E io mi sento perfettamente parte di tutto questo.

Con la camicia bianca sbottonata fin quasi a metà petto e le maniche arrotolate sopra i gomiti, i capelli arruffati e madidi di sudore che si appiccicano sulla fronte, un cocktail colorato in mano - forse un Negroni? Non saprei dirlo con sicurezza, così come la quantità di bicchieri di plastica che prima di questo sono passati dalle mie mani - e un braccialetto giallo fluo al polso destro, me ne sto qui, immerso nella musica, a ridere, spingere gli altri, saltare in aria e urlare addosso al cielo, sempre più forte, finché qualcuno non mi sente, lassù.

Mi concedo una fugace occhiata intorno, visto che ho perso di vista gli altri, ma, in realtà, non me ne frega poi molto, perché c'è lei, al mio fianco.

Le sorrido, a trentadue denti, mentre la avvicino a me e la bacio a lungo, intensamente, accarezzando voracemente ogni parte della sua bocca, quasi come se volessi consumarla tutta, senza aspettare un solo altro secondo, perché domani è un altro giorno e non si sa, adesso è una certezza.

Adesso è musica, alcool, sudore e voglia.
Adesso è istinto.
Adesso è qui.

Le concedo uno sguardo annebbiato e lei mi sorride di rimando, non vuole staccarsi dalle mie labbra, ne ha ancora bisogno per respirare; mi strattona per il colletto fradicio della camicia e mi avvicina alla sua bocca, ancora.

Mi aggrappo a lei come se fosse la salvezza, anche se in un unico, lucido, momento penso che, la salvezza, posso incontrarla solo dentro di me.

Il resto sono solo inutili menate, patetiche scuse.

Ma è solo un attimo.

Sorrido di nuovo e le mordo il labbro inferiore: adesso non importa, non voglio pensarci, mentre annego ancora in questi baci alcolici e inebrianti e immergo le dita nella carne morbida dei suoi fianchi, perchè ora la salvezza è musica, alcool, sudore e voglia.
La salvezza è istinto.
La salvezza è qui.

Quasi quasi ci prendo gusto, a tornare ad aggiornare con costanza; sia benedetto il tempo libero e quello passato ad aspettare l'autobus e le gioie, in cui riesco a scrivere con una certa regolarità

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Quasi quasi ci prendo gusto, a tornare ad aggiornare con costanza; sia benedetto il tempo libero e quello passato ad aspettare l'autobus e le gioie, in cui riesco a scrivere con una certa regolarità.

Pezzo di passaggio, supernecessario per arrivare al famoso capitolo che non vedo l'ora di pubblicare (chi mi segue su Instagram sa - a questo proposito, chiunque sia interessato mi può cercare come "leparoledigiulia". Tendenzialmente faccio la scema, pubblico immagini burlone e spoilerini e mi autopromuovo).

Magari per domenica ce la faccio, col nuovo capitolo.

Magari.

Tu sei (Le ceneri)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora