CAPITOLO 19 - UNA NUOVA STORIA

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Ollie

Finii di ripiegare la coperta di pile celeste a pois bianchi, adagiandola sul bracciolo del divano avorio, controllando che il camino ardesse abbastanza. Avevo passato un'ora a spazzare a terra e a ripulire le varie superfici di sala e cucina dalla polvere che nei mesi si era andata a depositare su di esse, per poi passare al bagno del piano superiore, dove mi ero concessa una doccia ristoratrice, sperando che l'acqua potesse togliermi di dosso la stanchezza per il lungo viaggio affrontato e il pessimo umore che mi sentivo avvolgere come un guanto da un paio di giorni.

Ma era stato tutto inutile. Ero addirittura più stanca di prima, mentre la rabbia era scemata, ma solo per lasciare il passo all'amarezza, che mi stava impastando la bocca di disgusto per le parole che avevo sentito proferire poche ore prima da altre labbra.

Mi misi seduta sul divano, poggiando i gomiti sulle ginocchia e prendendomi la testa tra le mani, inspirando ed espirando lentamente, tentando di quietare il mio animo in tumulto. Ma quando anche quell'ennesimo tentativo fu vano, rilasciai le braccia sconfitta, poggiandomi contro lo schienale con gli occhi puntati verso le travi a vista del soffitto, mormorando a una stanza vuota: «Sto facendo la cosa giusta, nonna?»

La risposta, ovviamente, non giunse mai, ma abbassai ugualmente le palpebre, immaginandomi i tratti del suo viso contratti in un sorriso dolce e comprensivo che, anche se solo per poco, mi fece sentire meglio. Riaprii gli occhi, volgendo lo sguardo alla mia sinistra dove era poggiata quella busta da lettere bianca a pochi centimetri da me. Allungai un braccio, sollevandola e rigirandola per leggere il mio nome scritto, con una grafia a me ben nota, sul retro.

"Coraggio, Ollie, ce la puoi fare!" mi spronai mentalmente, iniziando a staccare la linguetta incollata, frastagliandone i bordi.

Ma proprio mentre stavo per estrarne il foglio bianco contenuto al suo interno, il suono del campanello mi fermò con le dita sospese su quel rettangolo bianco. Lo poggia nuovamente dove si trovava poco prima, alzandomi e aggirando il divano, per dirigermi verso l'ingresso ed arrestare quel suono insistente che si era tramutato anche in una sorta di Jingle Bells stridente, annunciandomi in questo modo chi fosse il compositore di quella snervante melodia.

Tolsi il chiavistello di modo da poter aprire la porta, oltre la quale trovai un paio di occhi azzurro cielo e un altro color verde prato, che mi stavano fissando con un sorriso che incitò le mie labbra a seguire il loro esempio.

«Ollie!»

«Dolcezza!»

Le braccia di Henry e Meg mi circondarono in un nanosecondo, per uno dei nostri classici abbracci di gruppo. Mi gustai quel momento di calore e affetto, lasciandomi richiudere da quel bozzolo fatto dai loro corpi, dove inalai la dolce fragranza dello shampoo alla pesca e quello pungente del dopobarba dei miei due migliori amici.

Mi staccai riluttante da loro, uscendo fuori da quel rifugio che mi avevano concesso, riparandomi per un attimo dal temporale che si era abbattuto sulla mia vita. Ci fissammo per qualche secondo in silenzio, mentre la mano dei Meg mi accarezzava il viso e quella di Henry un braccio, continuando così a darmi il loro conforto.

«Come stai, love?» chiese la ragazza dinanzi a me, con voce carezzevole, rilasciando il braccio lungo il fianco.

Cercai di sorriderle, ma fui abbastanza sicura che mi uscì fuori una smorfia. «Insomma, diciamo bene e da schifo al tempo stesso. Ma piuttosto, tu che ci fai qui, Henry? Non dovresti essere partito ieri per raggiungere Marcel, Nina e Ale a Madrid?»

Avevamo deciso di passare il capodanno tutti insieme a casa del mio amico spagnolo, il quale ci aveva gentilmente invitati. Meg aveva declinato l'invito cinque giorni prima, quando lei e Matt si erano finalmente decisi a stare insieme, per poter usufruire di quei giorni in compagnia della sua, incredibile ancora a dirsi, dolce metà. Io in realtà ero già partita da un paio di giorni, ma poi ero dovuta rientrare dopo una chiamata inaspettata. Tuttavia non comprendevo perché il mio amico dagli occhi di ghiaccio, che si stava togliendo il cappotto lungo color grigio cadetto, con colletto alzato alla coreana, seguendo l'esempio della bionda al suo fianco, per poi appenderli all'ingresso, si trovasse lì.

RICOMINCIAMO/INIZIAMO (VOL.3 - COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora