Oggi è arrivato.
Inesorabile e impossibile da evitare nonostante tutte le mie preghiere, mi ha investito in pieno petto come un tir sulla Salerno-Reggio Calabria e io non ho potuto far altro che accusare l'impatto e accasciarmi sul tappeto bianco della mia stanza; adesso sono due ore che sto così, a quattro di bastoni, a non far altro che riflettere e rimuginare, ricolma come sono di emozioni talmente dissimili che urtandosi e sfiorandosi producono lo stesso rumore delle unghie sulla lavagna.
Mi sento come una pentola a pressione in costante ebollizione, che borbotta e minaccia e urta il coperchio che gli sta stretto, pronta a scoppiare da un momento all'altro; avverto i sensi confusi e sconnessi, come se vedessi con la bocca, sentissi con gli occhi, annusassi con le mani; non sono altro che una lettera sbagliata in una stringa html che trasforma un lettore di musica sul blog di MSN in un'inutile sequenza di lettere a caso impossibili da leggere. Più semplicemente, sono fatta della stessa sostanza dell'error 404: not found. Davvero.
Ci ironizzo su per non perderci la testa, perché la realtà è che non dormo più, non sogno più, c'è solo Andrea e questa decisione logorante che incalza e forse – dico forse, spero di non sbagliarmi – solo adesso, alla fine di questa fase larvale trascorsa a livello pavimento a trarre conclusioni importanti e fare minuziosa autoanalisi, sono arrivata a un punto definitivo e mi convinco che non è la decisione a logorarmi, ma sono io. Io che mi sto limitando, trattenendo, imprigionando; io che ho vissuto un'intera vita di cuore ed è questa razionalità autoimposta che me lo sta imbrigliando che mi toglie l'aria; io che sono troppo attaccata al pensiero che non posso superarla quando invece non è vero, è solo ciò che credo io: l'ho superata eccome.
Perché negarlo è inutile: tutto mi riporta da lui. Pensieri, ricordi, oggetti, non c'è istante che non mi suggerisca che sono fatta per stare con Andrea, per dividermici i temporali e le giornate afose, smezzarmici le margherite con doppia mozzarella, le birre da muratore con gradazione superiore a cinque e gli aperitivi a dieci euro al Momart in cui entri convinto di limitarti ma poi capisci che non esistono vie di mezzo con l'all you can eat: o non ci vai e stai a digiuno a casa tua o ti riempi fino a stare male.
E vie di mezzo non ce ne sono nemmeno con lui.
Tutto mi suggerisce che mi devo condividere pure Milano, l'unica cosa che per ora è così distante da lui e fa parte del mio percorso di crescita in solitaria: il Duomo, la Scala, i bar con brioche e cappuccio, Parco Sempione, la fashion week con lui vestito malissimo – tipo con i suoi pantaloni verde pistacchio così brutti che dovrebbero denunciare il proprietario del negozio che glieli ha venduti per oltraggio al gusto con accusa aggravata di omicidio della decenza – l'università, i treni. I treni! Mille, milioni di treni e insulti a Trenitansia pur di goderci quest'amore che sono certa navigherà sui binari dell'asse Roma-Milano liscio come l'olio, perché abbiamo superato cose ben peggiori.
Ogni mia reticenza è spazzata in un attimo dalla ferma convinzione che se tutto mi conduce a lui allora è lì che devo andare.
E quindi in baluginio di un momento, un attimo insignificante, un battito di ali in confronto a tutto il tempo trascorso fino a ora sono certa di aver sprecato un sacco di minuti, secondi, ore, perché io ho già deciso. Improvvisamente mi è chiaro come vetro che devo solo lasciare andare il cuore così ingrossato e pesante che un altro battito racchiuso in questa prigione di dubbi sfiancanti e rischio la lacerazione; mi è palese che la direzione che volevo seguire è sempre stata qui: certo, abilmente nascosta nelle pieghe delle concessioni che gli ho fatto, dei forse detti a mezza bocca, dei silenzi condivisi, ma stava qui. Bastava raccoglierla.
Ho già fatto la mia scelta e lo dico, lo dico ad alta voce in faccia a questo soffito color panna: «Ti amo, Andrea. Nonostante tutto, irrazionalmente, controcorrente e contromente ti amo, Andrea.» E subito mi sento libera e leggera in modi che mai avrei potuto immaginare, i muscoli facciali che finalmente si rilassano e i sorrisi che mi si riempiono di elio.
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Tu sei (Le ceneri)
Romance[Completa] [Finalista Italian Writers Award 2017] «Mi amerai ancora tra un'infinità di anni, quando non sarò più giovane e forte, Beatrice? Quando non avrò altro che la mia anima sofferente, dolorante, ferita?» Non rispondo. Non prometto mai quello...