CAPITOLO TRENTASEI

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"Fate in modo che ogni dannatissimo mezzo pubblico sia istantaneamente fermato!"
La voce autorevole ed acida dell'ispanica risuonò nei vari altoparlanti sparsi nell'edificio. Courtney era particolarmente irritata mentre, chiusa a chiave nel proprio uffiico, rifletteva sul modo migliore per fermare i ribelli che si stavano rivoltando d'improvviso contro di lei. Il ragazzo che aveva preso posizione nell'ospedale le aveva parlato di attacchi terroristici nei mezzi pubblici e, certa di potere catturare i colpevoli, si era immediatamente mossa per richiamare ogni veicolo verso di lei. Avrebbe ispezionato di persona  ogni treno, autobus o metropolitana pur di eliminare di mano propria sino all'ultimo ribelle. Infine, avrebbe trovato una soluzione anche per quel maledettissimo ospedale. Non poteva uccidere come nulla fosse trecento persone: avrebbe fatto in modo che sembrasse un attacco di rivoltosi.
Era nervosa; nessuno aveva mai scombinato in modo tanto drastico i piani della giovane. Sino a pochi minuti prima stava ordinando un bombardamento, ma un ribelle l'aveva convinta alla ritirata semplicemente  sfoderando un discorso ben articolato, ma inattaccabile. Quel momento così pieno di tensioni non era decisamente il migliore per farsi vedere nella parte della cattiva da un popolo improvvisamente divenuto troppo importante -intelligente-. Esatto, perchè sarebbe bastato che una parte della città notasse come il Governo non fosse poi così perfetto e gentile, e tutto sarebbe andato con l'implodere lentamente ed in modo irreparabile. 
Courtney strinse i denti ed assottigliò lo sguardo. Aveva paura. Dopo molti anni al comando, periodo in cui mai aveva dubitato delle proprie capacità, qualcosa si stava risvegliando in lei; si trattava di una sensazione continua e vescida, che le intaccava ogni muscolo del corpo, irriggidendola dal terrore. Le sue decisoni si stavano facendo sempre meno autorevoli, se ne rendeva conto. La sua voce, seppur sempre acida ed acuta, iniziava a scricchiolare. Improvvisamente aveva compreso qualcosa di fondamentale: la propria dittatura, così ben congeniata e strutturata, stava lentamente entrando in fase di declino.

***

Thomas osservò attentamente il medico di fronte a lui, quell'uomo che, con un mezzo sorriso in volto, attendeva una risposta coerente con la situazione. Si trattava di qualcosa che la giovane recluta non era certa di potere fornire. Infondo, perchè mai un buon suddito del Governo, avrebbe dovuto credere a lui, un ribelle che aveva appena assaltato l'ospedale?
Una voce, dentro di lui, gli diede una risposta: perchè li aveva appena salvati. Aveva permesso loro di sopravvivere una volta attaccato l'edificio, ed aveva addirittura detto loro di curare i pazienti ricoverati. Forse, considerando quegli atteggiamenti, era possibile raccontare a quei medici la verità e venire persino creduti. Forse, quello sarebbe potuto essere l'inizio di una svolta epocale.
Thomas lanciò uno sguardo a Geoff. Il biondo stava osservando il medico incerto, probabilmente disturbato dai medesimi dubbi del ragazzo più giovane.
"Siamo ribelli, non terroristi." esordì la recluta, abbassando lo sguardo sul pavimento, privando ai presenti i suoi occhi chiari "Vogliamo ribaltare la dittature governativa. Vogliamo scatenare una rivolta. Vogliamo distruggere la minaccia- Desert_Zone per sempre, e vogliamo che tutti capiscano quanto pazzo è questo Governo che ci dice cosa possiamo, o meno, fare."
La voce del ragazzo era risuonata agitata. Di fronte a lui, una schiera di persone prestava una cieca attenzione. Improvvisamente, constatò Thomas, non sembravano più una mandria di automi, ma uomini e donne pensanti, con un senno ed una capacità di giudizio. L'occasione che il giovane aveva tra le mani, poteva rappresentare l'inizio della fine, di quell'incubo che gli aveva strappato i genitori senza pietà. Gli occhi che lo osservavano non erano vacui o diffidenti. Probabilmente, quella bomba che solo poco prima li aveva minacciati, aveva acceso in loro quel dubbio che, a lungo, doveva avere covato segretamente nelle loro menti. Un dubbio che, se sbandierato a gran voce, avrebbe sicuramente portato alla morte del suddetto. Quale era il dubbio? Un folle odio verso il Governo.
"Quella in cui viviamo non è perfezione. Non esiste. E' cruda e violenta follia. Ogni giorno sparisce gente, ed è sempre a causa loro." intervenne Geoff, avvertendo la tensione nel tono di voce dell'amico "Hanno intenzione di renderci mansueti. Vogliono smettere di farci pensare, ma la verità è che non si può ammutolire la popolazione mondiale."
Rivolgendo un sorriso grato a Geoff -per essere intervenuto-, la recluta tornò a prendere parola "Oggi stesso, hanno cercato di fare saltare in aria questo ospedale, con all'interno medici e pazienti. E sapete quale è il bello?" domandò con un leggero sorriso Thomas "Che lo avrebbero fatto senza un'ombra di risentimento." 
Il giovane fece un passo in direzione della finestra dalla quale aveva assistito -solo poco prima- ad una vera e propria esecuzione "Avete visto prima?" domandò poi, gridando forte in direzione dei presenti "Avete visto come hanno ucciso un uomo? Un uomo come me o... O lei!" esclamò, indicando proprio il medico che si era fatto avanti poco prima "Gli hanno sparato senza pietà, ed ora il suo corpo è steso lì, in una pozza del suo stesso sangue." disse, questa volta puntando il proprio indice in direzione del povero defunto, quello che riportava su una mano il tatuaggio a Thomas ben noto. Una parola che gli aveva fatto avvertire un sentore di speranza e determinazione. La medesima che, in quello stesso momento, lo portava a parlare tanto.
"Lo fanno tutti i giorni! Lo hanno fatto con i miei genitori quando avevo otto anni! Li hanno buttati nella Desert_Zone perchè hanno deciso di combattere contro questa violenza." la recluta camminava da una parte all'altra della stanza, gridando a voce alta "Siamo solo tante bambole che si muovono all'unisono, ed è disgustoso. Ormai non possiamo più neppure pensareliberamente. Neppure... Amare." ammise infine in un sussurro, riportando la mente a Zoey ed alla sua condizione. Era in coma a causa di qualche folle a capo della dittatura. Ogni giorno soffriva immensamente al pensiero di non poterle parlare normalmente, come un tempo. E con il pensiero di lei, ripensò anche ai propri amici in quel momento dispersi chissà-dove nella Desert_Zone. Dubitava che loro potessero tornare, e se mai la rivolta fosse andata a buon fine, la prima cosa che avrebbe fatto, sarebbe stato andare a cercarli.

DESERT_ZONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora