CAPITOLO 12 - UNA GIOSTRA DI EMOZIONI

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Meg

Non respiravo. Non riuscivo più ad incamerare aria nei polmoni. Ero letteralmente paralizzata. Il fiato, che facevo fuoriuscire dalle labbra semidischiuse, diveniva una condensa nebulosa entrando in contatto con l'aria gelida.

Continuavo a fissare quel profilo che conoscevo così bene come in trance, non rendendomi neppure conto che Matt mi stesse chiamando. Quando si voltò nella mia direzione, come se avesse avvertito su di sé il mio sguardo insistente, e quei suoi occhi smeraldo, così simili ai miei, captarono la mia presenza, mi tramutai in una stalattite di ghiaccio.

Mi sentivo sospesa nel vuoto tra passato e presente, ricoperta da uno strato di ricordi congelati e quasi dimenticati, ma che ora erano tornati alla luce sciogliendosi sotto quelle sue iridi luminescenti.

Restammo così per alcuni secondi che sembrarono anni, con le lancette dell'orologio delle nostre vite a rincorrersi all'indietro a una velocità tale da mettere a soqquadro lo spazio-tempo, che si arrestarono solo quando un qualcosa vicino a lui non richiamò la sua attenzione.

Seguii il percorso del suo sguardo, che era sceso verso il basso, boccheggiando alla vista di una bambina di sette anni che lo teneva per mano e che gli stava dicendo qualcosa a cui lui rispose con un sorriso.

Non lo vedevo da più di dieci anni. Anche per la mia laurea aveva accampato una scusa, asserendo che era sopraggiunto un impegno di lavoro improvviso da cui non poteva tirarsi indietro, facendo un semplice versamento sul mio conto bancario, credendo come sempre che i suoi stupidi soldi fossero sufficienti a compensare anni e anni di compleanni saltati, di gare di ballo a cui non aveva presenziato, dei miei piccoli traguardi raggiunti senza il suo incitamento.

Sapevo di sua figlia, ma non per questo vederlo lì che le rivolgeva lo stesso sorriso che aveva donato a me fino alla sua età allora facesse meno male. Strinsi forte i pugni lungo i fianchi, continuando a fissarli in silenzio, richiamandolo e sfidandolo al tempo stesso ad ignorarmi.

I suoi occhi guizzarono un'ultima volta nei miei con fare circospetto, come se temesse che qualcun altro si fosse accorto della mia presenza, prima di portarli nuovamente lontano da me, facendo finta di non avermi visto, mentre tirava la manina che era avvolta intorno alla sua, avanzando lungo la strada al fianco di una donna mora che gli cingeva un braccio, lasciandomi da sola con l'immagine della sua schiena che si allontanava.

E lo sentii il momento in cui qualcosa tornò a spezzarsi dentro di me. Lo percepii l'esatto istante in cui tornai ad essere la bambina che era rimasta davanti a quella porta che si era chiuso alle spalle tanti anni prima in attesa del suo ritorno, e che invece mi era stata sbattuta in faccia per la seconda volta.

Buttai fuori l'aria che non mi ero neppure accorta di aver trattenuto, riprendendo cognizione dei rumori e delle persone che mi circondavano, come se qualcuno avesse ripremuto il tasto play della mia vita e tutto intorno a me fosse tornato a muoversi.

«Meg... Meg... Meghan!» la voce disperata di Matt si fece largo nei miei pensieri, anche se non riuscii a voltarmi verso di lui, rimanendo invece con gli occhi puntati su quel cappotto scuro che si stava pian piano allontanando, mentre un senso di claustrofobia mi serrava la gola.

Arpionai istintivamente le mie dita alla sua mano, supplicandolo in un sussurro a malapena udibile. «Ti prego... portami via di qui...»

Lo sguardo del ragazzo, a cui mi ero aggrappata con tutte le ultime forze che mi erano rimaste per non crollare, dardeggiò un altro paio di volte tra me e la causa del mio malessere, prima di esaudire la mia richiesta, trascinandomi lontano da lì e da quegli occhi che credevo di aver dimenticato, ma che invece ora erano tornati a riempire ogni angolo della mia mente.

RICOMINCIAMO/INIZIAMO (VOL.3 - COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora