CAPITOLO DIECI

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Iniziò a percorrere la seconda rampa di scale, avvertendo nuovamente i ricordi e le insicurrezze invaderlo. Si sentiva un bambino. Era stato tanto fermo e freddo per settimane, ed ora, trovandosi di fronte l'eventualità che tutto fosse andato in rovina a causa della propria assenza, i sensi di colpa -infondati- e le paure, lo prendevano completamente. Si impose più volte di mantenere un contegno, anche solo apparente, ma quegli ultimi momenti, pieni di tensioni ed ansie, continuavano a tormentarlo.

"Missione governativa?" aveva ripetuto con fare diffidente il giovane, seguendo per tutto l'appartamento l'amico "Che significa?"
Duncan stava indossando gli abiti che le guardie dei ministri gli avevano affidato. Erano indumenti decisamente rozzi, tipici dei senzatetto -persone ormai pressochè inesistenti all'interno del rigido apparato del Governo-. Si infilò la canotta, poi i jeans, mentre, al di fuori della propria stanza, Thomas continuava a parlargli, fin troppo ansioso rispetto al solito. Una volta vestito, il repressore uscì dalla stanza, incontrando il viso del ragazzino "Significa che devo fare da guardia del corpo ad un paio di ministri. Nulla di che" aveva risposto freddamente il ventunenne, superando il giovane di fronte a lui con indifferenza. Ma nonostante ciò, Thomas era tornato a seguirlo.
"Esatto, Duncan. Tu non sei una guardia del corpo. Perchè vogliono te?"
"Sono molto più affidabile di altri" Aveva risposto con una sorprendente certezza nella voce il ragazzo interpellato, squadrando con allusività l'altro "Soprattutto se confrontato a te" aveva poi aggiunto riferendosi all'ultimo degli innumerevoli disastri combinati dalla giovane recluta.
"E comunque, ti stai ponendo sin troppi problemi per un assurdo trasporto. Sono poche ore di viaggio, e poi tornerò qui ad Indianapolis" era poi tornato a parlare il repressore, finendo di sistemarsi. Si infilò la propria piastrina di identificazione.
"La fai facile tu" si era limitato a mormorare il giovane, poggiandosi contro lo stipite della porta a braccia conserte. Il volto palesemente ansioso.
"Perchè lo è"
"No, invece" era intervenuto schiettamente Thomas. Mosse un paio di passi in direzione dell'amico "Ma li senti i notiziari?" aveva poi domandato con un'ovvietà colma di scherno nella voce "Le rivolte aumentano. Le chiamano 'piccole insurrezioni temporanee', ma Duncan... Tu non sei uno stupido, e sai benissimo che sotto tutto questo, ci sono vere e proprie rivolte civili" aveva spiegato in un mormorio il giovane, cercando lo sguardo dell'altro, che però non gli mostrò "Certo, gli insurrezionisti vengono soppressi o condannati, ma sappiamo bene che la storia è molto più grande di come ci viene descritta"
Duncan sorrise di fronte quegli allarmismi. Gli sembravano reazioni esagerate quelle del giovane soldato di fronte a lui. Infondo un ammasso di borghesi non potevano nulla contro un esercito di repressori, ma era ben al corrente di non potere esternare quei pensieri. Thomas, infondo, era figlio di un condannato, ergo, li rispettava, almeno un minimo. Storse il labbro, pensando ad un modo per tranquillizzarlo.
"E pensi che riuscirebbero ad uccidermi?" domandò dunque schietto il repressore.
Il giovane lo aveva scrutato preoccupato, ma non aveva risposto, decisamente insicuro di come farlo. Duncan era indubbiamente un buon miratore e, nonostante non fosse mai stato testimone di un suo corpo a corpo, doveva immaginare che anche in quello fosse piuttosto esperto.
Il repressore aveva sorriso "No, non ce la farebbero. Oltretutto, le norme di sicurezza in aereoporto sono fenomenali..." aveva poi preso una pausa, voltandosi in direzione della porta "Insomma, parliamo del Governo" aveva aggiunto fiero.
"Tu credi troppo ciecamente in lui..." si era lasciato sfuggire il giovane in un sospiro "Io non sarei tanto tranquillo se fossi in te" aveva poi accennato prima di salutarlo con un cenno della mano, non sapendo la sorte che sarebbe, effettivamente, toccata al suo unico amico rimastogli.

La porta grigia, identica ad ogni altra, in metallo era di fronte a lui. E nonostante l'omologazione forzata del tutto, Duncan avvertiva chiaramente quella morsa allo stomaco tanto tipica dei suoi incontri con il ragazzino. Era sempre così: cresceva in lui quella sorta di istinto paterno decisamente atipico per un repressore, ed abbassava ogni sua forza, sfoderando troppa debolezza. Afferrò la propria targhetta di identificazione, facendola poi strisciare su un punto preciso della porta, così da attivare il passpautrout che essa offriva. La serratura scattò con un colpo secco, e Duncan aprì, per poi addentrarsi sempre più, fino ad arrivare al salotto. Era esattamente come lo ricordava: un piccolo tavolo circolare con due sedie attorno, una poltrona poco lontana ed una televisione dalle precarie dimensioni di fronte ad essa. Le tende sulla grande ed unica finestra della sala erano grigie, seppur tendenti al nero, e rendevano lo spazio quasi soffocante, cosa che però aveva sempre dato un certo conforto al giovane che ci abitava.
Il repressore mosse qualche passo per addentrarsi di più nel locale, gli altri ragazzi lo seguivano mansuetamente, mantenendo il silenzio nonostante avessero notato l'agitazione negli atteggiamenti dell'altro. Duncan era -effettivamente- un fascio di nervi. A quell'ora era certo che avrebbe trovato qualcuno all'interno, ed invece ciò che lo circondava pareva decisamente abbandonato. Sentiva il proprio cuore battere all'impazzata, pompando sangue ad una velocità allucinante, facendogli arrivare il rumore dei battiti persino ai timpani, infastidendolo ed agitandolo maggiormente. Si fermò al centro del salotto, decidendo di concentrarsi qualche istante, intento a tornare calmo e freddo.
Gwen notò quell'atteggiamento teso, ma optò per il silenzio. Lei era sempre così -sotto pressione-, e capiva bene come necessitasse di un momento di completa riflessione, per tornare lucido e concentrato sull'obbiettivo, qualunque esso fosse. Realizzò in quel momento, quanto effettivamente si fidasse del militare che, settimane prima, era caduto dal proprio cielo.

DESERT_ZONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora