CAPITOLO SEDICI

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Respiri soffocati, ansiosi, tremanti. Non si udiva altro suono se non quello di quell'annaspare pesante e terrorizzato, costante e marcato.
"Thomas, sono io... Ti prego rispondimi" la sua voce era agitata, acuta, ma sussurrata, completamente in balia di un'ansia asfissiante. La ragazza era sull'orlo di piangere, ne era certo. E, probabilmente, se non si fosse lasciata andare, una crisi l'avrebbe colta anch'essa velocemente.
Altri respiri affannati, un singhiozzo in mezzo ai tanti.
"Sono dentro un armadio...." Sospirò affannata, tremante "E loro... Loro sono qui... Sanno qualcosa.." Un singhiozzo disperato tra una frase e l'altra, lui poteva sentirli chiaramente, per quanto lei fosse intenta nel celarli "Aiutatemi, vi prego."
Quell'ultima supplica, sussurrata con sempre più timore, e poi il silenzio totale.

"Li sento... Sono entrati" La seconda registrazione era partita pochi secondi dopo, inondando immediatamente l'orecchio di Thomas di nuovi respiri terrorizzati. La sentì prendere una pausa più lunga rispetto alle altre, probabilmente intenta a concentrarsi su ciò che stava accadendo all'esterno. Lui non udiva nulla se non quegli ansiti spaventati.
"Mi troveranno... Ho paura"

L'ultimo messaggio vocale iniziò nell'istante immediatamente successivo, questa volta facendogli udire la voce di lei più sbrigativa ed alta, non più sussurrata. La cosa lo fece immediatamente irrigidire.
"Rispondimi, per favore..." Lo stava supplicando di nuovo oltre quella cornetta antica e gracchiante, ma tutto ciò che la recluta poteva fare era ascoltare senza fiato, completamente terrorizzato. 
Poco dopo le parole di lei tornarono a presenziare "Loro sono-" la voce si bloccò, tutto ciò che si udì da lì in poi, furono suoni netti, simili a colpi bruschi, ed infine delle grida ripetute, acute e laceranti .
"Lasciatemi! Aiuto, Thomas! Aiuto! No!"
Un ultimo e sporco rumore, simile ad un'accartocciarsi di lame, ed il messaggio si concluse.

"Che succede, Thomas?" Gli domandò Duncan dopo pochi istanti. Al giovane era scivolato di mano il cellulare, tanta era l'ansia che d'improvviso lo avevano invaso. 
"Thomas!" Il repressore gli fu improvvisamente vicino. La voce del militare risuonò nella sua testa come un definitivo grido di allarme, che lo ridestò dai propri pensieri -almeno un minimo- riportandolo al prensente. Si voltò verso l'amico con il viso stravolto, impallidito come fossero passati anni dall'ultima cena.
"Che è successo?" incalzò il repressore, attento ai suoi occhi solitamente tanto verdi, ma in quel momento fin troppo spenti.
"Zoey..." soffiò la recluta, improvvisamente certa di dovere parlare, di avere un disperato bisogno di aiuto. I suoi occhi erano diventati improvvisamente maschera della paura stessa, e non appena l'altro ebbe sentito la risposta del giovane, anche i suoi mutarono. L'azzurro, solitamente tanto inebriante e dissuasivo, divenne d'improvviso vacuo ed arrendevole, palesemente colpito dalla situazione.
"Che cosa intendi? Spiegati" cercò di incalzare però dopo qualche minuto, sperando che Tommy non si fosse accorto di nulla -sbagliandosi- nei suoi occhi.
Il ragazzino iniziò a scuotere il capo da destra a sinistra a vuoto, come fosse sul punto di colpevolizzarsi per l'accaduto. Si portò le mani tra i capelli, iniziò a tirarli, spettinarli e torturarli sino a procurarsi dolore. Fu la mano di Duncan a fermarlo, afferrandogli i polsi risoluto.
"Tommy, calmati e spiegati... E' l'unico modo per aiutarla." cercò dunque di dissuaderlo.
"E' tutta colpa nostra... Non saremmo mai dovuti andare da lei" iniziò a borbottare la recluta, tenendo il capo chino ed affogando in un senso di colpa sin troppo profondo. Udendo quelle parole, Duncan si irrigidì, avendo intuito qualcosa, sperando con tutto se stesso di essere in errore.
"Thomas-" "Credo l'abbiano presa" lo interruppe il giovane, alzando finalmente il volto verso l'amico che, anni prima, lo aveva salvato da una vita di sola perdita e desolazione. Il repressore, sentendo la rivelazione, dovette tristemente appurare come le sue deduzioni fossero corrette. Cercò di riflettere, ma gli risultò inutile. Era terrorizzato, completamente stravolto, ma non aveva intenzione di darlo a vedere. Non era nei suoi propositi agitare Thomas più di quanto già non fosse; il giovane si stava penando per colpe non sue, sentendosi schiavo di sensi di colpa non dovuti a lui, quanto a Duncan stesso. Era lui che aveva promesso a Zoey che, anche nel caso lei non avesse collaborato, le sarebbe andato tutto bene, e che nessuno l'avrebbe mai cercata. Era stato il repressore a commettere quell'errore imperdonabile, ed era lui a doverne pagare.
Serrò le mani in due pugni carichi di colpa, odio e rabbia, per poi alzarsi in piedi, deciso a stare da solo qualche momento, deciso a trovare una soluzione.

DESERT_ZONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora