CAPITOLO 9 - UNA TRIBU' DI PAZZI

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Meg

Undici stramaledette ore di treno.

Dopo quel viaggio della speranza avevo finalmente compreso perché Matt non facesse mai ritorno a casa neppure per un compleanno, o una qualche altra forma di ricorrenza, che non fossero Pasqua e Natale; io fossi stata al posto suo mi sarei fatta dare per dispersa anche in quelle occasioni francamente.

Ero consapevole che Reggio Calabria fosse molto distante, ma mai mi sarei aspettata di dover prendere prima un treno per Roma, dove effettuare il cambio per salire sul Freccia Bianca, su cui ci trovavamo, e che ci avrebbe finalmente condotti al termine di quella traversata. Con un aereo avremmo fatto decisamente prima, ma Matt non aveva colpe quella volta, non poteva prevedere che la sua auto lo avrebbe abbandonato giorni prima in autostrada.

«Principessa, non riniziare a tenermi il muso, dai!»

Ecco, questo era stato il problema centrale di tutte quelle undici ore. Io volevo starmene per i cavoli miei, infastidita dal fatto che anche quest'anno non avrei potuto passare le feste con mia madre, ed anche perché il ragazzo seduto al mio fianco l'aveva avuta vinta per la seconda volta, con l'aggiunta che avrei dovuto conoscere la sua famiglia, che a detta sua era abbastanza numerosa, anche se quello mi parve il problema minore; il vero dramma era uscirne vivi senza ammazzarci a vicenda in quei tre giorni.

«Matteo, te la vuoi piantare di rompere? Hai vinto tu, ok? Sto rispettando la parola data, ma non per questo mi devi continuare ad assillare ogni secondo. Se vuoi richiamo la tizia con il carrello e ti compro un lecca lecca per farti stare zitto e buon almeno per cinque minuti.»

Non appena terminai suddetta frase mi sarei voluta prendere a sberle da sola, perché sapevo di avergli offerto una battutaccia su di un piatto d'argento, che infatti non tardò ad arrivare.

«In realtà un lecca lecca...»

«Non ti azzardare a terminare quella frase o te lo rompo quel misero chupa chups che ti ritrovi!» urlai, facendo voltare di scatto una coppia di anziani seduta davanti a noi, che mi fissò a bocca spalancata, mentre l'idiota seduto al mio fianco se la rideva.

"Oddio, che figuraccia!"

Mi feci piccola piccola nella mia poltrona, sperando di svanire nel nulla in questo modo. Ma mentre pregavo per l' apertura di una fossa improvvisa sotto i miei piedi, che mi portasse via di lì, il mio compagno di viaggio non sembrava aver afferrato per nulla l'antifona, continuando a ridere sguaiatamente.

«Matt, piantala, o giuro che ai tuoi porterò in dono te rinchiuso in una cassa da morto. E non siamo a Pasqua, quindi è inutile che speri in una resurrezione tra tre giorni», lo redarguii con il mio sarcasmo, che lo fece solo ridere ancora più forte.

Fortunatamente intervenne la voce registrata che annunciava le varie fermate a placarlo.

"Prossima fermata Reggio di Calabria Centrale."

Espirai forte, alzandomi dal mio posto, cercando di afferrare la mia valigia color indaco posta nella cappelliera sopra le nostre teste. Ma ovviamente l'uomo con la sindrome del cavaliere medievale mi precedette, tirandola giù prima di me insieme alla sua. Lo lasciai fare, troppo stanca per stare a discutere.

Attendemmo dinanzi alla porta automatica che il treno rallentasse fino a fermarsi del tutto, schiacciando poi il bottone vedere per poter finalmente tornare a respirare aria pulita ed abbandonare quella scatola di latta asfissiante.

Seguii il ragazzo al mio fianco lungo tutto il binario e poi per il sottopassaggio, facendo lo slalom tra una fiumana di persone in procinto di partire o, come noi, appena arrivate, fino a sbucare su di una piazza con una statua al centro eretta in memoria di Giuseppe Garibaldi.

RICOMINCIAMO/INIZIAMO (VOL.3 - COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora